Mattarella col fiato sul collo di Conte: prove generali di dimissioni?

Prove generali di dimissioni – inevitabili – di Giuseppe Conte? Sembrerebbe plausibile. Parrebbe infatti che, come documentato da foto apparse su Dagospia, mentre sotto casa di Mario Draghi ai Parioli in un caldo quanto anonimo sabato agostano si schieri un codazzo di auto blu quantomeno sospetto, a Volturara Appula, ridente borgo del Subappennino Dauno, stiano già vestendo le prefiche per piangere quel che resterà del governo dell’autoproclamato “avvocato degli italiani”. (E tutti gli altri nel resto d’Italia preparano già i calici per il brindisi). D’altronde, il momento è grave, mezzo governo, ben sei ministri, indagato per i fatti della (mala) gestione dell’emergenza epidemica e le centinaia di cause intentate contro Conte e i suoi, non sono sicuramente passati inosservati al garante delle istituzioni( sarebbe il presidente Sergio Mattarella), che a questo punto non può più fare spallucce ad oltre duecento esposti per reati vari, anche in concorso, che vanno dall’epidemia ai delitti colposi contro la salute pubblica, all’omicidio colposo, l’abuso d’ufficio, l’attentato contro la costituzione dello Stato, attentati contro i diritti politici del cittadino.

Forse un presidente della Repubblica costituzionalmente e moralmente responsabile nei confronti dei cittadini anche dell’affidabilità gestionale e della reputazione di un governo sottoposto ad accuse tanto gravi e infamanti quanto non del tutto campate in aria, lo dovrebbe esautorare, giusto un pochino. Forse, in una nazione normale sarebbe bastata una ministra dell’Istruzione di fatto commissariata perché non sa ancora bene come e se riapriranno le scuole e che passerà alla storia come la “ministra Zeta”, quella dei banchi rotanti come Mazinga, a far capire che proprio non ci siamo. E invece no, ci si è messo d’impegno anche il ministro degli Esteri Luigi Di Maio a diventare prima lo zimbello di infiniti meme della rete per via della sua super abbronzatura e poi trasformatosi, suo malgrado, in attore softporn da fotoromanzo da ombrellone, forse abbacinato dal calore agostano dei lidi mediterranei dove a favor di scoop o di poca attenzione alla propria privacy ha trascorso le vacanze con la sua fidanzata.

Infine, la ribellione del governatore della Sicilia Nello Musumeci agli sbarchi di clandestini senza controlli – l’hotspot di Lampedusa può contenere 250 migranti e siamo invece a quasi 1.100 – ha mandato in tilt anche la ministra Luciana Lamorgese che, poverina, non sa proprio più che pesci prendere se non quelli che le tirano in faccia anche i siciliani che sono ormai prossimi alla colonizzazione moresca e che forse non sarebbero tanto d’accordo, sebbene sia già accaduto nella storia. Solo che stavolta nessuno gli butta giù colate di pece bollente dalle torri sul litorale ma li sfama e li accoglie. Aggiungiamo a tutto questo lo scoop del giornale ora di John Elkann, Repubblica, che “il governo sapeva e non ha fatto niente”, con la rivelazione di un bel dossier segreto che però per Conte e i suoi non era segreto per niente visto che lo conoscevano già prima del lockdown del 7 marzo, sembrerebbe addirittura già da metà febbraio.

Adesso, quindi, le elezioni regionali che incombono come un’ipotetica mannaia sul consenso devono aver fatto ragionare il presidente del Consiglio sul fatto che se per il Movimento cinque stelle e il Pd dovessero andar male, il fallimento sarebbe ascrivibile a lui e a tutti i suoi ministri, al posticcio governo giallorosso. E chi mai metterebbe la faccia su un fallimento epico e forse anche in processi che potrebbero essere storici dopo che per qualche mese ha vestito, fin troppo convinto, i panni dell’eroe e del salvatore della patria? La disfatta elettorale di chi invitava agli aperitivi mortali e ora parla di fosse comuni e teme come una nemesi popolare la scalata di Matteo Salvini e Giorgia Meloni non è poi un’ipotesi così remota, ed ecco quindi che Mattarella risorge dallo scantinato dove forse lo avevano ibernato e finalmente decide qualcosa, qualcosa che avrebbe dovuto decidere due anni fa, ma meglio tardi che mai.

Chiaro che a queste condizioni mandarci a votare è escluso, quindi chi meglio di Mario Draghi e un governo di unità nazionale per ricevere e spendere i soldi del Mes e di tutto il resto che verrà dall’Europa a cui ormai abbiamo ceduto la nostra sovranità? Analizzando questi fattori, a questo punto si accettano scommesse: più che sul cosa succederà l’incognita è solo il quando: Lampedusa non ce la fa più, ma neanche noi.

Aggiornato il 31 agosto 2020 alle ore 12:36