Mettiamo a fuoco Enrico Letta. Questo novello Cincinnato che è tornato qui da noi dopo il poderoso e ironico “stai sereno” con cui quell’altro “campione” di storia demo-roma-cristiana, un certo Matteo Renzi, gli scippò il Regno dalle mani, con tanto di passaggio (un atto che ha dello spessore istituzionale ormai) della classica campanella. Ebbene il prode Cincinnato, munito di trolley, pare si sia cimentato, in giro per il mondo (narra la vulgata), onde proseguire l’opera che un suo “pater” Beniamino Andreatta (un valido e retto ministro democristiano) gli lasciò di eredità, con tanto di prestigiosa magione situata nei pressi del Senato della Repubblica.
Quindi non è che proprio abbia ricominciato da zero, Cincinnato. Non ripartì affatto da povero in canna, come molti ritengono. Di “pive”, insomma, ne dovrebbe aver avuto nel sacco, come si suol dire. Complice la prestigiosa sede dell’Arel (Agenzia di ricerche e legislazione), situata a due passi dal Senato della Repubblica a Roma, quindi non proprio in una suburra più periferica dell’Urbe, il “Nostro” ha provveduto a creare la propria tela di ragno, subito dopo la sua nuova incoronazione, questa volta a segretario del Partito Democratico. Avrebbe ben due rami portanti la tela: la proposizione di un asse di ferro con il Movimento Cinque Stelle, a partire dalle prossime elezioni comunali di Roma e… il voto ai sedicenni, quelli iper-tecnologicizzati, ma ancora non del tutto maturi per decidere le sorti dei Paese.
Se Nicola Zingaretti avesse avanzato queste proposte, lo avrebbero di sicuro “arrostito con le patate”. Invece, le ha proposte il buon Cincinnato e tutto va bene per un popolo suonato qual è quello Pd. Che subirà pure la decapitazione dei due capigruppo al Parlamento: un segno evidente che i sassolini nel calzare li aveva pure Cincinnato.
Aggiornato il 25 marzo 2021 alle ore 13:02