
I leader politici, sia che abbiano responsabilità di Governo oppure che si trovino a guidare un partito, vivono normalmente un po’ in tutte le democrazie una fase di ascesa, poi un periodo di stabile successo. Infine, il logorio e un inevitabile declino più o meno lento. Del resto, nulla è eterno, almeno in questa vita terrena. Vi sono senza dubbio figure politiche che rimangono a lungo in auge, ed altre che invece capitolano con la stessa velocità con cui hanno effettuato la scalata vittoriosa.
La democrazia dei giorni nostri si sta rivelando particolarmente spietata con gli attori della politica perché, se da un lato permette determinati exploit anche a personaggi con poca gavetta alle spalle, dall’altro può troncare all’improvviso delle carriere ancora piuttosto verdi. Succede in Italia, ma anche altrove, e l’ultimo esempio ci è stato fornito dallo spagnolo Pablo Iglesias, leader di Podemos. Poi, ci sono quelli come Enrico Letta, che inciampano ancor prima di ascendere. Letta è in politica da tanti anni, ma ha quasi sempre avuto un ruolo da notabile, da numero tre o quattro, da colonnello e ben poco da generale. Finora, due sono state le occasioni presentatesi al suo cospetto, per permettergli di fare un salto di qualità, ossia di divenire leader e numero uno.
La prima fu addirittura un Governo da lui guidato ma, come ci ricordiamo molto bene, quella esperienza ebbe vita breve e si concluse mestamente. La seconda è tuttora in essere ed è rappresentata dalla segreteria del Partito Democratico, ma anche la leadership piddina targata Enrico Letta, quasi come l’incarico di premier, sembra stia già tirando le cuoia dopo pochi mesi dalla sua nascita. Enrico Letta è già un segretario dal tono minore, un lettino, nel senso diminutivo del cognome del leader Pd. Da quando ha abbandonato Parigi e si è insediato al Nazareno, Letta ha collezionato un numero considerevole di passi falsi. Ha esordito con proposte politiche assolutamente fuori tempo, Ius soli e voto ai sedicenni, in un frangente storico in cui le urgenze sono ben altre.
Inopportunamente, ha peraltro rilanciato battaglie di bandiera in una maggioranza di Governo come l’attuale, nella quale si possono fare diverse cose tranne che agitare vessilli ideologici. Al momento non è stato ancora capace di cementare una alleanza fra il suo partito e il Movimento 5 Stelle. Visto dagli occhi di chi auspica una alternativa al centrodestra, ciò rappresenta un fallimento pericoloso perché sia il Pd da una parte che il M5S dall’altra possono concludere poco se si trovano entrambi in completa e rispettiva solitudine. È la matematica a dirlo.
In ultimo, il nostro “lettino” nutre una sorta di ossessione negativa per Matteo Salvini. Un giorno sì e l’altro pure, noncurante delle vere emergenze di questo Paese, invita il leader leghista ad uscire dalla maggioranza, rischiando di terremotare il Governo Draghi.
Aggiornato il 18 maggio 2021 alle ore 10:32