Mario Draghi: via d’uscita giusta, tardiva e difficile

Su Mario Draghi, figuriamoci, nulla quaestio, l’abbiamo invocato a settembre 2019 come unica alternativa al voto. L’abbiamo invocato qualche mese fa quando Matteo Renzi ha iniziato le sbruffonate. Insomma, l’abbiamo invocato ripetutamente e convintamente come sola via d’uscita al posto delle urne. L’abbiamo fatto perché siamo convinti che “Super Mario” sia l’unico in grado di affrontare alla pari, l’asse franco-tedesco, gli sponsor della Cina, Bilderberg e via dicendo. Per farla breve, il solo uomo, e chi vuole intendere intenda, che “sussurrava ai cavalli”, capace dunque di farsi sentire e soprattutto rispettare. Eppure, anche per il super-tecnico in assoluto esistono tempi e condizioni, clima e habitat, atmosfera e circostanze. Insomma, a dispetto dei santi anche per Draghi il paradiso può aspettare, ecco perché abbiamo scritto di una strada giusta ma tardiva e difficile. In politica i tempi sono tutto.

Andiamo per gradi. Dal discorso di Sergio Mattarella, lo diciamo a titolo di semplice commento politico, si è capito che esiste un veto forte per le urne. Del resto, si è votato e si voterà ovunque nel mondo e in piena pandemia senza problemi. Dunque, non si capisce perché solo in Italia il virus dovrebbe scatenarsi davanti alle cabine elettorali. Si è capito anche di essere arrivati all’ultima spiaggia e bisognava evitarlo, visto che era chiaro che la strada fosse quella. Era ovvio che i giallorossi avrebbero portato l’Italia allo sprofondo, era scontato che sarebbe mancata quella armonia e sintonia alla quale i padri costituenti si sono richiamati nella Carta, perché non sempre è solo questione di numeri e si vede. Si è capito che la condizione indispensabile ad un Governo di alto profilo, perché possa agire, sia la condivisione e la solidarietà più ampia. Elementi assolutamente assenti nei gialloverdi e nei giallorossi, con l’aggravante che il profilo del Conte bis è stato da bonsai, così tanto da ridurci al lumicino e portarci, a forza di errori, sulla soglia dell’inferno. Per farla breve, siamo arrivati allo sfascio perché era ovvio che ci arrivassimo. Quello che è successo non è una variabile imprevista ma una condizione conseguente. Ecco perché Mario Draghi andava chiamato ben prima, quando il clima, la situazione, lo stato dell’arte del Paese era meno grave. Ed ecco il motivo per cui noi l’abbiamo invocato già nel settembre 2019 in alternativa alle urne, che sarebbero state necessarie. Perché sia chiaro: anche adesso le urne sarebbero la svolta regina per il Paese e la democrazia, per voltare pagina e lasciare che siano i cittadini a scegliere anziché subire. Perché il problema enorme è proprio questo: il bisogno popolare di un Governo voluto e non patito. Dunque anche per Mario Draghi, forse, è troppo tardi e ci spieghiamo.

Il capo dello Stato, giustamente, raccomanda responsabilità e coesione, ma la responsabilità e la coesione si creano in un clima adatto, fra parlamentari attenti al bene collettivo, che sappiano rispettare il patto con gli elettori, che mantengano la parola data. Tutte condizioni naufragate e in questi giorni poi non ne parliamo: basterebbe pensare a cosa abbiamo assistito in Parlamento e dietro le quinte. E allora chiediamo in questa atmosfera chi sosterrà Mario Draghi – e con quale convinzione e coesione – per farlo lavorare al meglio, in un momento drammatico? Perché i grillini, che sono la vera rovina del paese non lo vogliono, Liberi e Uguali storce il naso, la Lega pure, anche se Giancarlo Giorgetti tifa super Draghi. E poi Fratelli d’Italia non è favorevole. Insomma, restano Matteo Renzi, il Partito Democratico, qualche leghista e l’immancabile truppa di Forza Italia più i cespugli. Parliamo, comunque, di una maggioranza risicata, male assortita, che non si ama. Anzi il contrario, perché oramai tra il Pd e Renzi è odio e guerra, come sarà spaccatura dentro il centrodestra, perché c’è chi preferisce il voto. Come sarà redde rationem nei grillini dopo la caduta di Giuseppe Conte. Il clima in Parlamento sarà infame, altro che coeso e solidale, come servirebbe al Paese e a Draghi.

Oltretutto “Super Mario” per rimettere in moto la baracca si troverà costretto a scelte giuste ma molto gravi, pesanti, perché i giallorossi hanno distrutto una fortuna. Dunque, come sarà possibile governare in un clima di rancori, ripicche, vendette, acrimonie. Ecco perché secondo noi “Big Ben ha detto stop” come annuncerebbe il grande Enzo Tortora. Ecco perché, con una rabbia infinita, diciamo che anche per Draghi è tardi e che non riuscirà a partire. E se partisse, sarebbe un Vietnam, altro che pace responsabilità e solidarietà. Serviva di chiamarlo prima di arrivare a tanto, perché ora paradossalmente la medicina giusta peggiorerebbe la malattia. Peggiorerebbe perché i giallorossi hanno ferito a morte, oltre che l’economia, l’Italia e gli italiani, la democrazia, la libertà, il sentimento popolare. Hanno colpito i diritti costituzionali, hanno fatto strame delle richieste del popolo, si sono comportati da regime che tratta coi sudditi, roba da matti. I giallorossi hanno infranto ogni patto con gli elettori, giurando una cosa e facendone un’altra, promettendo di stare da una parte e andando dall’altra. Hanno sbeffeggiato una parte dell’Italia e favorito l’altra, sono stati la peggiore iattura della storia più recente. Ecco perché il clima è incandescente. Solo il voto lo può raffreddare e riportare nella sede giusta.

Per questo noi col massimo rispetto per la capacità di Draghi e ancora maggiore alla più alta magistratura di Mattarella, a viva voce e disperati chiediamo il voto. Fateci votare per il bene del Paese, della gente, della democrazia, della libertà, del pluralismo. Per il bene del futuro, dei giovani, del lavoro. Fateci votare e che vinca il migliore. Ma quello delle urne, non quello del comunismo despota razzista e criminale. Evviva la democrazia, la libertà e la Repubblica. Abbasso il fascismo e il comunismo.

Aggiornato il 03 febbraio 2021 alle ore 11:51