
Il discorso di fine anno del presidente della Repubblica non è certamente fra quelli che passeranno alla storia. Sia per i limiti entro i quali la nostra Costituzione colloca l’azione del presidente sia per la sua personale provenienza democristiana, ciò che Sergio Mattarella ha detto non ha introdotto alcuna novità, alcun elemento che avviasse qualcosa di nuovo nella situazione politica attuale, sicuramente fra le meno decifrabili e rassicuranti per il Paese. Tutto ciò non meriterebbe nemmeno di essere menzionato se ci trovassimo in uno dei tanti periodi di “normale caos” che hanno contraddistinto da sempre la politica italiana e per la cui riconduzione ad una pur minima parvenza di ragionevolezza non ha certo contribuito la massiccia e inutile presenza in Parlamento dei Cinque Stelle.
A rendere però il discorso del Presidente meritevole di commento è l’evidente inadeguatezza delle sue parole rispetto al frangente in cui sono state pronunciate e che è stato definito “di guerra”. Non è necessario ricordare la forza e il vigore adottati da altri capi di Stato in situazioni simili nel non lontano passato per riconoscere il tono troppo generico e ben poco incisivo del discorso di cui stiamo parlando. Tant’è che esso, da un lato, ha trovato tutti d’accordo, cosa che non depone certo per la sua forza, e, dall’altro, per trovarvi qualcosa di pur vagamente vigoroso, ha dovuto essere sottoposto ad una attenta esegesi, cioè “interpretato” come si trattasse di un importante testo antico il cui valore si possa scoprire solo attraverso approfondite analisi specialistiche. L’Italia meritava qualcosa di più chiaro e indicazioni più direttamente ricollegabili all’emergenza che stiamo vivendo, sia sanitaria sia socio-economica. Invece abbiamo sentito una ovvia elencazione di problemi e sofferenze e a pochi cenni all’incertezza politica attuale, proposti con poche timide parole e, appunto, da interpretare.
A quanto pare, il discorso del presidente è stato seguito da una quantità di italiani sensibilmente superiore alla consuetudine e ciò era prevedibile dato il contesto pandemico ma anche politico in cui si andava collocando. Per questo, forse, il presidente avrebbe dovuto optare per un intervento diretto, non necessariamente appassionato ma comunque più spontaneo e personale, senza leggere un testo preparato e limato a tavolino, anche a costo di sollevare polemiche sul ruolo costituzionale del Presidente. Un ruolo che sarebbe ora evolvesse verso modelli meno vaghi e più tangibilmente autorevoli.
Aggiornato il 07 gennaio 2021 alle ore 12:07