Documento fantasma dell’Oms e piano pandemico del ministro Speranza

Lunedì 2 novembre la trasmissione “Report” di Rai 3 ha mandato in onda un’interessante inchiesta su una questione molto delicata, già trattata in una precedente puntata dello scorso 18 maggio – che era stata ripresa in un nostro articolo del 25 maggio – avente ad oggetto la mancanza di un piano pandemico aggiornato da parte del Governo italiano, che avrebbe permesso a medici ed infermieri di andare un po’ meno allo sbaraglio quando è iniziata la pandemia da Covid-19 lo scorso 21 febbraio. Nella precedente puntata, la redazione di Report aveva già denunciato un fatto molto significativo e, cioè, che il piano anti pandemie del ministero della Salute, apparentemente aggiornato nel 2017, risaliva, in realtà, al 2006 e gli aggiornamenti al piano, obbligatori ogni triennio, erano stati solo “virtuali”, nel senso che si era trattato di una reiterata opera di “copia e incolla” del medesimo documento, quindi, era vecchio ed inadeguato perché nessuno aveva mai messo seriamente mano. La competenza a curare l’aggiornamento del piano spetta al ministero della Salute e, in particolare, alla direzione generale per la prevenzione al cui vertice c’è stato, per circa tre anni, dal 2014 al 2017, Ranieri Guerra, l’attuale numero due dell’Oms ed ascoltassimo componente del Comitato tecnico scientifico che, con i suoi pareri, ha imposto il lockdown al Paese.

Dal 2018 al 2020 al vertice della medesima direzione generale c’è stato un altro tecnico, Claudio D’Amario, che avrebbe dovuto curare l’aggiornamento nel periodo di sua competenza, ma costui è rapidamente uscito di scena perché destinato ad altro incarico proprio a ridosso della puntata di Report del 18 maggio che mise il ministero in forte imbarazzo. Nella seconda puntata andata in onda lo scorso 2 novembre, la redazione di Report ha tirato fuori alcune importanti novità e, in particolare, due rapporti inediti, uno dell’Oms-Europa ed un altro di un consulente del comitato tecnico. Dall’esame incrociato di questi due documenti, è stato possibile ricostruire che, già ai primi di febbraio, il Comitato tecnico ed il ministro della Salute e, quindi, il Governo, avevano a disposizione dei dati che, se adoperati per tempo, avrebbero permesso una risposta sanitaria molto più efficace. Secondo l’inchiesta di Report, il numero 2 dell’Oms, Ranieri Guerra, avrebbe fatto forti pressioni, smentite dall’interessato, dirette a togliere di mezzo un rapporto dell’Oms molto critico nei confronti del Governo italiano su come avesse gestito la fase preparatoria dell’emergenza sanitaria ed il rapporto lamentava, soprattutto, la mancanza di un piano pandemico aggiornato, che avrebbe permesso a medici e personale infermieristico una minore impreparazione nel fronteggiare, in fase iniziale, il covid-19. Il documento, sparito nel giro di qualche ora dopo la pubblicazione, era stato realizzato da un gruppo di ricercatori dell’Oms-Europa, di stanza a Venezia, che bollava la risposta sanitaria italiana come inefficace, rimarcando il fatto che il piano pandemico risalisse al lontano 2006. Ma, in questo modo, il rapporto accusava, più o meno direttamente, proprio il numero due dell’Oms, Ranieri Guerra, di essere uno dei responsabili dell’omissione, poiché era tra coloro che avrebbero dovuto curare l’aggiornamento del piano quando era al vertice della direzione generale del ministero. Quindi, il rapporto è stato rapidamente ritirato, ma i vertici dell’Oms, poco tempo dopo, hanno rilasciato alcune dichiarazioni ufficiali in cui hanno elogiato il Governo per come ha gestito l’emergenza sanitaria, esaltando, a più riprese, il “modello italiano”.

Ma che la fase “preparatoria” fosse da rivedere è opinione, perfino, di uno degli attuali componenti del Comitato tecnico intervistato da Report e che ha mantenuto l’anonimato per ovvie ragioni di riservatezza. Dalla testimonianza del componente “pentito”, è emerso che, a suo giudizio, l’aggiornamento del piano pandemico avrebbe protetto meglio le prime linee ed avrebbe potuto salvare molte vite umane. Questa conclusione è riscontrata anche da una relazione presentata alla procura di Bergamo da un consulente tecnico, non del pm, ma indipendente, il generale Pier Paolo Lunelli, un esperto in protocolli militari anti-pandemici, secondo cui “qualora il piano pandemico fosse stato aggiornato in tempi più recenti avrebbe evitato circa 10mila decessi”. Sempre Lunelli ha fatto notare che i Paesi europei che hanno curato l’aggiornamento del piano a ridosso della pandemia, come, ad esempio, la Svizzera e la Germania, hanno registrato un numero di morti inferiore, mentre altri Stati, come l’Italia, la Spagna ed il Belgio, che non lo avevano aggiornato di recente, hanno registrato un maggior numero di decessi.

Un altro dato che lascia perplessi, emerso dall’inchiesta di Report, sta nel fatto che l’aggiornamento del piano pandemico poteva essere effettuato anche mediante il semplice “scarico” di un software gestito proprio dall’Oms e che, da almeno 10 anni, è a disposizione degli Stati ed è un vero peccato che nessuno ci abbia pensato visto che il numero due dell’Oms è un italiano, nato a Verona, che ha occupato, in passato, proprio la competente poltrona al ministero della Sanità. Inoltre, poiché l’aggiornamento del piano è anche di competenza delle Regioni, è emerso un altro dato incredibile. E, cioè, che, già nel lontano 2010, quando la Lombardia era stata lambita dall’infezione di aviaria, alcuni tecnici della Regione allora guidata da Roberto Formigoni, avevano individuato che, tra i luoghi a maggiore rischio infettivo, ci fossero proprio le residenze per anziani e che, quindi, avrebbero meritato maggiore attenzione dalle autorità sanitarie nella fase preparatoria pandemica da Covid-19. A pensarci bene, un piano pandemico nazionale aggiornato doveva servire anche a raccogliere questo genere di informazioni, coordinandosi con le Regioni e proteggendo le strutture più a rischio, ma sembra che nessuno ci abbia mai messo seriamente mano.

Ma non è tutto perché, dall’analisi del rapporto dell’Oms “scomparso”, è emerso un particolare ulteriore e, cioè, che ai primi di febbraio, il Comitato tecnico aveva a disposizione un documento che anticipava, per l’Italia, uno scenario di decessi da Covid-19 ricompreso tra le 30mila e le 70mila unità. Tale documento, incredibilmente profetico letto a posteriori, sarebbe stato redatto, ai primi di febbraio, da un consulente del Comitato tecnico che aveva studiato, con calcoli matematici, i dati evolutivi della pandemia in Cina e l’autore ha immediatamente segnalato il “possibile scenario” al Comitato tecnico che però, come risulta dai verbali, lo ha esaminato solo ai primi di marzo, cioè, quando la pandemia era già entrata in una fase dalle dimensioni incontrollabili. Quindi, secondo la ricostruzione giornalistica di Report, il piano pandemico aggiornato ci sarebbe e si tratterebbe proprio di questo documento “arrivato tardi”, cioè, il 4 marzo, a pandemia già scoppiata. Ma essendo giunto in un momento in cui le strutture sanitarie erano già state travolte, sarebbe stato declassato a “scenario possibile” poiché le prime linee erano già collassate. Su questo specifico punto, il coordinatore del Comitato tecnico, Agostino Miozzo, non ha voluto fornire spiegazioni a Report, ma al suo posto ha “parlato” un verbale del Comitato, a sua firma, del 27 aprile da cui risulta che il documento del 4 marzo non coincide con il piano pandemico, ma è un semplice “scenario di studio” e questa è anche la posizione del ministro della Sanità, Roberto Speranza che, proprio su questo delicato punto, è stato anche sentito dal Comitato parlamentare per la Sicurezza della Repubblica, i cui verbali sono coperti da segreto di Stato. Quindi, sul punto, la smentita del ministro e del coordinatore del Cts è netta, ma la questione è seria perché altrimenti non si sarebbe scomodato il Copasir disponendo l’audizione del ministro.

Inoltre, il caso del rapporto “fantasma” è stato preso in seria considerazione anche dalla procura di Bergamo che, sempre per questi fatti, ha recentemente disposto il sequestro del computer e del telefono del presidente dell’istituto superiore di sanità, Silvio Brusaferro, anche se costui non è indagato. Quindi, bisogna attendere gli accertamenti dell’autorità giudiziaria e del Copasir e non è compito nostro sostituirci o sovrapporci alle valutazioni delle competenti autorità, ma se fosse vero che questo documento, da piano pandemico, è stato declassato a “semplice analisi di possibili scenari, senza veri obbiettivi gestionali, inapplicabile, perché l’emergenza sanitaria era già esplosa in modo incontrollabile”, come sostiene Report, sarebbe un fatto di una tale gravità da richiedere le dimissioni in blocco di tutti coloro che hanno gestito la fase “preparatoria”, politici e tecnici, senza dimenticare che poi sono le stesse persone che hanno imposto il lockdown ed hanno gestito ciò che ne è conseguito, cioè, l’emergenza sanitaria, economica, sociale, la seconda ondata e stanno ancora oggi gestendo le sorti di questo Paese. Questo perché, la conclusione di Report, tutta da dimostrare e smentita dal coordinatore Agostino Miozzo e dal ministro Roberto Speranza, indicherebbe che il piano pandemico sarebbe stato secretato “per non ammettere che il Governo ne avesse uno non aggiornato”, anche se non è necessario avere particolari competenze tecniche per capire che è impossibile applicare il piano, dotando le strutture sanitarie di dispositivi di protezione il cui bisogno era stato superato dagli accadimenti, mentre poteva essere decisivo se applicato nelle settimane precedenti alla scoperta del focolaio di Codogno del 21 febbraio. In altri termini, è come inviare le munizioni a battaglia iniziata, mentre di solito vanno inviate prima che la battaglia abbia inizio, se si vuole proteggere la retroguardia. “Dobbiamo essere orgogliosi del nostro sistema sanitario nazionale, un’eccellenza assoluta pronta a fronteggiare l’emergenza, faremo di tutto per salvaguardare il nostro sistema sanitario” aveva trionfalmente dichiarato Roberto Speranza il 2 febbraio. Peccato che quando si è trattato di passare dalle parole ai fatti, adottando il piano pandemico, di sua competenza, non sembra che abbia fatto i passi nella giusta direzione per tener fede all’impegno assunto con gli italiani.

Ranieri Guerra è in ottimi rapporti con il numero uno dell’Oms, Tedros Adhanom Ghebreyesus, ex ministro della Sanità, filo comunista fino al midollo ed in rapporti molto stretti con la Cina a cui deve la prestigiosa nomina a direttore generale, nel quadro di un progressivo aumento di influenza cinese nell’ambito del continente africano saldamente in mano loro, visto che hanno investito enormi cifre sia nel Paese etiope, di cui Tedros è stato ministro, sia in molti altri Paesi africani. Proprio sui rapporti tra Cina e l’Oms, lo scorso 4 novembre il quotidiano “Huffington Post” ha pubblicato un interessante articolo dal titolo molto eloquente, “L’indagine farsa dell’Oms sulla Cina”, che ha ripreso la notizia che la Cina e l’Oms hanno finalmente raggiunto un accordo per consentire ad un team di esperti cinesi ed internazionali di accedere all’interno del laboratorio di Wuhan. Meglio tardi che mai verrebbe da dire, anche se, come abbiamo sostenuto più volte, lascia molto perplessi il fatto che la comunità internazionale abbia affidato ad un “sospetto complice” le indagini sul “principale indiziato”.

Secondo Report, Ranieri Guerra è stato voluto da Tedros come suo vice all’Oms ed un altro particolare curioso è che il potentissimo capo delle relazioni esterne dell’Oms, Gabriella Stern, che non ha voluto rispondere alle domande di Report sul caso del rapporto “fantasma”, è stata anche responsabile delle relazioni esterne della fondazione di Bill Gates, notoriamente primo finanziatore privato dell’Oms, ma anche legatissimo al presidente cinese Xi Jinping, non certo per fare un dispetto al suo acerrimo nemico Donald Trump, ma perché ha interessi economici in Cina e con il Governo cinese. Il mondo sembra così grande, ma alla fine tutto ruota sempre intorno ai medesimi personaggi, Bill Gates, Xi Jinping, Tedros. Un film già visto e che sicuramente rivedremo. Tuttavia, può essere di conforto l’insegnamento secondo cui l’universo rinasce e rimuore in base a cicli temporali fissati e necessari, ripetendo eternamente un certo corso e rimanendo sempre se stesso e questa non è farina del nostro sacco, ma è la teoria de “L’eterno ritorno dell’uguale”, cioè, uno dei capisaldi del pensiero filosofico del maestro tedesco Friedrich Nietzsche, uno dei più grandi pensatori di tutti i tempi.

Aggiornato il 09 novembre 2020 alle ore 19:25