Il nuovo Pantalone

La conclusione della trattativa di Bruxelles ha, per ora, un solo sicuro effetto positivo che riguarda le borse, che oggi vanno in su, e il fatidico spread, che va in giù. Il resto è solo esagerata manifestazione di auto-elogio, un atteggiamento tipicamente italiano altrettanto tipicamente destinato a produrre disincanto il giorno dopo. L’effetto positivo sopra descritto è concreto ma, purtroppo, solo temporaneo come sempre accade per le reazioni emotive dei mercati. Essere riusciti ad ottenere molte decine di miliardi a “fondo perduto” e ancora di più in termini di prestito non è, di per sé, simile ad una enorme e insperata quantità di manna che piove dal cielo bensì solo una sostanziosa, sulla carta, sottoscrizione di nuovi impegni e di nuovo debito. Il vantaggio consiste nei bassi tassi previsti e, soprattutto, nel fatto che, per la prima volta, l’Europa si indebita a sua volta in quanto sistema finanziario pubblico anche se, questo, non è da assumersi necessariamente come un risultato incoraggiante dato che, fino a prova contraria, il pareggio di bilancio, almeno come obiettivo tendenziale, sarebbe preferibile in qualsiasi Paese del mondo.

Ad ogni modo, data l’eccezionalità della crisi, brindiamo pure alla memoria di John Maynard Keynes e alla dimostrazione, sebbene faticosa e insidiosa, di solidarietà intraeuropea. Lo svantaggio o, meglio, gli svantaggi che già si profilano sono però numerosi. Chi ha tifato per l’Italia definendo egoisti e miopi i Paesi del Nord – fra i quali, chissà perché, viene inserita l’Austria che è a tutti gli effetti un Paese appena poco meno meridionale dell’Italia – temo stia prendendo una cantonata. Il torneo non è finito perché per ora è solo programmato. Tutti, o quasi, i commentatori concordano infatti nel ritenere che un Governo come quello che abbiamo sia ben lontano dal possedere le capacità di proporre e soprattutto di attuare le riforme di cui tutti i partiti parlano da tempo. Si tratta di un timore più che fondato che ha la sua giustificazione nella pressoché assoluta mancanza di idee di medio e lungo periodo come base di qualsiasi progettazione dotata di senso. D’altra parte, va sottolineato che la differenza principale fra il prestito europeo e quello che potremmo ricavare dall’emissione di debito domestico sta nel fatto che, mentre il secondo verrebbe giudicato attraente o meno dal mercato, quello europeo verrà giudicato da “commissioni pubbliche” a Bruxelles.

Ciò potrà introdurre deformazioni che nulla avranno a che fare con l’andamento dell’economia italiana e degli altri Paesi nel prossimo futuro, mentre potranno essere dovute a valutazioni e criteri esclusivamente politici. Le reazioni di medio termine dei mercati a tutto questo saranno quanto mai imprevedibili. Il sospiro di sollievo che sta circolando in queste ore presso gli italiani ha il sapore di chi, in procinto di dover aprire il portafoglio per salvarsi, crede di aver scampato il pericolo perché i soldi ci appaiono come provenienti da altrove, ossia da un nuovo Pantalone che elargisce ricchezza da Bruxelles come, prima, lo faceva da Roma. Ma non è così perché, sia il “controllo” europeo sia la nostra riottosità a passare, in fatto di riforme, dalle parole ai fatti, finiranno per vanificare o, peggio, per ribaltare i possibili effetti positivi di un aiuto che, temo, ci costerà comunque molto caro.

Aggiornato il 22 luglio 2020 alle ore 13:18