Solo lui vale metà dell’opera, forse più

Pensate voi quanto sia speciale Mario Draghi, da solo vale più della metà della salita che l’Italia dovrà fare per tornare a galla. Il resto spetterà all’aiuto e al clima che gli sapranno dare i politici in Parlamento, quando inizierà a governare. Perché sia chiaro: il Governo Draghi, nei fatti, c’è già. Insomma, l’interrogativo non è sulla partenza dell’esecutivo di Super Mario ma su chi alla fine lo sosterrà convintamente, visto che per il momento il quadro è di scontro e divisioni, dubbi e astensioni, contrarietà e rischio di scissioni. Sia come sia, Mario Draghi guiderà il prossimo Governo e aggiungiamo meno male, meglio tardi che mai, visto che in questi giorni ci siamo sgolati per dire quanto sia stato grave aspettare così tanto per coinvolgerlo, sapendo bene che disastro avrebbero combinato i giallorossi al Governo.

Insomma, torniamo sempre al nodo del 2019 dove tutto andava fatto meno che il Governo dell’incoscienza, dell’incapacità e dell’ipocrisia. È da quello sbaglio che è iniziato il precipizio dove ci ritroviamo, ecco perché non smetteremo di dire che la via maestra è sempre il voto o, in subordine, una scelta seria e non esiziale. Del resto, a proposito di questo pensate voi come saremmo stati oggi se fosse stato Draghi premier dal 2019. Oppure, se in alternativa, avessimo votato e avuto un Governo di qualunque colore ma coeso, con un programma chiaro, una coalizione preparata ex ante, armonica e coordinata, con una strategia studiata e sottoposta al giudizio popolare. Siamo sicuri che sia in un caso, che nell’altro, saremmo stati molto meglio di come stiamo per via della incapacità e della scriteriatezza giallorossa. Ecco perché rimaniamo dell’idea che tutto questo si sarebbe potuto evitare senza dover arrivare a chiamare Draghi per disperazione, perché di questo si tratta. Va da sé, infatti, che per come ci hanno ridotti gli eredi di quel “criminale” di Palmiro Togliatti, i cattocomunisti e soprattutto la iattura dei grillini, definirci devastati e disperati è il minimo sindacale. E adesso solo Draghi ci potrà salvare, perché se poco-poco anche lui fallisse, i mercati ci sbranerebbero come iene. Dunque, chiunque volesse giocare al tanto peggio tanto meglio, sappia che sarebbe solo autolesionismo e masochismo folle. Anche perché oramai il dado è tratto e far cadere Draghi, come è stato fatto per Giuseppe Conte, sarebbe una catastrofe senza ritorno, economica e sociale.

Dopodiché, molto difficilmente sarà così, perché Draghi non è per niente uomo d’avventura. Dunque, per lui accettare la sfida ha significato certamente un patto chiaro ampio e preventivo per il sostegno al suo Governo. Anzi, a dirla tutta, per noi Draghi passerà direttamente da Palazzo Chigi al Quirinale. E le elezioni politiche si faranno nel 2022 anziché nel 2023, dopodiché vedremo. Certo, almeno in partenza l’ex presidente della Banca centrale europea si ritroverà un clima incandescente, perché per molti quello di Matteo Renzi è stato un tradimento, nei Cinque Stelle si è scatenato il fuoco incrociato e nel centrodestra sono venute a galla le divisioni che, sotto-sotto, ci sono sempre state tra Forza Italia e gli altri. Ma visto che senza questa minestra resta solo il volo dalla finestra, alla fine si procederà. Perfino i grillini ingoieranno di tutto pur di resistere, pensate a chi siamo stati in mano: avevano giurato di non contaminarsi, di aprire il Parlamento come una scatoletta di tonno, di non stare mai al fianco di Forza Italia, che dopo Conte non avrebbero sostenuto nessun altro, avevano sparato a zero su Draghi alla Bce, avevano insultato i partiti dell’inciucio, offeso a morte Renzi. Ma alla fine rinnegheranno tutto, che buffonata che pagliacciata.

Pensate da chi siamo stati governati, pensate voi che Conte dietro il banchetto all’aperto come fosse un ambulante, perché non sa più come attrarre l’attenzione, ha dichiarato di volere un Governo di politici. E lui? Insomma, un premier che non sappia che un politico diventa veramente tale solo se passa dal giudizio elettorale è da mettersi le mani nei capelli, e infatti ce le siamo messe. Eccome se ci siamo messi le mani nei capelli, con uno come Conte che ancora non ha capito di essere un tecnico. Perché si può stare a Palazzo Chigi e perfino al Colle volendo, ma se non si passa dalle urne, dal vaglio popolare, dalla campagna elettorale, non si è mai politici per davvero. Del Partito Democratico poi non ne parliamo, sono due anni che Nicola Zingaretti ripete a pappagallo di una nuova fase che si apre, di un nuovo slancio alla politica, di una parola sola, di superare un momento critico. Come se il Pd fosse stato su Marte, incredibile ma vero: il grande Ennio Flaiano direbbe l’insuccesso gli ha dato alla testa. Ma in fondo si sa, l’Italia è anche quella dove tra il 1500 e il 1600 durante le lotte fra la corona di Francia e di Spagna per il dominio delle nostre terre e dei nostri Comuni, si gridava a viva voce “con la Franza o con la Spagna, purché se magna”. Auguri sinceri di buon lavoro a Mario Draghi: evviva l’Italia libera, sovrana, repubblicana, democratica, laica, solidale, pluralista. Evviva l’Italia antifascista e anticomunista.

Aggiornato il 05 febbraio 2021 alle ore 10:00