Sotto la pandemia

Ho già detto, in altre notazioni, che la pandemia è un fenomeno da poco rispetto alle reali trasformazioni planetarie che le società attuano. Mi riferisco alle trasformazioni nei sistemi produttivi ai quali ho rivolto ampia considerazione (riconversione verde, green economy, robotica, intelligenza artificiale, digitalizzazione, smart working, vendita on-line, colonizzazione dello spazio, all’espansionismo cinese; al conflitto Stati Uniti/Russia/Cina); tutti eventi in svolgimento dal risultato problematico con riguardo l’occupazione, la sopravvivenza del proletariato e del ceto medio produttivo.

Esiste però un ulteriore scuotimento che sta diventando non meno problematico dei sommovimenti riferiti, un sommovimento di carattere politico ed antropologico. Ne ho detto scrivendo della ipotesi di limitare il giudizio su taluni argomenti in vista del pericolo che tali giudizi possano suscitare odio, violenza, ostracismo, ad esempio in campo sessuale contro coloro che non si sentono uomo o donna ma diversi da queste canoniche classificazioni. Attualizziamo quanto detto ed ampliamolo. Vi sono proposte di legge le quali temono che possono suscitare odio, violenza, misfatti nel caso si dichiarasse di preferire, poniamo, l’unione uomo donna ad altre unioni.

Estensivamente, se si dichiarasse di preferire una società ad un’altra società, una religione ad un’altra religione; un cibo ad un altro cibo. La formulazione della proposta di legge è tale da lasciare al magistrato la valutazione non di un reato ma della possibilità di indurre ad un reato. Ipotesi gravissima, si trasformerebbe il sospetto del delitto in delitto, significherebbe impedire il pensiero, la scelta, confondere la libertà di opinione con le immaginarie conseguenze dell’opinione. Se manifesto il mio tratto naturale e sociale – giudicare, scegliere, preferire – io non danneggio né invito alla soppressione, scelgo e giudico, basta. Se dico che l’Italia è il più artistico Paese terrestre, io non invito a scansare e vilipendere gli altri Paesi. Se dico che Enrico Caruso resta il più sonoro, possente tenore esistito io non invito a non far esibire altri tenori.

Insomma, valorizzare ciò che per me vale non significa negare esistenza al restante ma solo preferire, scegliere, amare. O dobbiamo non preferire, non scegliere, non amare, condividere ogni realtà, sostenere che i vermi valgono una bistecca? E in nome di quale giudizio se viene impedito il mio giudizio? E in nome di quale universalismo se ciascuno è innestato nella propria soggettività giudicante? Si vuole distruggere la soggettività individuale e dei popoli?

(*): La proposta di Legge alla quale mi riferisco è la ormai nota Legge Zan. Non intendo entrare in terreno giuridico, se la Legge crea soggetti speciali protetti specificamente contravvenendo alla uguaglianza dei cittadini. Mi pare una enormità percepire, poter percepire la libera manifestazione di un giudizio. Poniamo: preferisco le donne alla istigazione contro chi uomo non preferisce le donne. Quindi punibile. Vi sarebbe un potere dei Giudici così dilatato da frenare il pensiero. In campo strettamente politico si va verso la “tracciabilità” del cittadino e la scissione tra cittadino obbediente (tracciato) e cittadino escluso (renitente al tracciamento). Sono questioni fondamentali. Le conquiste liberali rischiano... la galera.

Aggiornato il 10 maggio 2021 alle ore 11:52