
In politica non è facile ottenere una seconda possibilità poiché quasi sempre vige la ferrea regola del precedente: se hai sbagliato valutazione e poi azione non puoi pretendere che l’elettorato ti conceda un’altra chance. Anche perché i candidati alla tua successione sono sempre numerosi e molti di loro useranno, contro di te, proprio il tema del precedente in cui hai fallito o ti sei dimostrato incapace di intuire le soluzioni migliori.
Potremmo chiamarla la sindrome di Neville Chamberlain perché, dopo vari tentativi di addolcire la politica di Adolf Hitler falliti nel modo più tremendo, cioè con l’invasione tedesca di territori cecoslovacchi, poi della Polonia e infine della Francia, lui stesso si rendeva conto di non poter chiedere la conferma, dopo le dimissioni, come capo del Governo di Sua Maestà. Ma, certo, il movimento di Grillo, assistito da ben Cinque Stelle, viaggia lungo una traiettoria storica assai più elevata e nobile e, quindi, può permettersi di tutto: fallire (per nostra fortuna) sul piano dei continui “no” accettando poi, di fatto, i “sì” più lontani dalle loro pretese, fare un buco nell’acqua sui piani della riforma della giustizia o del mercato del lavoro e, ora, rivelare di aver condotto campagne giustizialiste spesso puramente diffamatorie.
I “precedenti”, dunque, sono molti e l’ultimo ne rappresenterebbe in qualche modo un suggello degno di lode se, e solo se, da parte di chi l’ha voluto esso fosse seguito dalle dimissioni da qualsiasi incarico assunto a nome dei 5 Stelle perché, a chi non ha saputo giudicare correttamente e saggiamente varie situazioni e uomini in passato, non può essere affidata alcuna responsabilità politica di rilievo. E invece no: stando persino ad alcuni soavi commentatori, la lettera di Luigi Di Maio costituirebbe un atto politico promettente, maturo e degno di sottolineatura positiva, forse traendo fiducia dalla citazione, nel testo della lettera, dei modi verbali condizionale e indicativo (“utilizzo di frasi al condizionale che suonano come indicative”) quasi per controbilanciare le perenni sconfitte dell’estensore nei suoi rapporti col modo congiuntivo.
Insomma, ha sbagliato per anni ma, ora, si è messo sulla strada giusta. Sfugge però il motivo per cui, con tanti uomini e donne che fanno politica dignitosamente, magari contando su una cultura personale e una esperienza non disprezzabili, dovremmo ritenerci soddisfatti e felici per la resipiscenza dimostrata dell’uomo di Pomigliano d’Arco che già ci ha angustiato per troppo tempo. I precedenti e, ora, le ammissioni dirette sono sufficienti e anzi abbondanti per giustificare ampiamente la chiusura di un’esperienza politica. Ovviamente la ragione del permanere di Di Maio sulla cresta dell’onda sta nel numero ancora elevato di deputati e senatori su cui egli può contare e su cui, data la loro generale mediocrità, può dominare senza problemi. Ma le elezioni, quelle di ottobre e quelle Politiche, credo non prolungheranno oltre questa anomalia totalmente e solo italiana.
Aggiornato il 03 giugno 2021 alle ore 11:47