Di Matteo Renzi si può dire di tutto tranne che non abbia capacità di analisi. Probabilmente il suo limite è l’ingordigia e quella insana tentazione di giocare sempre in una logica “all in” che lo porta a mettersi in condizione di vincere tanto o perdere rovinosamente.
E anche questa volta il suo fiuto non lo ha tradito permettendogli di intravvedere uno spiraglio buono per non morire di irrilevanza, schiacciato tra Democratici e Pentastar. La solitudine di Giuseppe Conte è palpabile: nonostante si forzi di indorare la pillola, la gestione della seconda ondata di pandemia di marca giallorossa è stata disastrosa tanto quanto la exit strategy che non restituisce una visione organica di futuro. Inoltre i Cinque Stelle sono paralizzati perché lacerati al loro interno avendo praticamente disatteso totalmente tutti i principi per i quali si erano battuti quando erano all’opposizione (dalla famosa lotta alla casta alla questione Ilva, passando per le lobby e la democrazia diretta).
Il Partito Democratico, per dirla con Achille Occhetto, è “dominato dal timore del conflitto e si rintana nelle manovre di Palazzo” con l’intento di governare a tutti i costi. La situazione di stallo è disastrosa e rischia di ammazzare definitivamente anche un partito nato morto come Italia Viva.
Renzi, per istinto di sopravvivenza, si è infilato in queste contraddizioni mettendo i suoi alleati con le spalle al muro. Ma con quale obiettivo? Escluso, come mormora più di qualcuno, che un personaggio come Mario Draghi si affidi a un nano politico come Italia Viva per succedere a Conte, l’unica cosa che sta a cuore a Renzi è un minimo di visibilità che lo schiodi da quel cono d’ombra in cui si è ricacciato suo malgrado. Il piatto dei sondaggi piange miseramente, gli amici che speravano di essere saltati su un carro sicuro cominciano a scalpitare e la solitudine dello zerovirgola comincia ad affacciarsi all’orizzonte.
Renzi teme il presente più che avere un piano per il futuro e così con la velocità che lo contraddistingue si è infilato su questo sentiero tortuoso e stretto senza sapere bene dove realmente esso porti. Le dietrologie sul presunto piano dell’ex Presidente del Consiglio sono fuffa buona per riempire qualche pagina di giornale. Renzi si sente braccato dai suoi insuccessi e corre a fari spenti nell’attesa di un incrocio che gli consenta di improvvisare. Siamo pronti a scommettere che, dopo aver minato lo scranno di Conte, si sfilerà dalla polemica come nulla fosse, fingendo di prendere per buono un fantomatico cambio di passo dell’attuale Esecutivo assumendosene il merito. Si fermerà un attimo prima di staccare la spina millantando di essersi impuntato e di aver salvato il Paese. Se poi l’attuale Governo dovesse davvero andare in crisi (da solo) lasciando il campo ad altri, beh, farebbe sempre in tempo ad assumersi immeritatamente la paternità del gioco di palazzo. D’altronde spergiurare è il suo mestiere. È un baro di talento, la faccia tosta non gli difetta.
Aggiornato il 22 dicembre 2020 alle ore 18:31