Gli “improbabili” segreti del presidente Conte

Lo scorso sette agosto, non di sua iniziativa ma per intervento del giudice amministrativo, il governo ha finalmente eliminato l’obbligo di segretezza sui verbali delle riunioni del comitato tecnico scientifico, le cui conclusioni, incrociate con le decisioni politiche, hanno condotto il paese al lockdown. Il governo, durante l’emergenza sanitaria, ha disposto restrizioni alla libertà personale così dure da sollevare più di un dubbio sull’effettiva legittimità dei provvedimenti adottati d’intesa proprio con il comitato tecnico scientifico e, in un articolo dello scorso 13 maggio, avevamo anche segnalato l’inopportunità di secretare le riunioni di quello che, con scarsa fantasia, avevamo ribattezzato come il “Comitato di Salute Pubblica che stava gestendo le sorti del paese”.

In effetti, la secretazione appariva del tutto irrituale perché inerente a questioni troppo delicate per sfuggire al controllo degli organi d’informazione e dell’intera opinione pubblica. Il rilievo è duplice sia perché i cittadini hanno diritto a farsi un’idea precisa su quanto accaduto in quel delicato consesso, inedito dal secondo dopoguerra ad oggi, ma anche perché va salvaguardata la trasparenza dell’azione amministrativa, non meno importante delle “ragioni di ordine pubblico” apposte dal governo al momento della nomina del comitato tecnico presieduto proprio da quel Giuseppe Borrelli, cioè, l’attuale capo della protezione civile, ma anche il soggetto che ha brillato di meno per chiarezza nella delicata fase comunicativa.

I pareri tecnici prodromici alle scelte del decisore politico non potevano non essere resi pubblici in un paese dove la trasparenza della PA è un caposaldo che ha contribuito al miglioramento della funzione amministrativa sin dal lontano 1990, anno in cui fu introdotta la legge n. 241, la quale, nel tempo, è stata anche oggetto di modifiche ed integrazioni, ma sempre nella direzione di un ampliamento delle facoltà di accesso del privato e di una maggiore permeabilità del “pubblico”. Anche se gli abusi e le ruberie sono, purtroppo, rimaste invariate, la trasparenza della PA è diventata un fattore importante, per cui il diritto di accesso può essere compresso solo in casi eccezionali.

Oltre a ragioni di trasparenza, l’esigenza di monitorare l’attività del comitato tecnico dipende anche dal fatto che i provvedimenti di Giuseppe Conte, i famosi DPCM, hanno inciso sulla libertà personale che non tollera particolari restrizioni, tranne che su ordine, motivato, dell’autorità giudiziaria, la cd “riserva di giurisdizione”. E poiché la costituzione assegna solo al giudice il potere di limitare la libertà personale, la medesima “compressione” da parte dell’esecutivo doveva essere contenuta al massimo, mentre è avvenuta con modalità non paragonabili alla maggior parte delle democrazie occidentali che pure hanno messo a casa le persone, ma su base rigorosamente volontaria e, quindi, senza sanzioni penali o amministrative in caso di trasgressione. Ed i dubbi sulla legittimità del segreto aumentano se si considera che lo stato, oltre a rispettare la libertà personale, deve tenere i cittadini al riparo anche da sanzioni amministrative o penali potenzialmente illegittime. Curioso anche il percorso giudiziario che ha portato alla rimozione del segreto, dal momento che il Tar del Lazio, il 22 luglio, ha autorizzato l’accesso richiesto dalla “Fondazione Einaudi”, ma il Presidente della Terza Sezione del Consiglio di Stato, Franco Frattini, un politico di lungo corso tra i numerosi politici prestati alla magistratura amministrativa, con una sua decisione monocratica, il 31 luglio, su ricorso del governo, ha temporaneamente sospeso l’ordine del Tar rinviando all’udienza del 10 settembre la valutazione collegiale del Consiglio medesimo per confermare o meno l’accesso già autorizzato dal Tar.

Il tentativo in corner da parte dell’ex Ministro, ora Presidente di Sezione del Consiglio di Stato, di rinviare la pubblicazione dei verbali è stato vanificato dall’autonoma decisione del governo di desecretarli e ciò ha permesso alla “Fondazione Einaudi” di renderli pubblici. E le sorprese non sono mancate perché, durante il lockdown, c’eravamo fatti l’idea che il comitato avesse sollecitato misure più rigorose di quelle adottate dal governo, mentre l’esame dei verbali ha disvelato come i tecnici abbiano assunto posizioni meno “oltranziste” dei politici. Infatti, il governo ha disposto una chiusura indifferenziata dell’intero paese sebbene il comitato avesse proposto modalità più “morbide” e, quindi, il lockdown poteva anche essere gestito diversamente, visto che i tecnici avevano suggerito di chiudere solo aree ad elevato rischio infettivo.

Inoltre, dai verbali è emerso che il comitato tecnico, già ai primi di marzo, aveva proposto la zona rossa in Val Seriana, la Wuhan italiana, mentre il governo non ha ne ha tenuto conto, nonostante, come abbiamo scritto più volte, l’andamento del contagio fosse ampiamente leggibile sin da fine febbraio. Quindi, il governo non solo ha chiuso la stalla quando i buoi erano già scappati, ma ha fatto di peggio perché ha chiuso l’intero paese quando forse non era necessario. In effetti, in Cina, il governo ha subito chiuso la città Wuhan e dopo anche l’intera provincia dell’Hubei, ma non risulta che sia mai stata chiusa tutta la Cina per fronteggiare il Covid19, mentre il governo italiano ha seguito un iter meno lineare, poiché non ha chiuso né la Val Seriana né la Lombardia, ma direttamente tutta l’Italia, dichiarandola, però, “zona arancione” e non “zona rossa” e non vorremmo che queste decisioni fossero stare prese da qualcuno un po’ “daltonico”.

Battute sciocche a parte, va ricordato che, in fase iniziale, il Covid19 era assente dal sud Italia e la fuga notturna dei cittadini da Nord a Sud del paese è stata dovuta a qualche pubblico funzionario infedele che ha permesso ai media di diffondere la bozza del decreto con oltre 36 ore di anticipo rispetto al provvedimento ufficiale.

Insomma, un festival degli “orrori”, con punte kafkiane, se si considera che tutti coloro che, rigorosamente in TV, hanno raccomandato, di volta in volta, agli italiani di stare a casa, politici, virologi, pubblici amministratori, giornalisti, o chiunque altro, erano tutti, rigorosamente, al loro posto di lavoro. Quindi, il governo non ha seguito il parere dei tecnici sulla Val Seriana, ma la “zona rossa” era stata sollecitata, a inizio marzo, anche dalla Regione Lombardia e lascia perplessi che Conte abbia provato a scaricare le responsabilità sulla Regione perché, in quel momento, la titolarità delle operazioni era saldamente in mano sua, ma su questa presunta omissione c’è un’inchiesta della Procura di Bergamo.

Con riferimento, invece, alle denunce per le limitazioni alla libertà personale, appare corretta la decisione della Procura di Roma di non procedere contro il governo, poiché i “super poteri” sono stati conferiti con un atto avente forza di legge, cioè, un decreto legge convertito dalle Camere e, quindi, si tratta di un atto politico, notoriamente, libero nel fine, cioè, che non comporta l’assunzione di responsabilità. Va dato atto al governo d’essersi trovato nel bel mezzo di una pandemia che ha toccato ogni angolo del pianeta e la “media negativa italiana” è, comunque, in linea con la “media negativa europea” ed anche se di errori ne sono stati commessi, tuttavia, bisogna pure considerare che i paesi che hanno sottovalutato un po’ troppo il Covid19, come gli Stati Uniti ed il Brasile, stanno registrando un numero molto alto di contagi e decessi, sebbene, ancora oggi, l’Italia, il paese che ha adottato il lockdown più duro, registri un numero di decessi maggiore agli Stati Uniti, in rapporto, ovviamente, alle diverse dimensioni territoriali.

Tecnici e politici in disaccordo che cercano di “illuminarsi” vicendevolmente, non è la prima volta e non sarà l’ultima, anzi, è un fattore base del processo epistemologico ed in proposito apre la mente la celeberrima frase di Immanuel Kant: “Minorità è la capacità di valersi del proprio intelletto, senza la guida di un altro. Imputabile a se stesso è questa minorità, se la causa di essa non è imputabile ad un difetto di intelligenza, ma dipende da mancanza di decisione e dal coraggio di fare uso del proprio intelletto senza essere guidati da un altro”.

Aggiornato il 24 agosto 2020 alle ore 12:02