Le italiche certezze

L’Italia è un posto che riserva molte certezze. Certezze che chiunque non sia distratto riesce a cogliere dal principio, prim’ancora che una vicenda pubblica abbia il tempo di concretizzarsi.

È ad esempio una certezza che sulla cosiddetta Loggia Ungheria il dibattito pubblico stia viaggiando su un binario morto. Ci si accapiglia per comprendere se essa realmente esista. Qualcuno – dopo accurate indagini – ci verrà a dire che essa è un depistaggio, un’invenzione buona per avvelenare i pozzi. Tutti invece ometteranno di raccontarvi che, quand’anche si trattasse di un falso, sulla vicenda si è consumata una serie così tremenda di insabbiamenti e omissioni tali da coinvolgere interi pezzi della nostra classe dirigente, rendendo penalmente irrilevante la reale esistenza del succitato sodalizio.

Questa è una certezza così com’è sicuro che – qualora il centrodestra dovesse vincere le elezioni – esso sarà falcidiato da una serie interminabile di avvisi di garanzia, fascicoli, indagini, inchieste giornalistiche tali da comprometterne la permanenza al Governo. In fin dei conti non è un mistero che la magistratura e l’informazione si muovano a legislature alterne. Ma la certezza delle certezze è dietro l’angolo, è legata all’alternarsi delle stagioni ed alle relative condizioni meteo.

Tra poco, con la bella stagione, migliaia di disperati si affolleranno sui barconi alla volta della Sicilia traghettati da quelle Organizzazioni non governative che – come ormai arcinoto – li raccolgono direttamente dagli scafisti puntando (e a volte speronando) verso il suolo italiano con l’intento di forzare qualsivoglia resistenza. Per il resto, Malta respingerà i barconi, la Spagna userà le maniere forti per allontanare i disperati, la Francia sparerà al confine con l’Italia per evitare qualsivoglia invasione e noi faremo la figura dei testicoli. E se invece per caso in Italia qualcuno oserà solo alludere a respingimenti, porti chiusi o blocchi navali, a Strasburgo sono tutti già pronti in toga per un processo lampo.

In cambio del nostro silenzio beota riceveremo attestati di solidarietà, pacche sulle spalle, attestazioni di stima per l’umanità dimostrata verso chi soffre, impegni solenni a equidistribuire gli immigrati (non oggi però, forse domani), la promessa di nuovi fondi e una bella riunione di emergenza tra gli Stati membri dell’Unione europea con all’ordine del giorno la questione migratoria. Chi conosce un minimo le dinamiche sociali sa bene che una riunione è un’ottima alternativa alla soluzione concreta dei problemi. Le riunioni, in genere, si concludono con una bella cena di gala e con la certezza di non sapere chi realmente farà cosa. Il che equivale a lasciare l’Italia per l’ennesimo anno col cerino in mano.

Sembra ancora di sentire Giuseppe Conte – all’indomani del protocollo di Malta – evocare una svolta storica nel ricollocamento degli immigrati e affermare con roboante arroganza “abbiamo fatto più a Malta in un giorno di Salvini in un anno”. Poi le cose andarono secondo copione: gli immigrati continuarono a giungere sul suolo italico, l’Europa voltò la faccia da un’altra parte e noi ci ritrovammo con il nostro inutile accordo scritto, impaginato e firmato in bella grafia. E continuammo a fare la figura degli imbecilli.

Aggiornato il 31 maggio 2021 alle ore 11:42