
La politica socio-liberale è quella famiglia di correnti che – nella sua eterogeneità – è in grado di esprimere, tanto nel centro puro quanto nelle sfumature soft di destra e di sinistra, l’amore per le libertà civili unitamente alle esigenze sociali. La politica socio-liberale è quella dimensione dialogica e pragmatica che ha la vocazione di guardare alle povertà reali, ai lavoratori con minori mezzi, ai disoccupati, con l’acume del buon imprenditore ed al contempo con il garantismo istituzionale di uno Stato, arbitro e non iper-interventista. Una vocazione complicata in sé, necessaria per tutti.
Seguendo la lezione di Einaudi, e per dirla in maniera più problematica data la storia che nel frattempo si è vissuta politicamente dalla morte dell’illustre presidente, non potremmo dirci liberali senza dirci, co-essenzialmente, anche liberisti. Ora, se per liberismo distinto dal liberalismo intendiamo un qualcosa di estraneo alla socialità dei bisogni di tutte e tutti, il giuoco non regge, nel volto funzionalmente sociale del nostro ordinamento costituzionale post-contemporaneo. Questi sembrano passaggi complicati, ma sono semplicemente complessi. Se per liberisti, necessariamente liberali, si intende un qualcosa che si possa associare ad un diverso modo di fotografare, analizzare e far sviluppare le dinamiche socio-economiche del nostro vivere, anche il liberista intellettualmente onesto e testimone attivo del proprio tempo come Einaudi può essere un socio-liberista; oltre che socio-liberale. Visto dall’oggi, da noi posteri alla ricerca del buon vivere in quest’ulteriore sopravvivere, Einaudi appare spinto da intenti sociali e non meramente egoistici. Einaudi risulta così molto più attento al dramma sociale, rispetto a vari altri sbandieratori di diritti sociali odierni, che poi al chiuso dei gabinetti compiono considerazioni e scelte autoreferenziali di politica ad partitum.
In effetti le libertà civili, se su un piano statico-astratto possono anche esser considerate isolatamente e distintamente rispetto alle libertà economiche, su un piano pratico-realistico nonché dinamico non possono essere sganciate dall’economicità, e dalle incidenze sulla produttività, nella vita di ciascuno; anche nella vita di coloro che non “fanno economia” come lavoro. Tutto è interconnesso, e il Covid ce lo ha sottolineato più volte negli scorsi dodici mesi, e ce lo sta insegnando tragicamente ancora, in questi giorni. La pandemia da Covid-19 infatti ci ha dimostrato plasticamente, e tragicamente, come in questa fase capitalistica global new age ancor di meno possiamo scindere i drammi economici da quelli civili e civici, e viceversa. D’altronde, ce lo ribadivano gli stessi engelo-marxiani, seppur poi i marxisti tendono verso altre spiagge e altri soli nell’avvenire dialettico delle necessità storiche.
Da liberali, facendo un passo indietro e sempre innamorati delle pari opportunità di crescita per tutti, non possiamo dare torto al maestro Luigi Einaudi, oggi più di ieri. Questi ci aveva giustamente avvertito sui rischi di una scissione politico-identitaria tra le libertà della dimensione civile da quelle della realtà tipicamente economica-impresaria. La stessa politica ri-codificatrice del diritto, nel 1942, ci ha consegnato in Italia un codice civile che includeva la parte commercialistica e produttivistica. Prima invece vigevano, separatamente, il codice civile e il codice del commercio. Piccole coincidenze? Sicuramente indicative di una considerazione olistica del sistema giuridico, che sarebbe andato a regolare una realtà socio-economica da non disciplinare mai a compartimenti stagni.
Libertà civili ed economiche sono interconnesse, così, nell’onestà intellettuale di Einaudi, per il quale appunto ciascuna forma di libertà emerge solo in presenza delle altre. Ce lo siamo ricordati nei periodi tardo-estivi del 2020 in cui le libertà civili, sub specie di libertà economiche dei commercianti ambulanti dopo le riaperture, erano state di fatto amministrativamente sospese per le incapacità di varie giunte comunali di conciliare l’apertura sanitariamente vigilata delle aree mercatali con la riapertura delle scuole, site nei pressi delle aree mercatali medesime.
Così pure le civilissime libertà di movimento e di consumo all’interno dei locali, negli stessi Comuni o tra un Comune e un altro, o tra una regione e un’altra o tra uno Stato e un altro, sono libertà direttamente incidenti sulle economicissime libertà aziendali dei locali chiusi. Le necessitate chiusure dei locali hanno riversato le proprie conseguenze sulle libertà personali degli individui nella loro aspirazione alla socialità, davanti ad un cocktail o all’interno di un teatro, di una sala-congressi o di una piscina. Stando così le cose, il tutto ritorna: libertà liberali e libertà liberiste sono unite nella considerazione pragmatica della socialità. Il realismo ideologico si fa necessità vivente nella realtà, oltre le simpatie delle filosofie teoretiche.
Einaudi, cosciente in prima persona di come fare impresa volesse concretamente dire occuparsi del lavoro, della famiglia, della vita e dell’umore di altre persone, rappresenta uno dei padri del nostro Stato così come ci è stato consegnato nella sua parte più autorevole e mai autoritaria. L’ideale per cui edificare e colorare la propria vita di politicità, libertà e socialità è l’elevazione umana. L’intenzione di Einaudi, in questo senso, era la massima elevazione umana, in un’ottica mai di basso livello che tendeva a massimizzare i risultati senza eterei utopismi, e senza gassose galassie ideologicentriche. Con Einaudi l’individualismo diveniva socio-individualità: un individualismo incapace di far bastare ciascun ego a se stesso, un individualismo quindi colorato di socialità, con metodi liberal-liberisti. Marco Pannella poi avrebbe aggiunto, con tutt’altro stile, i metodi radicali libertari.
La massima elevazione umana è ben chiara come obiettivo e aspirazione comune in Luigi Einaudi, tanto da fargli scrivere quanto segue: “Il liberismo non è né punto né poco “un principio economico”, non è qualcosa che si contrappongo al liberalismo etico; è una “soluzione concreta” che talvolta e, diciamo pure, abbastanza sovente, gli economisti danno al problema, ad essi affidato, di cercare con l’osservazione e il ragionamento quale sia la via più adatta, lo strumento più perfetto per raggiungere quel fine o quei fini, materiali o spirituali che il politico o il filosofo, od il politico guidato da una certa filosofia della vita ha graduato per ordine di importanza subordinandoli tutti al raggiungimento della massima elevazione umana” (Luigi Einaudi, “Il buongoverno Saggi di economia e politica (1897-1954)”, Laterza).
Nella sua socialità liberal-liberista, quell’illustre Luigi aveva elaborato il paradigma della garanzia della persona umana contro l’onnipotenza statalista, da un lato, e contro la prepotenza dei privati, dall’altro. Una stessa garanzia, sociale e liberale, per due rischi autoritari, in un terreno libero-mercatorio di opportunità anti-trustizzate ed anti-trustizzanti. Stella polare della politicità nel vivere associato è la persona, umana. Speriamo che questa linea di pensiero-in-azione possa ispirare il Governo italiano guidato da Draghi.
Aggiornato il 25 febbraio 2021 alle ore 10:14