
Zone gialle
Da oltre un anno facciamo finta di non capire – probabilmente alcuni proprio non capiscono – che la pandemia si concluderà solo quando l’immunità sarà diffusa in quote di popolazione che, a seconda del tipo di virus, variano fra il 40 per cento e il 95 per cento. Fino a quel momento, ogni riduzione delle restrizioni non può che coincidere inesorabilmente con un aumento delle frequenze di contagio. Il caso della Sardegna, passata da bianca a rossa in poche settimane, non ha però, a quanto pare, insegnato molto. Eppure, è da manuale: un’isola si ritrova senza contagi e, allora, cosa fa? Riapre, cioè consente l’afflusso di gente da altre regioni. Il tutto contando sull’affidabilità dei tamponi la quale, come ormai sanno anche i sassi, non è mai del 100 per cento. Ed è esattamente dalle piccole percentuali di imperfezione, oltre che dalle mutazioni, che il virus trae profitto riprendendo la sua avanzata. Temo che l’espressione convivere con il virus sia stata da molti assunta come una sorta di invito politico a trattare con lui, concedendogli qualcosa cercando di avere qualcos’altro in cambio. Ma la vera soluzione sta nella Carthago delenda est di Catone e non nei compromessi.
Divise
Con qualche ritardo rispetto all’immediatezza di altri tempi, ecco emergere la protesta nei confronti della strana abitudine, da parte del generale Francesco Paolo Figliuolo, di indossare la divisa militare. Da questo modesto coro un po’ stonato emerge l’assolo di tale Michela Murgia la quale dichiara alla stampa di provare paura ogni volta che incontra un uomo in divisa. Dimenticando di precisare cosa provi incontrando, in divisa, una donna, come capita sempre più spesso. Vorrei comunque sottolineare che la paura è un disturbo fobico che andrebbe comunicato ad uno specialista e non ad un quotidiano. Ad ogni modo, se c’è un raggruppamento militare di cui non avere alcuna paura è proprio il Corpo degli Alpini, gente seria e di poche parole, per tradizione vicino alle popolazioni e sempre pronto a dare una mano nei momenti difficili.
Polvere di stelle
Cvd, come volevasi dimostrare. Basterebbe questa sintesi per qualificare ciò che, per molti versi, è in realtà inqualificabile in ciò che sta avvenendo fra i Cinque Stelle. La boria giustizialista e giacobina ha lasciato il posto all’imbastitura di linee politiche maldestre e improvvisate e a imbarazzanti giri di valzer mentre le spaccature, con la conseguente formazione di gruppi fra loro in competizione, si susseguono portando alle scissioni più definitive. Su tutto, poi, domina la miserevole e sempre più chiara propensione dei deputati e senatori grillini a mantenere il proprio scranno in Parlamento, con relativo stipendio, dopo aver condannato per anni i politici italiani, rei dello stesso, identico delitto. Insomma: dall’empireo dell’anti-politica, orgogliosa ancorché miope, alla strenua difesa dei propri interessi personali, in cui, più che la corrente, a farla da padrone è il conto corrente. Davvero una bella vicenda, soprattutto per la sua elevata carica morale, che ha certamente raggiunto il suo apogeo con il recente video di Beppe Grillo.
Ripresa e Resilienza
Non è dato sapere a chi sia venuto in mente, a Bruxelles, di introdurre il termine resilience nel Piano destinato a risollevare le sorti delle economie dei Paesi europei. Sta di fatto che c’è e, in qualche misura, raddoppia il significato dell’altro termine, ripresa, mettendo in ombra il soggetto principale, cioè il Plan, il Piano. Sono sufficientemente sicuro che, a Bruxelles, nessuno pensa alla pianificazione e nemmeno alla più blanda programmazione. Ma sta di fatto che, per designare un insieme di spese e investimenti, si è scelto un termine che potrebbe indurre qualche equivoco. A cominciare dalle percentuali sui finanziamenti complessivi per ogni Stato, definiti come obbligati: per esempio, 20 per cento per la transizione digitale e 37 per cento per la “… transizione verde, compresa la biodiversità” nonché il 30 per cento per la “lotta ai cambiamenti climatici”. Che senso abbiano e da quali calcoli derivino queste quantità non si sa, mentre è decisamente certo che fra i 27 Paesi che beneficeranno dei prestiti vi sono enormi differenze sia sui temi sopra citati sia su altri, per cui una percentuale potrebbe rivelarsi troppo alta in un Paese e troppo bassa in altri. Si tratta di alcuni piccoli e classici segni ricollegabili ai fallimenti di qualsiasi pianificazione economica. Cosa accadrà davvero non è prevedibile. Tuttavia, è assai verosimile che le rigide e politicamente corrette finalità fondamentali del Piano (clima, digitale, verde) verranno ampiamente reinterpretate dagli esecutori effettivi, anche sulla base di possibili novità che potrebbero riguardare uno o più dei tre settori sopra indicati, modificando o persino ribaltando le certezze quasi dogmatiche sulle quali oggi essi si reggono. Anche in questo quadro, in definitiva, la realtà prevarrà sulle teste d’uovo di Bruxelles e sui voti (sì, proprio come a scuola) A,B o C che verranno da loro assegnati ai singoli Piani nazionali.
Aggiornato il 26 aprile 2021 alle ore 11:53