
Inutile girarci intorno per spiegare che il Recovery fund potrebbe arrivare a babbo morto. Perché i fondi saranno dati un po’ per volta e vanno reperiti, i Parlamenti dovranno approvare, i contributi netti cifreranno molto meno. Insieme alle luci ci sono ombre, perché oramai la grancassa di sinistra ha battezzato Giuseppe Conte salvatore e l’Europa madre amorevole e generosa. Potremmo stare all’infinito a chiarire il rovescio della medaglia di un accordo, complicato, condizionato e spalmato troppo nel futuro, quando l’emergenza è qui ed ora, ma non servirebbe a niente. Perché il messaggio che è passato è quello di aver trovato l’isola del tesoro e il suo baule. Ovviamente non è così come non sono stati così tutti gli annunci e le promesse fatte dal governo fino ad ora. Tanto è vero che siamo alla canna del gas al punto tale da non poter bloccare alcuna scadenza fiscale per evitare il collasso della Ragioneria generale dello Stato. Al netto delle opinioni tra chi pensa di aver risolto e salvato il Paese grazie al Recovery fund e chi come noi la pensa diversamente, perché in una vasca bucata non c’è acqua che possa riempirla senza riparare i buchi, il governo rimane in piedi e per mandarlo via restano tre opzioni: le Regionali, la rivolta e Matteo Renzi.
Partendo dalla fine, quella di Renzi è l’opzione più improbabile perché l’ex premier è inaffidabile, non mantiene la parola, del Paese se ne è sempre buggerato preferendo sé stesso e perché l’ipocrisia giallorossa nasce per lui, dunque sperare in un sussulto di dignità e democrazia verso l’Italia da parte sua è quasi impossibile. La seconda opzione invece, la rivolta, è più concreta, sia chiaro non parliamo di un golpe oppure della Rivoluzione russa, ci mancherebbe. Per quelli come noi che sono liberali autentici lo spazio per la violenza e l’illegalità non esiste. Ci riferiamo però alle proteste, alla piazza, alle manifestazioni consentite, alla disobbedienza e all’obiezione possibile e civile. Parliamo del clima che all’inizio dell’autunno sarà talmente incandescente per via delle idiozie politiche, dell’incapacità e dell’incoscienza del governo sui provvedimenti necessari a contrastare la crisi, da sfociare in una sorta di rivolta generale tale da suggerire al Colle un cambiamento rapido. Del resto, che a ottobre il peso degli sbagli, delle sciocchezze e dell’ignoranza sull’economia e sugli strumenti indispensabili oltreché logici, per sostenerla e rilanciarla in modo serio verranno a galla è sicuro. Dopo l’estate il bilancio di tutto il segmento produttivo sarà così fallimentare che i brindisi, le passerelle e gli show al governo, potrebbero davvero andare di traverso e di brutto. I nodi arriveranno al pettine e per quanto in Italia, come diceva Ennio Flaiano, si cerchi sempre di nascondere il pettine, stavolta per Conte sarà difficile far sparire lo strumento per acconciare i capelli, elementare Watson.
Infine, l’ultima più concreta e democratica opzione per mandare a casa un governo inadatto, abborracciato, messo insieme in modo ipocrita e forzato, sarà quella del voto regionale di settembre. Perché sia chiaro se il centrodestra dovesse fare il pieno, chiedere il voto politico immediato sarebbe il meno. Per farla breve se dalle elezioni settembrine uscisse fuori che in Italia 15 o 16 regioni su 20 sono governate da una coalizione opposta a quella del governo, fare finta di niente sarebbe il colmo dell’ipocrisia e un’offesa ancora più grave alla democrazia. Per non dire che se succedesse testimonierebbe l’ennesima sconfitta elettorale dei giallorossi e fare spallucce al popolo, alla sovranità costituzionale, al sentimento generale, all’evidenza numerica in un clima nazionale di cui prima parlavamo, sarebbe davvero come buttare un cerino in un mare di benzina. Ecco perché a questo punto il centrodestra deve concentrarsi solo sul voto autunnale in modo forte e incessante per chiamare all’appello tutta la gente che non ne può più di Conte, quei milioni e milioni di italiani che dall’inizio della crisi sono stati presi in giro, che rischiano, per colpa del governo, di non avere più un futuro.
Aggiornato il 23 luglio 2020 alle ore 10:26