
Lo scorso 30 novembre la trasmissione “Report” di Rai 3 ha mandato in onda il terzo interessante episodio della triste saga relativa al mancato aggiornamento da parte del Governo italiano del piano antipandemico che risaliva al lontano 2006 e che, qualora fosse stato aggiornato in tempi più prossimi allo scoppio della pandemia, avrebbe ragionevolmente permesso al Paese di affrontare meglio l’emergenza sanitaria lo scorso febbraio, quando il Covid-19 ha duramente colpito gli ospedali lombardi per poi estendersi rapidamente in altre regioni. Nelle due precedenti puntate andate in onda rispettivamente il 18 maggio ed il 2 novembre – riprese in due nostri articoli del 24 maggio e del 9 novembre – l’inchiesta si è focalizzata sul fatto che, nonostante i proclami del Governo d’esser pronto a fronteggiare il virus in arrivo dalla Cina, in realtà, mancasse un piano pandemico aggiornato ai giorni nostri per pianificare seriamente una strategia minima di intervento sul territorio, permettendo così una migliore difesa sanitaria dagli attacchi del Covid-19, salvando vite umane. Nella prima puntata del 18 maggio è emerso anche che uno dei soggetti che doveva curare l’aggiornamento del piano è Ranieri Guerra, un medico italiano, attuale numero due mondiale dell’Oms (Organizzazione mondiale della sanità) ed ascoltato componente del Comitato tecnico scientifico, l’organo ausiliario del Governo che, con i suoi pareri, ha imposto il lockdown paralizzando il Paese. L’importante notizia è stata inizialmente ignorata dalla quasi totalità della grande stampa – forse anche perché le notizie dello scoop erano poche e frammentarie – nonostante si trattasse “ictu oculi” di una vicenda decisamente imbarazzante, in quanto il mancato aggiornamento del piano si è tradotto nel mancato approvvigionamento dei dispositivi di protezione per le prime linee ospedaliere che, in questo modo, sono state depotenziate e travolte ad inizio pandemia.
Nella seconda puntata di Report andata in onda lo scorso 2 novembre è emerso un altro dato anomalo e, cioè, che, lo scorso 14 maggio, l’Oms ha ritirato, nel giro di 24 ore, un rapporto molto critico nei confronti del Governo italiano su come avesse gestito la fase preparatoria, redatto da un gruppo di ricercatori dell’Oms-Europa, con sede a Venezia, i quali, piuttosto coraggiosamente, avevano indirettamente indicato proprio nel loro numero due, Ranieri Guerra, uno dei responsabili del mancato aggiornamento del piano pandemico italiano, avendo egli occupato, per circa tre anni, dal 2014 al 2017, la competente poltrona al ministero della Salute a Roma, prima di essere promosso a numero due dell’Oms a Ginevra. In proposito, il ricercatore dell’Oms-Europa, Francesco Zambon, ha dichiarato che pressioni per il ritiro del documento gli erano state fatte proprio da Ranieri Guerra, il quale, intervistato, su questo punto, da Report, ha smentito la notizia, ma non ha fornito ulteriori particolari idonei a chiarire la delicata questione. Inoltre, il rapporto dell’Oms misteriosamente “scomparso” definiva la risposta sanitaria italiana come “inadeguata e caotica” per cui era fonte di imbarazzo per il governo e per il Ministro della Salute Roberto Speranza anche per questa ulteriore ragione. Nella terza puntata andata in onda lo scorso 30 novembre sono venuti fuori nuovi imbarazzanti particolari contenuti in alcune email in possesso della redazione di Report, secondo cui Ranieri Guerra, prima che il rapporto venisse pubblicato, avrebbe chiesto al capo dei ricercatori dell’Oms-Europa il ritiro immediato del documento, facendo ricorso ad espressioni altamente eloquenti del tipo “non fatemi casino su questo, non suicidiamoci”...“cambia la data”...“adesso blocco tutto, così non può uscire, evitate cazzate, scusa il tono”. Ma, avendo capito che i ricercatori non avevano alcuna intenzione di ritirare o di correggere il rapporto, Guerra avrebbe mandato una seconda e-mail a Zambon, anche questa dal contenuto abbastanza esplicito: “Come sai, sto per iniziare con il ministro la riconferma parlamentare e finanziaria della sede di Venezia e non vorrei subire ritardi o attacchi”. La sede di Venezia coincide con il posto di lavoro del ricercatore destinatario della e-mail.
Quindi, secondo la ricostruzione giornalistica di Report, Ranieri Guerra – che per questa storia ha preannunciato una querela contro Report – avrebbe cercato di far sparire un rapporto scomodo che è poi sparito da solo 24 ore dopo la sua pubblicazione. Tutto ciò sarebbe avvenuto per proteggere la posizione del Governo italiano che si è ritrovato sprovvisto del piano pandemico a ridosso di una pandemia annunciata, ma anche per difendere la posizione di Ranieri Guerra perché tra quelli che avrebbero dovuto materialmente curare l’aggiornamento del piano nel triennio in cui è stato al ministero. In questo senso, sono fortemente indicative anche le parole attribuite a Guerra in un’altra e-mail, diretta sempre a Zambon, secondo cui l’Oms, togliendo di mezzo il rapporto, “sta facendo da foglia di fico al Governo italiano”. Su questa delicata questione, l’Oms non ha preteso massima trasparenza da parte dei suoi tecnici, ma, al contrario, ha opposto il silenzio più assoluto, non solo nei confronti degli organi di stampa, ma anche nei confronti dell’Autorità giudiziaria della procura di Bergamo che sta indagando sul mancato adeguamento del piano che potrebbe anche costituire reato qualora venisse provato un nesso causale tra l’omissione e le morti da Covid-19, atteso che l’aggiornamento e la tempestiva trasmissione ai presidi ospedalieri poteva dotare i medici dei dispositivi di protezione prima che scoppiasse la pandemia. Ed il tempo a disposizione c’era perché, tra la dichiarazione dello stato di emergenza nazionale da parte del governo avvenuta il 30 gennaio e la scoperta del primo focolaio di Codogno del 22 febbraio, sono intercorse diverse settimane, un tempo congruo per attivarsi, anche perché il ministro della Salute, sempre il 30 gennaio, aveva trionfalmente rassicurato il Parlamento: “Siamo in costante contatto con l’Oms ed il direttore aggiunto, Ranieri Guerra, ha partecipato alla nostra task force del 27 gennaio ed ha dichiarato che l’Italia, fra tutti i paesi occidentali, è la più attenta e la più fornita”. Abbiamo visto. Mancava tutto, in realtà: mascherine, dispositivi di protezione, posti in terapia intensiva e sub-intensiva, respiratori e mancavano anche linee guida per proteggere gli anziani ospiti delle residenze sanitarie.
Secondo la versione ufficiale dell’Oms il rapporto sarebbe stato ritirato soltanto perché zeppo di errori, ma secondo la ricostruzione giornalistica, l’Oms non ha brillato per trasparenza in questa vicenda ed ha invocato l’immunità diplomatica impedendo, per due volte, ai ricercatori di Venezia di presentarsi al pm di Bergamo, mentre l’Oms non ha invocato alcuna immunità diplomatica per Ranieri Guerra a cui è stato permesso di rendere al pm le sue dichiarazioni difensive, da persona non indagata. Non si conoscono i motivi di questa differenziazione di trattamento, ma non ci vuole molto a capire che, in questo modo, l’Oms ha concesso a Ranieri Guerra la possibilità di chiarire la propria posizione mentre non si è fidata di coloro che avevano redatto il rapporto. Ma, autorizzare il solo Ranieri Guerra a difendersi e non autorizzare, contestualmente, a parlare con i magistrati anche i ricercatori che hanno lamentato le presunte pressioni, smentite dal diretto interessato, di sicuro non fa bene alla credibilità dell’Oms. A conferma, il capo delle relazioni esterne dell’Oms-Europa, Cristiana Salvi, ha invitato una e-mail a Report sostenendo addirittura che il documento dell’Oms-Europa non sarebbe riferibile all’Oms e quest’affermazione è davvero notevole. Altra curiosità è che il rapporto in questione sarebbe costato oltre 100mila euro pagati dal governo del Kuwait per approfondire le strategie sanitarie anti Covid-19 da impiegare in caso di necessità e sembra che il Kuwait abbia anche chiesto spiegazioni all’Oms per capire che fine abbia fatto il documento da loro finanziato e poi sparito nel nulla.
La spiacevole situazione descritta da Report è evidentemente frutto di una guerra interna all’Oms, ma ha esposto l’agenzia ad una imbarazzante figura che, ove venisse confermata dai successivi approfondimenti giornalistici o giudiziari, potrebbe anche far dimettere Ranieri Guerra dalla prestigiosa carica di direttore generale aggiunto. Anche se, sempre secondo Report, l’attuale direttore generale dell’Oms, Tedros Adhanom Ghebreyesus, in questo momento, è dalla parte di Ranieri Guerra, ma la cosa ci interessa relativamente, mentre interessa molto di più capire se sia ancora possibile fidarsi dell’Oms alla luce della scarsa trasparenza e terzietà dimostrata nel caso del rapporto “scomparso”. Questo perché l’Oms sta svolgendo la delicatissima indagine sul laboratorio di Wuhan, sulle effettive origini del virus – se naturale oppure frutto di una possibile manipolazione chimica – e sulle eventuali responsabilità del Governo cinese per la mancata tempestiva condivisione di dati sanitari che avrebbe permesso al mondo una risposta sanitaria più efficace e non vorremmo che l’Oms facesse questa volta “da foglia di fico” anche al Governo cinese dopo aver tentato maldestramente di farla per il Governo italiano. Battute a parte, anche gli Stati Uniti, qualche mese fa, hanno sospeso i finanziamenti all’Oms perché, secondo Donald Trump, ci sarebbe un legame troppo stretto tra il presidente cinese Xi Jinping ed il direttore generale dell’Oms e la spinosa questione del rapporto “fantasma” si affianca alle accuse di contiguità con la Cina, ancora tutte da dimostrare, ma è comunque anomalo che l’indagine sia stata affidata ad un soggetto in potenziale conflitto di interessi ed è ancora più anomalo che la Comunità internazionale e la grande stampa, salvo qualche eccezione, non abbiano adeguatamente stigmatizzato questa situazione di palese incompatibilità che si trascina da mesi. Inoltre, secondo un report della prestigiosa agenzia di stampa newyorkese Associated Press, l’Oms avrebbe lamentato scarsa correttezza da parte del Governo cinese in occasione della visita ispettiva dell’Oms in Cina lo scorso febbraio, per cui non si può escludere che l’Oms possa cogliere l’occasione per “scaricare” la Cina, ma siamo solo nel campo delle mere illazioni. Infatti, la Cina e l’Oms non sono colpevoli di nulla perché le responsabilità vanno accertate nelle competenti sedi, tuttavia, l’indagine sul Covid-19 andrebbe gestita da un’istituzione che garantisca maggiore terzietà, in quanto l’eventuale accertamento di responsabilità cinesi potrebbe comportare pesanti sanzioni a carico della Cina per i danni cagionati al mondo. Inoltre, un’indagine degna di questo nome deve anche prevedere un possibile sbocco “processuale”, ma, al momento, non esiste un Tribunale internazionale precostituito che possa trattare formalmente un caso così inedito, tuttavia, il diritto internazionale assegna al Consiglio di sicurezza dell’Onu il potere di svolgere accertamenti su questioni che abbiano creato attrito internazionale tra stati appartenenti alle Nazioni Unite, anche deferendo la questione al giudizio della Corte penale internazionale. Quindi, per garantire maggiore terzietà, il Consiglio di sicurezza dovrebbe subentrare all’Oms nella titolarità dell’inchiesta, anche sanzionando la Cina con misure economiche se rifiuta di collaborare, visto che l’Oms, finora, non è riuscita nemmeno ad accedere all’interno del laboratorio di Wuhan, come riporta una nota dell’agenzia di stampa Agi del 25 novembre: “Cina ed Oms hanno ripreso le indagini sull'origine del Covid-19 e sono in attesa di cominciare la fase 2 delle ricerche”. “L’OMS ha dichiarato di aver ricevuto rassicurazioni dalla Cina che verrà organizzato il prima possibile un viaggio sul campo per la ricerca dell'origine della malattia, manifestatasi per la prima volta a Wuhan a fine del 2019”. Restiamo in trepidante attesa, ma siamo certi che “il prima possibile” non sarà poi tanto presto.
In effetti, l’Oms ha dimostrato di non avere “metodo” ed è difficile ottenere risultati se difetta proprio il metodo, cioè la scansione procedurale finalizzata a garantire, sul piano teorico-pratico, il soddisfacente risultato di un lavoro. Proprio sull’importanza del metodo, un prezioso insegnamento è stato offerto dal più grande magistrato che l’Italia abbia mai avuto e che ha anche pagato con la vita il suo impegno antimafia, cioè, Giovanni Falcone, che, nel suo libro “Cose di Cosa Nostra”, ha lasciato in eredità questa importante riflessione: “Senza un metodo non si capisce niente” e se qualcuno obietta che si tratta di una valutazione “semplice” a farsi, è agevole replicare che “la semplicità è la forma della vera grandezza, di una grandezza inconscia e diventata matura”, come insegna il grandissimo scrittore avellinese Francesco De Sanctis, nella sua pregevole “Storia della letteratura italiana”.
Aggiornato il 07 dicembre 2020 alle ore 09:53