
Il Pd morde il freno e, in attesa della direzione dei prossimi giorni, chiede “coerenza” ai Cinque stelle e al premier nel rispettare i patti e andare avanti sul fronte delle riforme già incardinate alla Camera. Lunedì era stato il segretario Nicola Zingaretti a esortare gli alleati a introdurre quelle modifiche regolamentari per fare in modo che il taglio dei parlamentari coincida con la “difesa delle istituzioni democratiche”. Ieri è stato è il capogruppo dem a Montecitorio, a ribadire, con toni ancora più infastiditi, la medesima richiesta: “L’accordo sulla riduzione del numero dei parlamentari - osserva Graziano Delrio - prevedeva una serie di altre modifiche finalizzate a correggere gli squilibri che si sarebbero creati col solo taglio degli eletti”. Quindi, nel chiedere “coerenza” ai suoi “alleati”, elenca i progetti in cantiere che vanno dall’allineamento dell’elettorato attivo e passivo delle Camere, alla modifica della base regionale per elezione del Senato, fino alla riduzione di un terzo dei delegati regionali nella platea degli elettori del Presidente della Repubblica.
Delrio avanza una richieta concreta: entro il 20 settembre, data della celebrazione del referendum, potranno andare in Aula, l’allineamento elettorale attivo (18 anni) e passivo (25 anni) del Senato a quello della Camera. Delrio chiede tempi rapidi anche per la modifica della base regionale per l’elezione in Senato in modo da superare i problemi di rappresentanza delle minoranze nelle regioni più piccole. Solo con un’assunzione di responsabilità generale di tutta la maggioranza, i vertici dem avranno gioco facile a portare tutto il partito verso il sì, attenuando la pressione di tanti esponenti del partito orientati a votare contro il taglio.
Non a caso, l’ex presidente del partito, Matteo Orfini, sul Corriere, pone l’accento sulla “slealtà” dei Cinque Stelle per motivare il suo dissenso. “Noi abbiamo rispettato l’accordo con l’altra componente di maggioranza votando la legge, mentre loro - osserva Orfini - non hanno mantenuto quanto pattuito. A questo punto il Pd deve tornare alla sua posizione originaria e votare No. Non possiamo sfregiare la Costituzione in nome degli argomenti populistici dei 5 Stelle e di Luigi Di Maio”.
Parole che non sembrano scalfire il ministro degli Esteri che nel prossimo week end parte già con la sua campagna referendaria in Campania. E a rafforzare le ragioni del sì, cita le parole di Valerio Onida che in un’intervista a La Repubblica - ricorda Di Maio su Facebook - si schiera dalla parte del Sì al referendum sul taglio dei parlamentari. “A chi accusa il MoVimento 5 Stelle di fare propaganda con questa riforma consiglio di leggere questa intervista”.
Sul fronte opposto, nel centrodestra, il clima è molto più rilassato, anche se non mancano i distinguo: la capogruppo azzurra Maristella Gelmini attacca la maggioranza accusandola di voler impegnare il Parlamento con le sue “riformine”, ma anche dentro il suo partito ci sono posizioni distinte. Qualche distinguo anche all’interno della Lega: Claudio Borghi si smarca affermando che il si “delegittima la politica.
Aggiornato il 26 agosto 2020 alle ore 13:56