Chi di scienza ferisce, il sapere e la politica

Che cos’è l’Alchimia della Politica? Una miscela impura di saperi, o Il Sapere? I riti instaurati dalla pandemia da Coronavirus hanno riportato alla luce il reperto archeologico della Responsabilità del Potere, chiamato a rispondere alla seguente domanda: “Chi deve gestire oggi i cicli di aperto-chiuso nel circuito linfatico dei flussi nazionali (movimentazione di persone, beni e servizi) del sistema-Paese?”. I tecnici (virologi, scienziati, grandi luminari), o i politici digiuni dalla tecnica? Più esplicitamente: la Politica è sovrana a ogni cosa, essendo Timoniere e Nave al contempo? Sembra una questione banale, ma non lo è. Il prototipo pandemico è un modello perfetto per definire la questione dal punto di vista pratico.

Risolvendo in premessa, però, la seguente questione a monte: “È compatibile una gestione sanitaria regionalizzata con una emergenza epidemica internazionale?”. Certo che no, come anche la Costituzione italiana del 1948, seppur datata, sembrava aver compreso appieno. Tant’è vero che il Governo Conte-bis e, poi, oggi il Draghi-I hanno nominato commissari straordinari per la gestione logistica e gli acquisti centralizzati di presidi strategici e dei vaccini, senza per questo affrancarsi dalle gestioni regionali per la relativa somministrazione e la conservazione dei prodotti. In questo folle decentramento è venuto, poi, del tutto a mancare un applicativo (App) unico nazionale, efficiente e altamente ottimizzato, per la compilazione delle liste dei vaccinandi e per il loro smistamento cronologico nei vari centri vaccinali, sulla base di rigorosi criteri di precedenza elaborati dall’autorità centrale.

L’Italia, in tal senso, sta pagando a caro prezzo la mancata attuazione del Titolo V della Costituzione (così come modificato nel 2001) per quanto riguarda la standardizzazione e l’ottimizzazione dei servizi sanitari regionali, con particolare riferimento alla medicina del territorio, ai presidi ospedalieri e all’acquisto di beni e servizi sanitari in base a prezzi e costi uniformi individuati a livello nazionale. La vera stranezza, in una Nazione ad altissima litigiosità tra Regioni e Stato, che con i relativi contenziosi ha congestionato (fin quasi a paralizzarla!) la Corte Costituzionale, è dovuta al fatto che nessuno, nel tempo, abbia mai sollevato una vera e propria eccezione di costituzionalità fondata sulla banale constatazione della necessità salvavita del così detto “turismo sanitario”. Fenomeno quest’ultimo che riguarda interi ceti meridionali penalizzati da una sanità locale disastrata i quali, dovendosi curare da patologie gravi e gravissime, sono costretti a emigrare temporaneamente al Nord per essere assistiti nelle locali strutture ospedaliere, meglio attrezzate e specializzate. C’è da chiedersi, infatti, che cosa ci sia di più eclatante di una simile disparità di condizioni per appellarsi alla violazione del diritto alla salute costituzionalmente garantito, al fine di ri-centralizzare la programmazione (dinamica e modulare) dei presidi sanitari sul territorio e ritornare al concorso unico nazionale, per il reclutamento di medici e personale infermieristico!

In quest’ultimo caso, infatti, sarebbe poi una Authority nazionale indipendente a procedere al matching (in base al merito, determinato dalla posizione nelle relative graduatorie aperte!) tra operatori e posti disponibili, azzerando così le infinite pratiche di intermediazione clientelare e partitica! Questo, per quanto riguarda la premessa. Passando ora al punto centrale, esemplificato dai poteri del Cts (Comitato tecnico scientifico) e da quelli del Governo, resta da capire se tra gli uni e gli altri sia possibile fissare delle soglie invalicabili, nel senso di imporre a priori chiari limiti all’espressione pubblica delle determinazioni del primo, per quanto riguarda il rischio di contagio e il monitoraggio pandemico (anche di tipo predittivo, quello cioè che crea, in genere, maggiore allarme sociale). Ovvero: qualora la scienza e i suoi esperti (epidemiologi, virologi, infettivologi, fisici e matematici) si dichiarino apertamente per un lockdown nazionale, il Governo deve o no adeguarsi? E, se non lo fa motivandone comunque la scelta, deve assumersi la responsabilità morale dell’eventuale saturazione delle terapie intensive, della congestione dei reparti ospedalieri e del sensibile aumento delle vittime? Avrebbe, in ogni caso, l’autorità morale per adottare una simile decisione? A monte, di nuovo, si profila tuttavia una questione di metodo che si può sintetizzare nel seguente interrogativo: “Chi, e come sceglie i componenti del Cts?”.

Ancora una volta, è il serpente della Politica a mordersi la coda. Malgrado sia Internet il mito dell’era contemporanea, le classi dirigenti politico-amministrative di questo Paese agiscono con la mente organizzativa rivolta indietro, alle metodiche del secolo scorso. Esiste infatti un’alternativa a questa obsoleta forma di responsabilità-decisione che si chiama Rete. Invece di individuare il dominus tecnocratico in un Comitato scientifico ristretto, sarebbe sufficiente stabilire un network nazionale per la messa a fattor comune, attraverso efficienti applicativi già elaborati dalla Silicon Valley, di tutte le informazioni provenienti dai presidi ospedalieri territoriali in materia Covid (numeri di ricoveri e di occupazione delle terapie intensive; patologie degli assistiti, loro età, residenza, tasso di infettività; sequenze genomiche evidenziate), disseminandole sull’intero territorio nazionale attraverso i nodi del network, quali Istituti, Università e centri di ricerca, per fare poi una sintesi unica, in tempo possibilmente reale, dei vari livelli di osservazione in modo di avere la migliore approssimazione possibile del quadro epidemico in atto e dei suoi trend.

La Politica potrebbe così prendere le mosse da questo punto (statistico!) di caduta, che condensa in un unico parametro (allarme alto/medio/basso) il presupposto della decisione politica. Si parte, cioè, dalla responsabilità tecnica condivisa mediamente dall’intera comunità scientifica nazionale (coinvolgendo, preferibilmente in questa prassi anche le altre Autorità sanitarie internazionali), per offrire al cittadino, che ne dovrà sopportare oneri e sacrifici, le più ampie garanzie della susseguente decisione governativa. La Politica, cioè, esaurita la fase della responsabilità dei Tecnici, deve decidere l’aspetto più importante di tutti: come garantire la sopravvivenza socio-economica minimizzando i danni per la salute e per la sicurezza dei suoi amministrati. Niente e tutto, insomma.   

Aggiornato il 10 marzo 2021 alle ore 11:08