In questi ultimi giorni di campagna elettorale la Puglia sta diventando riferimento dei leader di partito, che in queste ore stanno attraversando la regione. Domenica Taranto ha visto in mattinata Luigi Di Maio che è stato a Martina Franca e Grottaglie. Nel pomeriggio ha visto Matteo Salvini che è stato a Castellaneta, Mottola, Taranto e Manduria, e lunedì ha proseguito per la provincia di Brindisi. E a proposito dello specifico di Taranto e la nota questione di ArcelorMittal, Luigi Di Maio che è stato ministro dello Sviluppo economico del primo governo Conte, ha detto: “ho fiducia di quello che stanno facendo sia il ministro Stefano Patuanelli che il premier Conte. Patuanelli sta gestendo il dossier – quello sulla fabbrica in questione – in modo brillante”. Non rispondendo alla domanda incalzante del giornalista Luigi Abbate sul perché non è andato a Taranto, dove, secondo il giornalista, sarebbe stato duramente contestato dopo aver a lungo ingannato i tarantini sulla chiusura dell’ex Ilva. Poi su questa dichiarazione di Di Maio è stato interpellato Matteo Salvini che era in piazza della Vittoria a Taranto a tenere il suo comizio.
Il leader della Lega ha prontamente risposto che della gestione brillante di Patuanelli non se ne sta accorgendo nessuno e che sono anni che i Tarantini vivono di chiacchiere. Intanto in ArcelorMittal si sta nuovamente scioperando, questa volta al Laminatoio a freddo, mentre venerdì scorso si era scioperato in Produzione lamiere. Gli argomenti di conflitto tra l’azienda e i sindacati sono sempre gli stessi. I sindacati imputano ad ArcelorMittal l’adozione di alcune modifiche organizzative che accresceranno l’uso del lavoro straordinario pur in presenza di un massiccio ricorso alla cassa integrazione. I sindacati avevano chiesto all’azienda di fermarsi a discutere su questo punto e l’azienda ha preferito tirare dritto per la sua strada. Ciò, nonostante a Roma, il 2 settembre, l’amministratore delegato Lucia Morselli, avesse detto ai sindacati nazionali di voler aprire buone relazioni industriali e di volere avere un confronto con loro. Inoltre, ultimamente si sono aggiunti altri elementi su cui prestare attenzione. Proprio mentre c’era lo sciopero venerdì scorso, ArcelorMittal aveva annunciato che dall’11 settembre fermerà a tempo indeterminato il reparto Produzione lamiere, proprio quello in cui si era scioperato, fin quando non ci saranno ordini di lavoro. Inoltre dal 14 settembre parte una nuova ondata di cassa integrazione per nove settimane per un numero massimo di 8.100 persone solo a Taranto, Cassa integrazione Covid.
Poi vi è tutto il resto da sistemare. Lo stato degli impianti, le mancate manutenzioni, il massiccio preponderante ricorso alla cassa integrazione, il mancato pagamento dell’indotto che venerdì prossimo terrà in Prefettura la prima riunione. Quindi nuova cassa integrazione in arrivo, proroga di quella esistente, per cui tra cassa integrazione Covid e quella ordinaria, la fabbrica va avanti in modo continuativo e sistematico dal luglio 2019. Infine c’è un problema di sicurezza, sia all’interno che all’esterno dell’azienda. All’interno perché sabato scorso si è sfiorato un grave incidente sul lavoro, con il deragliamento in Acciaieria 2, di carro siluro, un grande convoglio ferroviario che trasporta ghisa. Ma anche all’esterno, in quanto nella notte di venerdì sono state incendiate nel parcheggio dell’impresa, ben 8 auto di dipendenti.
Già altre volte si sono verificati furti, incendi, atti di vandalismo, razzie perché questi parcheggi sono abbandonati, degradati e alla mercé di chiunque, solo che mai si era verificato un episodio di questa gravità, tant’è che i sindacati hanno chiesto subito l’intervento della Prefettura e della Questura affinché si adottino delle contromisure. Ci sono quindi, ultimamente, una serie di episodi che dimostrano come la situazione stia veramente peggiorando e come la vicenda ArcelorMittal stia diventando una matassa sempre più ingarbugliata. Pare evidente che questa situazione non regge più. L’importante è che le elezioni regionali arrivino in fretta e che dopo si prenda una decisione definitiva e chiara. L’attesa e questi comportamenti ondivaghi sicuramente non fanno bene alla città, all’economia, ai lavoratori. Su questo c’è una posizione ormai molto netta e trasversale che unisce sindacati, lavoratori, città e istituzioni.
Aggiornato il 08 settembre 2020 alle ore 17:16