
Giorgia Meloni e Fratelli d’Italia stanno vivendo un momento particolarmente favorevole, almeno in base ai sondaggi. Tutte le rilevazioni demoscopiche evidenziano una corposa crescita da parte di FdI, che supererebbe non solo il Movimento Cinque Stelle, ma anche il Partito Democratico. Certo, questo slancio vigoroso deve essere ancora certificato dalle urne, dai voti veri, ma è indubbio che esista un clima promettente attorno al partito erede di Alleanza Nazionale.
Ciò autorizza la Meloni ad iniziare a pensare a Palazzo Chigi, come la leader di FdI ha lasciato intendere in alcune interviste. È del tutto legittimo che Giorgia Meloni non scarti a priori l’eventualità di diventare premier. In politica si corre per vincere e governare, anche se storicamente non sono mancati coloro i quali hanno preferito godere di piccole rendite di posizione. Se Fratelli d’Italia riuscirà a consacrare il trend positivo segnalato dai sondaggi in una affermazione elettorale vera e propria, ci troveremo di fronte ad un successo meritato, e nemmeno le ottime performance di adesso, rilevate dalle indagini a campione, sorprendono più di tanto.
Naturalmente stare alla opposizione, soprattutto quando si avversa in solitudine una maggioranza in cui è coinvolto il resto del panorama politico, può rivelarsi facile e comodo. La Meloni, a differenza di Matteo Salvini, non deve trattare con le opposte visioni di Roberto Speranza ed Enrico Letta, e non corre ogni giorno il rischio di apparire o essere poco incisiva in un Governo di unità nazionale come quello guidato da Mario Draghi. Ma non c’è soltanto, come unica ragione della accresciuta popolarità di Fratelli d’Italia, il fatto di interpretare l’opposizione e in tale modo di raccogliere elettoralmente e senza troppi oneri il malcontento diffuso, che non può non esserci dopo più di un anno di pandemia e di conseguenze economico-sociali devastanti.
Viene anzitutto premiata una coerenza di fondo, che può essere oggetto di dibattito nel centrodestra, visto che una parte di esso, all’arrivo di Draghi, ha fatto scelte diverse da quelle di FdI, ma è evidente. Giorgia Meloni dice da sempre: “Mai con il Partito Democratico e mai con il Movimento Cinque Stelle”. E per ora questa linea è stata costantemente rispettata. Da un punto di vista conservatore-liberale, che predilige da sempre le destre d’oltreoceano e d’oltremanica, pur nel rispetto della storia politica di ognuno, non vi può essere una grande nostalgia per la destra di fatto statalista e paternalista, così come è stata concepita in tanti anni dal Movimento Sociale italiano e in buona parte anche dalla successiva An.
Ma anche chi non arriva dalla cosiddetta destra sociale, e non la rimpiange, oggi può avvicinarsi un po’ più agevolmente a Fratelli d’Italia e condividerne, se non proprio tutte, diverse posizioni. Questo partito, occorre riconoscerlo, ha fatto ultimamente dei passi in avanti nella direzione di un approccio più conservatore e finanche più liberale, perlomeno sul fronte economico e delle imprese. Un cambiamento di prospettiva era già stato avvertito nel 2019 durante l’intervento di Giorgia Meloni al Cpac (Conservative political action conference), il meeting annuale dei conservatori americani. Poi, vi è stato anche il raggiungimento, da parte della leader di FdI, della presidenza di Ecr, Partito dei Conservatori e dei Riformisti europei, presente al Parlamento europeo con 52 seggi.
Durante tutto il brutto periodo della pandemia, che peraltro ancora ci riguarda, fatto di chiusure non sempre sensate, di limitazioni della libertà e di arroganza del potere con tante attività economiche al collasso, Fratelli d’Italia si è sempre schierato, e anche qui bisogna dargliene atto, in maniera netta a favore delle imprese e contro le restrizioni tanto inutili quanto inaccettabili sul piano del diritto come, ad esempio, il coprifuoco notturno.
Una destra più attenta alle libertà individuali e alla iniziativa privata allarga inevitabilmente il proprio bacino elettorale. Se da un lato è purtroppo vero che l’Italia, a causa di troppi anni di paternalismo cattolico e di sinistra, appaia meno sensibile di altri Paesi dinanzi alle violazioni statali delle libertà, dall’altro c’è tutto uno strato di piccole e medie imprese che ribolle di rabbia ed è pronto a conferire la propria fiducia a chiunque gli presti un po’ di attenzione. Fratelli d’Italia pare avere quindi il vento in poppa, e Giorgia Meloni fa bene, come abbiamo già scritto, a darsi nuovi ed ambiziosi obiettivi ma, al fine di non trovarsi poi a dover limitare anche di molto le proprie aspirazioni, cerchi prima di imparare dalle rispettive esperienze di Silvio Berlusconi e di Matteo Salvini.
In primo luogo, se il consenso elettorale di FdI diventerà troppo ingombrante cesseranno in un batter d’occhio quelle lusinghe dedicate alla figura di Giorgia Meloni, che pure sono arrivate da sinistra in qualche occasione, in funzione anti-Salvini. E la leader della destra italiana avrà più nemici che amici. L’Italia ha un sistema parlamentare vetusto e le leggi elettorali partorite negli ultimi anni, una peggiore dell’altra, hanno reso questo Paese sempre più difficile da governare, e non è un caso che sia stato scomodato Mario Draghi. Ritrovarsi un nemico nella propria maggioranza, come è capitato più di una volta a Berlusconi, capace di terremotare l’intero Governo, rimane un’opzione possibile qui da noi. Quindi, è più salutare scegliere di governare quando si è sicuri di poter disporre di numeri sufficientemente “blindati” che consentano un’azione riformatrice il più possibile libera da intoppi o brutte sorprese. Altrimenti, è meglio saltare un giro, e senza dubbio proprio un personaggio politico come la Meloni ha dalla sua il tempo e l’età anagrafica.
Governare a tutti i costi o imbastire esperienze con forze politiche distanti, come Salvini ha provato a fare con il M5S, può essere controproducente. Certo, Giorgia Meloni ha sempre sottolineato l’intenzione di non tentare mai avventure con soggetti esterni al perimetro del centrodestra, ma quando il potere appare a portata di mano anche i più avveduti possono perdere il senno. Il Partito Democratico e tutto il suo mondo collaterale perdono da anni non solo i voti, pur riuscendo a governare quasi sempre, ma anche il contatto con il Paese reale, eppure mantengono i loro tentacoli in diversi gangli dello Stato. Ci sono funzionari e dirigenti statali, ben più potenti dei politici, che possono edulcorare o annichilire, anche di fronte ad una maggioranza politica forte, i tentativi di riformare questa vecchia Repubblica.
Chi non è allineato ad un certo establishment non dimentichi mai l’esistenza di una parte politicizzata della magistratura, le cui deviazioni sono venute alla luce con il caso di Luca Palamara e le rivelazioni sulla presunta Loggia Ungheria. Di Silvio Berlusconi si diceva che fosse facilmente attaccabile a causa delle sue aziende ma abbiamo visto, nelle recenti vicissitudini di Salvini, come possa essere presa di mira anche una decisione politica nel momento in cui una o più Procure si muovono secondo un preciso piano che di giudiziario ha ben poco.
La stessa cosa potrebbe succedere ad una scelta meramente politica della eventuale premier Giorgia Meloni. Per l’ultima volta, la Meloni fa benissimo a non imporsi limiti, del resto sarebbe insensato chiedere i voti per un’eterna opposizione, ma chi è fatalmente inviso ad alcune élite, per non dissipare troppo presto il proprio capitale politico ed elettorale, deve farsi trovare preparato di fronte a coloro i quali amano giocare sporco, e dotarsi di una corazza piuttosto robusta.
Aggiornato il 28 maggio 2021 alle ore 10:43