La scissione di Livorno del 1921: un evento catastrofico

La nascita del Partito Comunista d’Italia (Pcd’I poi Pci) con la scissione di Livorno del gennaio del 1921, pur tra vaghi accenti critici, è stata ancora una volta presentata come una conseguenza “progressiva” della “spinta propulsiva” della Rivoluzione d’ottobre del 1917 in Russia. È questo un pregiudizio progressista che permane ancora, soprattutto e forse solo in Italia. Sono stati, invece, due eventi catastrofici per l’Europa e l’Italia. La cosiddetta “spinta propulsiva” della Rivoluzione dottobre, infatti, cosa ha prodotto? Al di là della retorica, ha prodotto soprattutto il totalitarismo in Urss. Il che già sarebbe abbastanza. Ma mi chiedo: solo in Urss? Nessuno, infatti, può essere certo che senza lottobre 1917, il fascismo in Italia avrebbe preso il potere. “Fare come in Russia” fu la parola dordine dei socialisti massimalisti italiani nel Primo dopoguerra quando, dopo avere sputato e insolentito sui reduci della Grande guerra, organizzarono il biennio rosso, con lunico effetto di terrorizzare i borghesi e fornire un alibi alle squadre fasciste. La paura dell’ottobre rosso ebbe poi un peso decisivo anche nel successo di Adolf Hitler in Germania nel 1933, come hanno documentato vari storici tedeschi.

Quanto alla scissione di Livorno del 1921 (dove, è tempo di riconoscerlo, Filippo Turati ebbe ragione in pieno su Amadeo Bordiga, Antonio Gramsci e Palmiro Togliatti) fu di importanza fondamentale e molto negativa per la successiva storia italiana. Essa, creando in Italia una sezione dell’Internazionale comunista, legò una parte del movimento operaio e popolare italiano ad una potenza straniera e ai suoi progetti messianici ed egemonici a livello globale. Questa anomalia politica e strategica pesò, poi, soprattutto nel periodo della Guerra fredda, quando il Pci divenne il più forte Partito Comunista in un Paese occidentale della Nato, il quale partito – ed è questo il punto – avrebbe potuto anche andare al governo per via democratica, grazie all’oro di Mosca, destabilizzando l’ordine liberale non solo in Italia, ma anche in Europa e nel mondo. Quella anomalia, durata fino al 1991, sta all’origine di gran parte delle attuali anomalie italiane: perché il “pericolo sovietico” spingeva l’Italia in uno stato di eccezione e di perenne emergenza politico-strategica, che legittimava o comunque rendeva plausibile qualsiasi rimedio preventivo eccezionale. La stessa fame di finanziamenti anche illegali da parte dei partiti democratici di governo – la cosiddetta Tangentopoli – era in qualche modo giustificata dall’esigenza di quei partiti di arginare la concorrenza del Pci che, grazie ai finanziamenti da Mosca, giunse alla fine degli anni Ottanta, ad avere circa 20mila funzionari dipendenti.

Ricordo, infine, che Leonardo Sciascia riferì un giorno, con un certo scandalo, che Giancarlo Pajetta gli aveva detto che “tra la verità e la rivoluzione” egli avrebbe “sempre scelto la rivoluzione”. Cioè, fuor di metafora, avrebbe scelto la verità di Partito (che lo stesso Gramsci divinizzava, non dimentichiamolo). Dalla divinizzazione del moderno principe (il Pcd’I-Pci) a quella del Pcus (Partito Comunista dell’Unione sovietica) il passo fu breve per il noto internazionalismo e per le note contingenze storiche. Così avvenne che molti dirigenti del Pci sapessero bene quale povera cosa fosse in realtà il socialismo reale – e di quali orrori e sangue grondasse – e facessero finta di non sapere. La fede nel socialismo marxista (una vera religione mascherata da anti-religione) e le necessità imposte dalla “chiesa” sovietica e dalla lotta politica quotidiana acquietavano le loro coscienze. Questa fede cieca nell’escatologia comunista, nel presunto “fine nobile” della sbandierata giustizia sociale, giustificava il sacrificio della verità, per molti. Non solo per i dirigenti comunisti, ma anche per vasti gruppi di intellettuali italiani, ai quali il socialismo marxista trasmise soprattutto una passione negativa: l’avversione e l’odio per l’Occidente e per la civiltà liberale e cristiana. Una passione che, oggi, si ritrova nelle varie tendenze culturali e politiche anti-occidentali, tra cui il multiculturalismo ed il politicamente corretto. E si è rivelata a lungo efficace per la sua capacità di distruggere la cultura, le istituzioni e le tradizioni italiane ed occidentali, senza veramente creare alcunché in positivo. Dunque, sia la Rivoluzione dottobre sia la scissione di Livorno, da quella derivata, furono due eventi catastrofici per lEuropa e l’Italia. Sarebbe ora di riconoscerlo senza equivoci.

 

Aggiornato il 22 gennaio 2021 alle ore 10:18