
C’è un tema che sembra dimenticato dalla politica. È quello delle minoranze etniche e linguistiche. Pur avendo una tutela costituzionale, da almeno un decennio non se ne parla più. L’ultimo atto concreto della politica è stata la legge 482 del 1999 che ha dettato norme per la tutela delle minoranze linguistiche storiche. Successivamente si ricorda l’attivismo del sottosegretario triestino all’Interno, Ettore Rosato, che era riuscito a stabilire un rapporto costruttivo permanente con le minoranze presenti sulla penisola, da nord a sud. Ma eravamo al secondo Governo di Romano Prodi e dopo Rosato purtroppo nessuno ha raccolto il testimone. Neppure la Lega, che pur avendo radici territoriali non ha manifestato particolare attenzione al fenomeno delle “piccole patrie” di casa nostra.
Oggi qualcuno arriva a ipotizzare addirittura l’abolizione delle Regioni a statuto speciale. Spiace che si sia persa la memoria storica che condusse alla loro istituzione e spiace anche constatare che qualcuno dimentichi che in taluni casi esse furono il frutto di accordi internazionali, come nel caso del Trentino-Alto Adige. Vero è che la specialità non può e non deve essere lo strumento attraverso il quale le risorse pubbliche vengono dilapidate in assenza di controlli centrali. Che la Regione Siciliana spenda per la sanità quanto l’intera Finlandia, che ha una delle sanità migliori al mondo, fa sorgere molti dubbi sui criteri di spesi adottati. E rimane un mistero come si possa assistere impotenti al fatto che una tac in Sicilia costi alla collettività il doppio o il triplo di una tac in Veneto o in Emilia. Ma quello degli sprechi e dell’assenza di controlli in talune Regioni a statuto speciale è un altro discorso, che niente ha a che fare con la tutela delle minoranze presenti in Italia. Va ricordato che in Italia ci sono non meno di dodici gruppi linguistici (germanici, ladini, francesi, francoprovenzali, friulani, occitani, catalani, sardi, sloveni, albanesi, croati), rappresentati da quasi tre milioni di abitanti distribuiti su oltre mille comuni. L’arco alpino è l’area più ricca di comunità storiche alloglotte. In provincia di Bolzano il 70 per cento della popolazione è di madrelingua tedesca, ma anche Puglia e Calabria vedono la presenza di gruppi che hanno conservato una loro identità. Si pensi all’area grecanica in Calabria, dove anche i nomi delle strade sono in italiano e greco.
Forse è passato di moda riconoscere le diversità in un’epoca che vorrebbe un mondo appiattito sugli stessi costumi, le stesse usanze e, non ultimo, un unico pensiero in cui anche le parole vengono piegate e forgiate per renderle aderenti al conformismo del pensiero? Dietro al disinteresse per le minoranze può nascondersi l’idea che tutto quanto è fuori dal coro sia solo un elemento di disturbo. Quindi la tutela delle minoranze etniche non è solo un dovere costituzionale, ma anche un baluardo contro la massificazione del pensiero e dei costumi. Lo studio della storia può aiutare a capire e a guardare alle cose con maggiore profondità.
Aggiornato il 08 gennaio 2021 alle ore 08:56