La magia di Mario Draghi e la speranza

Alla fine Mario Draghi è arrivato. Secondo il collega Dimitri Buffa “un governo Draghi sarebbe pronto dal 2019” e mi piace ricordare ai lettori che tra i primissimi ad indicare l’ex presidente della Bce (Banca centrale europea), l’ex direttore della Banca d’Italia e l’ex ministro del ministero del Tesoro, è stato proprio il nostro giornale, L’Opinione. Eravamo all’inizio della pandemia e parecchi a leggere il nome di Mario Draghi storsero la bocca, ma con dovizie di particolari fu spiegato perché l’opzione di un economista di alto profilo era una scelta giusta. Tuttavia, per quanto opportuna e ragionevole, questa soluzione non si è realizzata fino a quando non ha preso in mano la crisi il capo dello Stato, Sergio Mattarella.

Quanto tempo perso! E quanti malumori, figuracce, tiri al bersaglio, accanimenti, una informazione da wrestling, due governi di Giuseppe Conte all’aria nell’incalzare della destra, in piena crisi sanitaria, lockdown, coprifuoco, economia a picco e, purtroppo, file di bare. Uno scadimento della politica giunto al mercato delle vacche, non più solo al souk dei voti e delle poltrone. Non so quanti articoli io stessa ho scritto con titoli inequivocabili sull’unità nazionale, su un governo di emergenza, su un esecutivo per i vaccini e la sicurezza. Addirittura – come è nel mio carattere – ho fatto un pezzo che iniziava così: “Emergenza giovani profondo rosso, presidente Mattarella”. E nel titolo evocavo nettamente che stava arrivando al Quirinale “il cimitero bianco dei giovani”. All’interno riportavo l’appello drammatico del responsabile di Neuropsichiatria dell’Infanzia e dell’Adolescenza dell’ospedale Pediatrico Bambini Gesù di Roma, Stefano Vicari, il quale aveva documentato che i tentativi di suicidio e autolesionismo giovanile sono aumentati del 30 per cento. “Nel 90 per cento sono giovani tra i 12 e i 18 anni che hanno cercato di togliersi la vita – ha spiegato il professore – ho avuto per settimane tutti i posti letto occupati da tentativi di suicidio, e non mi era mai capitato”. Ho segnalato il dramma pensando che, forse, dalla parte politica non si riusciva a mettere in salvo il Paese, ma di fronte a un’emergenza tale si sarebbe corso ai ripari.

Di un “governo di unità” hanno parlato tanti, sia chiaro. Barbara Palombelli, al timone del salotto politico di Italia Sera, su Rete 4, ha più volte ripetuto: “Parliamo qui di unità da un anno ormai”. Altri lo hanno definito di larghe intese, in tutti i modi, fino a che siamo arrivati alla “responsabilità”. Apriti cielo! Si è scatenato il putiferio: parlare di responsabilità ai partiti? Una guerra. Fino a che, per quel filo di coscienza che ancora resta, Matteo Renzi, superstite della scuola democristiana per cui “si vince al centro”, ha fatto saltare il tavolo. Citando proprio i giovani e richiamando alla responsabilità per il loro futuro. Quella fascia distrutta, delusa, privata di tutto, presa in giro, che pur canta dai balconi ancora l’inno d’Italia, i nostri ragazzi, italiani, di sinistra, di destra, verdi, stranieri. Matteo Renzi ha ritirato le sue ministre, ha rinunciato alle poltrone, ha posto problemi seri e concreti al premier Giuseppe Conte, al governo, a tutti. Però ancora niente unità. Anzi, di fronte al bivio, da Fratelli d’Italia sono venuti i più ostinati e scanditi “mai”, con Matteo Salvini in bilico a fiutare l’aria e Silvio Berlusconi l’unico ad appoggiare concretamente Renzi. La destra insiste che si deve andare alle urne usando una montagna di bugie. Perché sarebbe un’assurdità impossibile, come ha spiegato il presidente Sergio Mattarella con pacatezza e fermezza.

Ma niente da fare. La macchina si è messa in moto: attacchi, accuse, clima da Vietnam, soprattutto quel malcostume del pettegolezzo e del dileggio messo in giro su Internet, che io non riesco a digerire. Proprio per questo ho scritto che ci vuole un governo di unione. Non solo per la pandemia, per la crisi, per l’economia, per il Recovery e tutte le altre gravità. Per cercare di porre fine al massacro degli opposti estremisti, oggi senza ideali, senza contenuti, col bue che dice cornuto all’asino. Un teatrino che ricade sul Paese, provocando uno sfasciume insopportabile. Così almeno lo ha definito uno dei manager di punta, probabilmente stufo come tanti altri. Mi sono documentata e ho trovato che è una definizione di Giustino Fortunato del 1904, che piaceva a Giorgio Bocca e a Indro Montanelli. Ci ho costruito un articolo, anzi due, dicendo la soluzione c’è: via dallo sfasciume. Manco avessi scritto “apriti Sesamo”. In ventiquattro ore è arrivato Mario Draghi. Mi piace pensarla così. Ora se Draghi si rivelerà Super Mario staremo a vedere vigilando e proponendo, ma una cosa è certa: è tornata la speranza riguardo a ciò che intendeva il meridionalista Giustino Fortunato per “sfasciume pendulo in frana totale”. Lui alludendo alla situazione idrogeologica catastrofica della Calabria, noi alla condizione italiana.

Aggiornato il 05 febbraio 2021 alle ore 13:21