
Subito il confronto sul Recovery Plan, poi la verifica vera e propria. Il premier Giuseppe Conte tenta di sezionare i problemi del Governo accogliendo il pressing del Partito Democratico sulla messa e punto del Piano di Ripresa e Resilienza e provando a “ingabbiare” Italia Viva in un nuovo faccia a faccia.
Ieri sera, infatti, il capo del governo ha fatto sapere di aver convocato per la giornata di oggi il Movimento 5 Stelle e il Pd e, per domani, Italia Viva e Leu. Ma il tentativo di Palazzo Chigi di uscire dal cul-de-sac, almeno per ora, naufraga.
“Nessuno ci ha convocato. Se il cambio di metodo che chiedevamo è che dobbiamo apprendere di riunioni dagli sms di Rocco Casalino non hanno capito cosa stanno rischiando”, è la chiusura di fonti renziane. E la strada per tenere in vita il Conte 2 sembra ancora più stretta. Del resto, la giornata era iniziata con un nuovo ultimatum di Iv. “Bisogna costruire un rapporto fiduciario di maggioranza che oggi non c’è più. Conte ha sciupato la fiducia che aveva”, attacca Ettore Rosato, innescando l’ira degli alleati. “Rosato parli a nome di Italia Viva, che rappresenta il 2% degli italiani. Per il Pd parliamo noi”, è la replica del vicecapogruppo Dem alla Camera Michele Bordo, che ribadisce la linea del Nazareno: “In questo momento non serva una crisi ma un patto di legislatura che permetta di rilanciare l’azione di governo”.
Anche Leu respinge al mittente l’ultimatum di Rosato mentre nel M5S, il capodelegazione Alfonso Bonafede ribadisce la trincea dei pentastellati a difesa di Conte e attacca: “È incomprensibile l’utilità di questo bombardamento quotidiano ed è allucinante ventilare una crisi di governo mentre gli italiani si preparano a un Natale di sacrifici”. E Luigi Di Maio è netto: “Ora è folle mettere in discussione Conte”. Il premier prova a uscire dall’impasse avviando subito gli incontri con le singole forze sul Recovery e rispondendo così al forcing del Pd, che nel week-end si arricchisce di due nomi di peso: Roberto Gualtieri e Enzo Amendola. ““Una cosa è certa”, il “lavoro complesso” sul Recovery “non deve fermarsi, ma anzi deve accelerare”, spiega il titolare del Mef. “Siamo fermi in Consiglio dei ministri dal 7 dicembre per una verifica politica di cui ancora non si vede via d’uscita. Il mio partito con il segretario Nicola Zingaretti ha detto chiaramente che per noi questo impasse è deleterio”, incalza il ministro per gli Affari Ue. Cambiare lo schema delle risorse previsto nel Piano di Ripresa e Resilienza non è facile. I 9 miliardi destinati alla Sanità, ad esempio, vanno aumentati, se Conte vuole davvero uscire dalla tenaglia M5S-Pd-Iv sul Mes sanitario. Anche se Gualtieri precisa che, nella bozza del piano, le risorse effettivamente previste per la sanità “sono 16 miliardi”.
Conte, in realtà, sul piano e sulla task force sembra pronto ad aprire in maniera sostanziale. La cabina di regia ci sarà ma i suoi poteri saranno ridotti. Il controllo previsto per il Parlamento sarà più capillare, forse cambierà anche lo scherma dei 6 top manager. Ma ad Iv non basta. Anzi, la sensazione è che neppure un corposo rimpasto, sul quale Conte potrebbe anche cedere, basti a Renzi mentre nel M5S si ribadisce che “non c’è alcuna disponibilità”. Non è detto, tuttavia, che si arrivi al rimpasto. Il sentiero del premier si fa di ora in ora più stretto e Iv, con un certo realismo, è convinto che al voto, nell’Italia vessata dal Covid, non si andrà mai. L’ipotesi Mario Draghi continua a circolare insistentemente. Tra i dem, e anche tra qualcuno del M5S c’è perfino chi pensa di vedere tutte le carte di Renzi, andare fino in fondo al punto da giocarsi una campagna elettorale invernale tutta sul Recovery Plan della rinascita italiana. Ma, oggi, sembra utopia. “Il presidente Sergio Mattarella non vuole il voto”, è il mantra che, a taccuini chiusi, circola nella maggioranza.
Aggiornato il 09 maggio 2022 alle ore 13:10