Altro che Regioni: la colpa è del centralismo

Nel suo discorso in Senato prima del Consiglio europeo, il premier Mario Draghi ha affrontato – tra le altre cose – anche l’annosa questione del piano vaccinale, dei ritardi e dei malfunzionamenti nella somministrazione delle dosi. Si era stabilito di arrivare a vaccinare fino a mezzo milione di italiani al giorno ma – dice il presidente del Consiglio – anche a causa della disomogeneità procedurale delle Regioni, accusate ancora di agire in ordine sparso e di seguire troppo spesso criteri propri invece di quelli stabiliti dal Ministero, tale obiettivo ancora non è stato raggiunto e si configura come sempre più arduo da conseguire. Su quest’ultimo punto, il premier Draghi si è sostanzialmente unito al coro dei tifosi del Leviatano.

Quando non ci si vuole assumere le proprie responsabilità le si scarica bellamente sulle spalle di qualcun altro, puntando il dito ed imputando ad esso tutte le colpe del caso. In Italia siamo avvezzi a questa misera prassi. Stavolta è toccato alle Regioni, alle quali noi italiani siamo stati abituati a pensare come a un ricettacolo di malcostume, corruzione, spreco, privilegi e inefficienze. Nessuno ha mai pensato, tuttavia, che se le Regioni hanno spesso dato un pessimo segno di loro stesse è stato proprio per l’assenza di un federalismo maturo, ossia capace di responsabilizzare integralmente – soprattutto dal punto di vista finanziario e fiscale – i territori.

Al netto di questo, non si può non concordare con la replica del presidente della Conferenza Stato- Regioni, il governatore emiliano Stefano Bonaccini, che si è fatto portavoce della reazione giustamente indignata delle autonomie: non è mancata l’organizzazione a livello territoriale, ma le dosi di vaccino che lo Stato non ha saputo procurarsi e ancor meno distribuire.

È forse colpa delle Regioni se l’Unione europea non è stata in grado di negoziare come si deve con le case farmaceutiche e se queste ultime hanno tenuto un comportamento a dir poco sleale e inaffidabile? È colpa delle Regioni se le Agenzie di regolamentazione del farmaco procedono con ritmi da bradipo intorpidito? È colpa delle Regioni se la burocrazia europea, insieme a quella statale, fanno del loro meglio per ritardare ogni tipo di iniziativa o programma? È colpa delle Regioni se lo Stato centrale non è puntuale con le consegne e nonostante i suoi fallimenti si ostina a non voler lasciare ai singoli territori maggiori libertà, tanto in termini negoziali – per l’acquisto dei vaccini – quanto in termini gestionali – per la loro somministrazione?

Ci sono due colpevoli materiali e uno morale per il caos e i ritardi nella distribuzione e somministrazione dei vaccini: i colpevoli materiali sono l’Ue e lo Stato Italiano, non come istituzioni in se stesse, ma come burocrazie elefantiache e macchinose; il colpevole morale, ossia il principio responsabile di tutto questo, è semplicemente la mentalità centralista, la quale pretende di vedere nella gestione dall'alto e concentrata nelle mani di un solo ente un sistema necessariamente più sicuro.

Troppo comodo dare la colpa al “federalismo sanitario”, accusato di creare caos e disomogeneità, quando dall’altra parte c’è un’Europa che non è stata capace di contrattare e di far valere i suoi diritti negoziali e un’Italia che non ha saputo gestire adeguatamente la cosa e prendere le giuste decisioni. Tuttavia, almeno l’Unione europea ha avuto il coraggio di fare “mea culpa” e di ammettere le proprie responsabilità. Al contrario, lo Stato italiano continua a inveire sulle Regioni e ad accusarle di fallimenti che sono solo i suoi.

Di quella “disomogeneità” nella gestione, trascinata sul banco degli imputati dal Governo, ce n’è stata troppo poca. Poiché, se invece di affrontare la situazione secondo le vecchie logiche centraliste, per cui è lo Stato a dover negoziare e gestire ogni cosa, ed è la sanità pubblica a doversi occupare delle somministrazioni, si fosse lasciato tutto alla spontaneità e al “disordine” delle logiche federaliste e di mercato, è verosimile pensare che la campagna vaccinale sarebbe stata a un punto molto più avanzato. Se si fosse lasciata libertà alle Regioni di procedere autonomamente anche all’acquisto delle dosi necessarie e alla loro successiva distribuzione tra le varie Asl territoriali e, meglio ancora, alla loro immissione sul mercato per chi non avesse avuto voglia di aspettare i tempi biblici del proprio turno, abilitando al tempo stesso medici in libera professione, farmacie, cliniche e laboratori privati alla somministrazione, c’è da stare sicuri che a quest’ora una parte considerevole di italiani sarebbe già stata immunizzata.

Questo sistema avvantaggerebbe solo i “ricchi”, poiché la Lombardia potrebbe acquistare più dosi e somministrarle più velocemente rispetto alla Calabria e potrebbe accadere che un ventenne ricco riceva il vaccino prima di un novantenne pensionato al minimo? No, il sistema decentrato avvantaggerebbe le Regioni efficienti e attente al loro bilancio, quindi con maggiori capacità di spesa, e il sistema privatistico forse permetterebbe ad un giovane ricco di vaccinarsi prima di un anziano povero, ma permetterebbe anche di raggiungere un’immunizzazione di massa in tempi decisamente più brevi, che è precisamente il nostro obiettivo primario. Il resto è ideologia.

Aggiornato il 26 marzo 2021 alle ore 12:36