
Il virus nel potere. La pandemia da Covid-19 ha costretto le democrazie rappresentative occidentali a sperimentarsi con i poteri d’emergenza, in quella che è stata definita una nuova guerra planetaria contro un nemico invisibile. Ovviamente, tutti in ordine sparso. Ognuno con la sua bella Costituzione sotto il braccio e chi, come noi, si è dovuto inventare la vita, nonostante che la nostra Carta sia (sempre da noi) vantata come la “più bella del mondo”. La parte del leone, inizialmente, è stata tutta ad appannaggio della competenza tecnico-scientifica che, però, strada facendo (a tentoni e tentativi spesso fortemente contraddittori) ha perso il suo aspetto virginale di dedizione al bene dell’umanità, per legarsi accondiscendente al carro del potere politico. Ed è stato quest’ultimo, necessariamente, ad avere l’ultima parola sulle misure di contenimento dell’epidemia a livello nazionale. Trump, Bolsonaro e Johnson si sono posti fin dall’inizio dalla parte dei pro-immunità di gregge negazionisti. Una bella contraddizione in termini. Perché il virus c’è, o non c’è. Va meglio, decisamente, quando gli stessi leader ne vengono colpiti, possibilmente con i propri familiari in scia, perché almeno si fanno le idee chiare qualora, certo, sopravvivano all’incarnazione microscopica del loro fantasma. Qui da noi, tra rovinati del lockdown, familiari infuriati per la perdita dei propri cari cremati a decine di migliaia in incognito e pronti ad aggredire legalmente il povero personale sanitario, esente fino a prova contraria da colpa per dolo, va a finire che tutto si risolva nel solo pasticcio infinito all’italiana del tutti contro tutti.
Governatori contro Premier e Ministri; precari contro garantiti; disoccupati in nero contro cassaintegrati e lavoratori non licenziabili pro-tempore; etc.. Credo abbia pienamente ragione Alessandro Sallusti a chiedere una tregua e, soprattutto, una generale amnistia che tiri fuori dai guai presenti e futuri le classi politiche e dirigenziali, i tecnici e il personale sanitario impegnato nell’emergenza. Perché, poi, è il virus il vero mostro che tutti conoscono solo un po’ e male, e di cui nessuno avrebbe mai sospettato l’avvento. Tranne, va detto, una certa parte dell’Asia, come Corea del Sud, Taiwan e Hong Kong che hanno avuto a che fare con un suo gemello assassino, il Covid-Sars-1, ben più letale di quello attuale. Sapendo che un flagello simile sarebbe inevitabilmente tornato, quei Paesi non hanno mai abbassato la guardia, strutturando in un decennio una sanità territoriale che, attraverso prevenzione, monitoraggio e cure tempestive ha ridotto al minimo le perdite umane. Fa sorridere, in questo frangente, il tentativo di usare l’emergenza per rafforzare i poteri personali dei leader di turno, da Orban a Conte. Ma, mentre il primo ha già dismesso i panni del Cunctator, Conte continua a farsi Primo Console commissariando la democrazia rappresentativa attraverso i suoi famosi Dpcm che, però, sono solo atti amministrativi (impugnabili, quindi, presso Tar e Consiglio di Stato!), produttivi tuttavia di effetti coercitivi sulle libertà costituzionali dei cittadini. Diciamo, a sua giustificazione, che la colpa è anche un po’ dei Padri costituenti, terrorizzati dal fascismo, che hanno voluto fare del Presidente del Consiglio italiano un Primus inter pares al quale è persino impedito di cambiare la sua squadra di Ministri.
Cosicché per velocizzare le procedure di spesa e di intervento onde fronteggiare le emergenze economico-sociali causate dalla pandemia, ci si è dovuti appigliare alla dichiarazione dello stato di emergenza della Protezione Civile (contenuta in un decreto legislativo!) per emanare provvedimenti d’urgenza che bypassassero le lungaggini burocratiche degli impegni di spesa e dell’intervento ordinario. Non basterà, tuttavia, il gradimento che Conte vanta oggi presso la pubblica opinione per cancellare la percezione ondivaga e inconcludente che si ha del suo governo, tutto intento a dare bonus a pioggia, facendo centinaia di miliardi di nuovo debito pubblico, senza nessuna strategia di fondo per un rilancio socio-economico dell’Italia fondato sulla creazione di nuova ricchezza da parte dell’impresa privata e delle Partite Iva. Il rischio concreto è di finire nel litotritore dei mercati finanziari, una volta venute meno, da un lato, la copertura a tempo degli acquisti massivi di titoli del debito pubblico italiano da parte della Bce e, dall’altro, la manna dei fondi del Recovery Fund a causa della nostra atavica resistenza a realizzare le riforme strutturali di sistema, per non intaccare una miriade di interessi parassitari consolidati che da secoli fanno la fortuna elettorale dei grandi partiti politici italiani.
Sicché, per sfuggire al redde rationem, analisti e commentatori politici si rifugiano nella teoria del complotto globale, accusando i cinesi e i laboratori di Wuhan di aver costruito in vitro il virus. Ma senza spiegare i vantaggi oggettivi e il perché, in definitiva, i cinesi l’abbiano in primis scatenato su se stessi, non disponendo già di un vaccino come antidoto. Anche qui: le menzogne e i ritardi di Pechino vengono utilizzati per coprire la foglia di fico della vergogna delle multinazionali e delle roccaforti finanziarie occidentali che, per aumentare a dismisura i loro profitti, hanno favorito al massimo la delocalizzazione delle imprese ad alta densità di manodopera, senza minimamente preoccuparsi della perdita di centinaia di milioni di posti di lavoro in Occidente, né del progressivo trasferimento delle produzioni strategiche, come la fabbricazione dei principi attivi degli antibiotici, nelle mani di quel campione di democrazia che è Xi Jinping. L’unico vantaggio del Covid-19 è stato, in fondo, di aver smascherato questo perverso intreccio delle catene globali di valore, per cui finalmente si torna a parlare seriamente di un drastico decoupling Occidente-Cina, impedendo a una Pechino sempre più ultranazionalista di godere di tutti i vantaggi di stare nel Wto, senza mai pagare pegno per la sua economia ultra-sussidiata con capitali statali e mantenuta in piedi grazie a una massiva depredazione di kow-how e di tecnologia occidentale. Ma se non faremo anche noi, tutti assieme, megaprogetti intercontinentali per surclassare le loro Nuove vie della Seta (coinvolgendo Africa e America Latina), avremmo prodotto soltanto nuove, inutili grida manzoniane!
Aggiornato il 24 agosto 2020 alle ore 13:06