Geopolitica vaccinale: Covid et impera

Che cosa è il… Covid-gate? Un complotto politico di alcuni a danno di molti, o semplicemente “business as usual”? Una sorta di Mondo di Mezzo è la risposta. Ovvero, un ircocervo che rappresenta il risultato di un incrocio genetico tra geopolitica e mondo degli affari. Insomma, una creatura del Denaro che crede solo in se stesso, privo di cuore e ricchissimo di interessi.

Veniva da credere che tutto il genere umano fosse uguale davanti a un piccolo mostro primitivo ed essenziale come il Covid-19 ma, se questo è vero dal punto di vista del virus (per lui, infatti, 7 miliardi di persone sono un immenso bottino di suscettibili da infettare ad libitum), non lo è né per chi guida le Nazioni (i politici e la politica), né per l’uomo della strada. E il problema, in questa deriva pandemica che si muove per ondate successive e continue mutazioni, è proprio lui: l’uomo qualunque.

Sulle sue false convinzioni, in particolare, si gioca il gioco planetario della guerra dei vaccini, che assomiglia vagamente a quella dei bottoni (si intende delle valigette nucleari). Così Pfizer, il primo vaccino arrivato (ma molto più costoso dei suoi diretti concorrenti per prodotto unitario, modalità di conservazione, somministrazione e trasporto), sovrasta nelle opinioni pubbliche mondiali il suo rivale di Astrazeneca che, malgrado sia più economico e di agevole distribuzione, deve oggi fare fronte a una cassa di risonanza negativa a livello mondiale, a causa dei rarissimi casi di reazione avversa alla sua somministrazione. Anche qui: esistono verità nascoste, oltre a ben evidenti guerre commerciali (Usa versus Unione europea; Pfizer versus Astrazeneca)?

Dicevano i latini: “Est modus in rebus”. Ovvero, dipende da come si impostano le cose. Se io, Inghilterra o Stati Uniti d’America, minimizzo sistematicamente i casi avversi, o non associo le reazioni negative al vaccino da me prodotto perché, ad esempio, esiste un certo décalage temporale per cui un dato fenomeno di patologie indotte, come quelle vascolari rare, non viene registrato in prossimità della somministrazione del farmaco, allora è chiaro che nei miei territori nazionali di competenza posso tirare diritto con le vaccinazioni di massa, senza inciampare negli strali dell’Ema (l’Ente di controllo europeo sui farmaci), che è stata investita della verifica sui lotti incriminati di Astrazeneca, dopo che non pochi Paesi dell’Unione hanno sospeso in modo precauzionale la somministrazione del prodotto anglo-svedese.

Come si è visto, la suscettibilità dell’opinione pubblica interna si propaga come il fuoco in un sottobosco di foglie e rami secchi, alimentato dai venti impetuosi dei siti no-vax e delle politiche oscure di disinformazione planetaria, che fanno uso dei famosi bot (automi, o software informatici, che simulano comportamenti umani), in grado di inviare milioni di messaggi disinformanti a ignari destinatari che hanno un account social. Ed è a questo punto che si innesta un ragionamento di tipo geostrategico sull’utilizzo dei vaccini. Fin dall’inizio della pandemia è sempre stato chiaro che la fabbricazione e la distribuzione dei vaccini poteva condizionare i rapporti multilaterali tra Stati e grandi potenze (Cina, Usa, Urss, India) in particolare.

Se Donald Trump, con il suo motto America first, aveva profuso molti miliardi di dollari a beneficio delle grandi case farmaceutiche (Big Pharma) americani, sostenendo nel contempo decine di milioni di famiglie in difficoltà con un colossale deficit aggiuntivo di alcuni trilioni (mille miliardi) di dollari, Joe Biden con il suo slogan America is back non è stato di meno di lui, nazionalizzando di fatto la produzione interna di vaccini Pfizer e Moderna, per distribuirli in via prioritaria ai suoi cittadini (le fiale che avanzeranno saranno donate ai Paesi più poveri solo dopo che saranno stati vaccinati tutti gli americani!), e aggiungendo ancora di suo un altro paio di trilioni di dollari per aiuti a fondo perduto a imprese, famiglie, ospedali e centri di vaccinazione.

Nel frattempo, per non farci mancare nulla dell’egoismo che caratterizza la geopolitica delle grandi potenze, Cina e Russia tentano di arrivare primi nel piazzare a prezzi stracciati miliardi di dosi di vaccino nazionale (Sputnik-V; Sinovac e Sinopharm) nel Continente africano e latino-americano, praticando la politica opposta rispetto all’America di Biden: prima agli altri, e poi ai nostri connazionali.

Ovviamente, è lecito chiedersi le ragioni che spingono la più grande potenza asiatica e quella continentale a sfidare logica e buon senso, visto che, in particolare, la Russia non gode davvero ottima salute dal punto di vista del dilagare del numero di contagi e delle vittime conseguenti. Siccome a pensar male molte volte ci si indovina, verrebbe da concludere che… gatta ci cova. È bene, a questo punto andare per ipotesi, non avendo a disposizione il… corpo del reato, cioè la decisione politica esplicita vera e propria, al di fuori della priorità evidente di conquistare le menti e i cuori di tutti coloro che riceveranno il vaccino per regale concessione di Mosca e Pechino, con ricadute positive per loro che vanno ben oltre la mera protezione politico-militare tradizionale.

Nell’ambito delle analisi attuali di geopolitica vaccinale c’è il fondato sospetto che, tanto per esemplificare, nel caso russo non ci siano le condizioni logistiche, tecnologiche e produttive per assicurare la distribuzione rapida del vaccino nazionale ai propri concittadini, venendo molto più comodo acquisire una statistica di prim'ordine, grazie a veri e propri trial su centinaia di milioni di soggetti vaccinati al di fuori dei confini nazionali della Russia stessa.

Ma i furbetti d’Europa, che hanno fatto i parsimoniosi e gli sprovveduti sottoscrivendo contratti capestro con Big Pharma, senza aver investito strategicamente le stesse risorse di Trump per finanziare con miliardi di euro la ricerca europea ai fini dello sviluppo di uno o più vaccini continentali, potrebbero inciampare in altri clamorosi incidenti, volendo accelerare la riconversione urgente o la costruzione ex novo di impianti farmaceutici, per la produzione di vaccini su licenza. Infatti, in mancanza di un controllo molto rigoroso sull’uniformità del prodotto vaccinale nei vari siti di produzione, si rischia nell’urgenza (come sta accadendo) di avere lotti fallati che potrebbero provocare gravi danni alla salute dei cittadini europei. Idem se, come pare si intenda fare, si delegasse l’India a produrre miliardi di dosi che mancano a noi e al resto del mondo per una sufficiente vaccinazione di massa. Insomma, si salvi chi può, come al solito… ma sempre molto meglio vaccinarsi, che correre il rischio di ammalarsi!

Aggiornato il 17 marzo 2021 alle ore 11:14