
Si è completata la conta dei voti che ha dato il via ufficiale al governo di Mario Draghi. La fiducia è assicurata e molto ampia, pur con il fenomeno nuovo della fronda all’interno del Movimento 5 Stelle, con l’uscita di alcuni parlamentari e senatori, guidati da Nicola Morra e Barbara Lezzi, in disaccordo con la linea dettata dal mastro pifferaio, Beppe Grillo. Una fronda che spaccherà un Movimento oramai snaturato e che costerà, salvo sorprese, l’espulsione dei dissidenti.
Il presidente Draghi ha richiamato, nel suo discorso per la richiesta di fiducia al Senato ed alla Camera, i tempi della ricostruzione post-bellica, dal 1946 al 1948, un momento drammatico che trovò la forza di unire la politica, con un solo scopo: risollevare l’Italia, pesantemente piegata dalla guerra. Purtroppo, la realtà odierna è ben diversa d’allora, una pandemia è una cosa diversa da una realtà post-bellica, perché il virus toglie la libertà o per lo meno così è stato in Italia. Alcide De Gasperi e Palmiro Togliatti fecero in modo che tutto il mondo si muovesse per ricostruire, oggi al contrario – grazie alle scelte del Governo precedente – tutto è bloccato. Se questa situazione non viene risolta dal nuovo Governo, al virus si aggiungerà la distruzione della nostra economia.
Mi rimane un forte dubbio sulla capacità di questo Governo di poter riuscire nel proprio intento di ricostruzione, avendo al proprio interno degli ex ministri che sono stati causa della caduta del precedente esecutivo. La presidente di Fratelli d’Italia, l’onorevole Giorgia Meloni, dai banchi dell’opposizione ha chiaramente fatto i nomi di questi personaggi che tutt’Italia non pensava di risentire. Credo che il presidente Draghi abbia dovuto davvero ingoiare un boccone amaro nell’ascoltare la dura requisitoria. Ed è proprio la presenza del passato nel nuovo, con persone che si sono dimostrate inadeguate ed incompetenti nei propri ministeri, la problematica che segna pesantemente la vita futura di questo Governo. Le parole e i piani devono essere seguiti dai fatti, da azioni conseguenti. Se questo non accadesse, com’è successo con il Conte bis, ci ritroveremo di nuovo in un pantano, con la situazione che si è ulteriormente incancrenita.
Draghi che ha citato Papa Francesco nel suo discorso, nel formare il suo Governo si è dimenticato di una saggezza pluri-secolare e che viene ripresa in un passo celeberrimo dei Vangeli, quello che in Luca 5,37-38 dice: “E nessuno mette vino nuovo in otri vecchi; altrimenti il vino nuovo spacca gli otri, si versa fuori e gli otri vanno perduti. Il vino nuovo bisogna metterlo in otri nuovi.” Probabilmente, il presidente ha mancato della necessaria capacità di far valere le proprie idee e la propria investitura, dimostrandosi debole nei confronti dei partiti politici. Ha preferito fare un bel polpettone di vecchio e di nuovo, che poi nuovo non è neanche tanto se penso agli ex ministri di Forza Italia, per poter registrare una maggioranza schiacciante. Ma le maggioranze, pian piano, si sciolgono soprattutto se le idee si scontrano con le vecchie posizioni. Professore, se avesse ascoltato il detto evangelico, avrebbe dovuto presentarsi all’Italia con un Governo tutto nuovo. E sicuramente l’Italia tutta avrebbe gradito di più.
Aggiornato il 19 febbraio 2021 alle ore 12:37