L’errore nel Ddl Zan

C’è uno schernimento sbagliato da parte dei fautori della proposta di legge contro le discriminazioni: chiunque critica il Ddl Zan è omofobo e antiquato. E un domani pure perseguibile. Non è forse una contraddizione pretendere libertà per vietarne? Sta di fatto che nella Giornata contro l’omo, la transfobia e la bifobia (la moltiplicazione terminologica la dice lunga) il presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, ha indicato una rotta diversa.

Ha detto Mattarella: “Le attitudini personali e l’orientamento sessuale non possono costituire motivo per aggredire, schernire, negare il rispetto dovuto alla dignità umana, perché laddove ciò accade vengono minacciati i valori morali su cui si fonda la stessa convivenza democratica”. Non ha parlato di “genere percepito” il presidente, argomento contestatissimo del Ddl in arrivo al Senato. Stessa linea del presidente della Conferenza episcopale italiana (Cei), Gualtiero Bassetti: “Più che affossata, la legge andrebbe corretta. Noi siamo per la difesa e la dignità di tutti”, ha chiarito.

I due autorevoli pronunciamenti vanno nella direzione controproposta rispetto al centrodestra. Il primo a segnare una correzione è stato Antonio Tajani, l’ex presidente del Parlamento europeo e coordinatore nazionale di Forza Italia, che ha rimesso la famiglia al centro: “Una famiglia senza figli non esiste”, ha puntualizzato. E gli azzurri hanno presentato una controproposta a firma della senatrice Licia Ronzulli, che però l’avversario del Partito Democratico, Alessandro Zan vorrebbe boicottare. Si basa su un articolo unico per modificare l’articolo 61 del codice penale in materia di aggravante per gli atti discriminatori e violenti “per motivi fondati sul sesso, sul genere, sull’orientamento sessuale, sull’identità di genere o sulla disabilità”. Stop. Codicillo agile, rapido, chiaro e tondo. Nessuno può e deve discriminare. Via tutta quella “nomenklatura dirigista” sul genere, sul sesso percepito, sulle punizioni, sui reati d’opinione.

Il rischio appunto è che il Ddl Zan introduca i “reati d’odio”, non meno invadenti e persecutori, oltre allo snaturamento famigliare e femminile con la maternità surrogata. E, poi, se la sentono le comunità Lgbt di trasferire le loro identità nelle aule dei Tribunali, sotto la lente delle investigazioni, dei processi? Non è esattamente ciò che si dovrebbe scongiurare? Tuttavia, una risposta va data in termini più sottili e di “psicologia del genere”, la rivoluzione che omosessuali e la sinistra per ragioni politiche vorrebbero segnare. Gli omosessuali puntano sul “genere” per affermare la propria identità liquida, diversa da quella biologica, intercambiabile rispetto a quelle ataviche “uomo-donna”. E, secondo costoro, un solo articolo non completerebbe il percorso di transizione. Gli Lgbt mirano a legittimare la “terza natura” in base alla quale vogliono formare famiglie, celebrare matrimoni, costituirsi coppie e adottare figli, combattendo chiunque si opponga al loro disegno. Ma questa diventerebbe aberrazione! Non solo per motivi morali, religiosi o politici, per una ragione alta e trascendente. E non solo per ragioni naturali, biologiche e di genere, ma per la specificità umana: lo Spirito. In forza dello Spirito ogni individuo è assoluto, libero, indiscriminato. E lo Spirito si manifesta nel talento.

L’affermazione identitaria in base al talento (inteso come abilità ed espressività) consente a tutti di riconoscere ogni persona come inviolabile e sacra, rispettarla in ogni sua manifestazione e tutelarla nella sua libertà. Quella libertà culturale e politica costruita faticosamente. La storia e la società col talento ci guadagnano, mentre le declinazioni gay, gender e transgender imbarbariscono. Per questo è necessaria una correzione legislativa, come ha indicato il presidente della Cei e come ha sottolineato il Capo dello Stato. La libertà non può ricadere sotto le categorie etero o omosessuale, perché la libertà è l’individuo.

Abbiamo esempi concretissimi.  Di recente è andata in onda su Raiuno la fiction sulla vita di Leonardo da Vinci, prodotta dalla Lux, la quale in tempi di “politicamente corretto” ci ha presentato un Leonardo privato incline a presunte relazioni omosessuali e libertine. Ci ha forse guadagnato l’ingegno e l’uomo? O, come hanno sollevato tanti, è stato uno scempio biografico?  Il genio leonardesco era tutto lì: non il genere, non il peccato, ma l’opera magnifica. Facciamo leggi per questo diritto, per il talento unico, egualitario e democratico, non per il sesso.

Aggiornato il 19 maggio 2021 alle ore 11:24