La presidenta tiranna

Niente di nuovo sotto il sol dell’avvenire. E si potrebbe continuare anche con luoghi comuni che però oggi ci stanno come il cacio sui maccheroni, tipo chi predica bene e razzola male, voto a sinistra con il portafoglio a destra e via discorrendo amabilmente.

La sacerdotessa della parità di genere, sgamata da Selvaggia Lucarelli, l’ha fatta grossa. La paladina delle donne calpesta le sue collaboratrici: alla colf moldava non paga la liquidazione, all’assistente parlamentare assegna compiti da guardarobiera. La madrina genuflessa di Leu che fa la morale all’universo mondo si è persa in un bicchiere di lacrime di coccodrillo. Adesso hai voglia a dire che il Caf non ha sbrigato la pratica (10 mesi). La vicenda non va ingigantita, perché è già mostruosa in sé. Basta rinfrescarsi la memoria con le battaglie sanguinose della “presidenta” per il metoo, il gap salariale, le violenze sulle donne, il femminicidio, e i femminili usati un po’ alla come viene: direttora, genitora, presidenta e chi più ne ha di “a” ne metta, fanno sempre comodo. La parità di genere tanto agognata purtroppo ha perso il tram e se si ferma sull’uscio di casa Boldrini va rispedita al mittente. Vecchi discorsi, tipo la sindrome di Nimby, non voglio l’immondizia men che mai a casa mia. L’armamentario dei vecchi schemi con la mossa di Laura-signora-nostra-degli-appestati va di nuovo tirato a lucido: ipocrisia, doppia morale e una spolverata di radical chic che ci sta sempre bene.

Aggiornato il 24 marzo 2021 alle ore 19:47