Intanto si parte, poi si vede

Mettiamo subito le carte sul tavolo: la battaglia politica viaggia su binari paralleli rispetto alle cose che il Governo Draghi dovrà fare. Da una parte ci sarà chi si assumerà l’onere di portare avanti le vaccinazioni, il Recovery plan e la normalizzazione dei parametri vitali italiani e dall’altra ci sarà chi si preparerà ad affrontare le battaglie politiche future relative al Quirinale prima e alle prossime elezioni poi. In quest’ottica il Governo avrà vita facile perché, sulle sfide fondamentali che dovrà affrontare, esso potrà agire quasi indisturbato se si eccettuano le supercazzole che i partiti imbastiranno per intestarsi questa o quella vittoria.

In altri termini, Mario Draghi sarà la badante dei partiti, colui che si occuperà di cose concrete nel mentre la politica proverà a darsele di santa ragione. Adesso sono tutti collaborativi e interessati al nascituro governo. C’è da scommettere che, quando esso partirà, potrà prendere il largo senza eccessivi incidenti di percorso perché la politica sarà impegnata a mostrare agli italiani chi è veramente determinante per la tenuta della nuova maggioranza trasversale. Una battaglia sterile e senza conseguenze vere.

Vista in quest’ottica l’attuale centrosinistra è in grossissime difficoltà mentre il centrodestra può muoversi come fosse in un ventre di vacca. Matteo Salvini e Silvio Berlusconi hanno fatto scacco matto il giorno in cui hanno deciso a sorpresa di entrare nel Governo. E non è detto che l’Aventino di Giorgia Meloni non sia parte di una strategia comune del centrodestra in un’ottica di coalizione “di lotta e di governo”. E se – ovviamente su singoli argomenti – dovesse essere di questa partita anche il figlio segreto di Silvio Berlusconi (alias Matteo Renzi), beh prevediamo tempi difficili per i giallorossi perché non toccheranno palla.

All’osservatore superficiale non sfuggirà certo che l’esperienza “domopentastar” guidata da Giuseppe Conte non sia stata un successo. Parimenti, non sfuggirà che essa sia finita anche peggio e che Nicola Zingaretti, Beppe Grillo e soci abbiano subìto Matteo Renzi, abbiano subìto la frustrazione di non trovare i cosiddetti “costruttori”, abbiano subìto il nome di Mario Draghi e abbiano subìto l’ingresso di forze politiche sgradite nella maggioranza. E così, dopo il “mai con i Cinquestelle” di Nicola Zingaretti e il “mai con il partito di Bibbiano” di Luigi Di Maio, nessuno si sarebbe aspettato per i giallorossi la frustrante onta di travalicare il muro di ciò che è riconosciuto come accettabile per i rispettivi elettori.

Zingaretti, pur di rimanere abbarbicato al Governo, non ha fatto nulla per spiegare il superamento della preclusione ideologica contro la Lega. Matteo Salvini invece l’ha camaleonticamente buttata sul momento storico che impone di superare le divisioni nel nome del bene comune, fingendo di accettare l’agenda capestro imposta dal centrosinistra al solo scopo di fargli saltare i nervi ricacciandolo all’opposizione.

Il leader del Partito Democratico avrebbe potuto fare il nobile gesto di lasciare la maggioranza per incompatibilità ideologica con la Lega, ma non lo ha fatto. Ciò perché avrebbe dovuto spiegare alla sua base che era in maggioranza fino a un attimo prima e che si è lasciato sfuggire il Governo pensando di poter fare a braccio di ferro con Renzi che invece gli ha fatto fare la figura del pollo. In alternativa avrebbe potuto evocare l’unità nazionale ma la campagna d’odio nei confronti della Lega è stata troppo feroce in tutti questi anni. Esemplificativi sono i meme diffusi in rete in questi anni per spiegare il preconcetto peloso contro la Lega: “ha stato Salveeeneee”, i quarantanovemiliuuuoni”, “il fascista verde che incita all’odio”, “la politica del Papeete”. Una “narrativa barzelletta” impossibile da cancellare adesso.

Sui Cinque Stelle ha detto tutto Alessandro Di Battista: non se l’è sentita di rimanere in un Movimento nato contro i banchieri e contro Silvio Berlusconi per poi ritrovarsi nel governo di Mario Draghi e con Forza Italia. Il “Dibba” ha dimostrato di essere – al pari dei suoi ex colleghi di partito – uno scappato di casa ma con il senso del pudore, diverso in questo sia da Beppe Grillo in totale delirio (ormai crede di essere Napoleone) sia da gente come Di Maio che accetta tutto perché “tiene famiglia”.

Tra poche ore ci sarà la foto istituzionale: esponenti di Forza Italia siederanno gomito a gomito con i grillini mentre esponenti del Partito Democratico siederanno accanto a quelli della Lega: il centrodestra, dato per spacciato, sarà al Governo. Per i gialloverdi sarà solo imbarazzo.

 

Aggiornato il 13 febbraio 2021 alle ore 11:00