Ha vinto Rutte ma non si può dire

Diciamoci la verità, ha vinto Mark Rutte, portando a casa sconti e rimborsi per l’Olanda e i frugali, la sottrazione di 110 miliardi dai sussidi, il freno a mano sull’erogazione delle tranche e una sorta di veto sui finanziamenti, perché con un terzo dei Paesi si controlla tutto. Ma se questo non bastasse vi diciamo ciò che pochi vi spiegheranno e cioè che degli 80 miliardi di sussidio destinati a noi, quelli netti saranno 20, perché andrà sottratto il finanziamento annuale alla Ue di 15 miliardi che in 4 anni fa 60, dunque 80 meno 60 cifra 20 netti. Per farla breve, l’Italia avrà qualcosa in più di prestito e la trattativa è stata più per i frugali che per noi, oltretutto per evitare il peggio, Giuseppe Conte ha dovuto giocare il jolly della crisi di governo e delle elezioni che avrebbero portato alla vittoria il centrodestra. Il premier ha spiegato ad Angela Merkel e ad Emmanuel Macron che se non avesse ottenuto niente tornato in patria la sfiducia sarebbe stata ovvia e in quel caso evitare le elezioni sarebbe stato impossibile, col risultato che il centrodestra avrebbe vinto di sicuro.

Ecco perché di fronte al rischio di ritrovarsi l’Italia a guida centrodestra, Merkel e Macron hanno forzato per chiudere e dare a Conte un premio di consolazione da spendere, per questo il prestito totale è stato aumentato di 30 miliardi, tutto qui. Per usare Dante, potremmo dire che più della crisi poté la paura di ritrovarsi un’Italia in mano al centrodestra e visto che il Conte bis è nato solo per via di un diktat della Ue contro un esecutivo a guida Lega, che finisse così era naturale. Il fil rouge sia dell’Europa e sia dei giallorossi non è stato quello di pensare ai problemi veri del Paese, ma di evitare che una crisi portasse a nuove elezioni, a conferma di una democrazia mortificata. Per questo l’anno scorso è nato il Conte 2 contro ogni logica elettorale e popolare. Tanto è vero che la domanda naturale dopo la trattiva appena chiusa è una: e adesso? Adesso per l’Italia nulla è cambiato perché resta governata da una coalizione incapace, inadeguata e largamente impreparata ad affrontare e risolvere i problemi come si è visto fino ad ora. Parliamoci chiaro: al netto dei prestiti e sussidi, ciò che fa la differenza è il programma, la strategia e un piano concreto per il rilancio dell’economia. In pratica, tutto ciò che i giallorossi ancora non hanno né fatto e né pensato, presentandosi in Europa col piattino e basta. Del resto, l’abbiamo visto in questi mesi nei quali sono stati bruciati più di 80 miliardi di debito ulteriore senza che il Pil se ne accorgesse affatto, danaro dissipato in assistenza, statalismo, salvataggi assurdi e contentini elettorali. Nulla che offrisse alle aziende, al lavoro, ai consumi, all’intrapresa, il sostegno concreto e necessario per ripartire.

È la ragione per cui tutto il segmento privato produttivo sia sul piede di guerra, esasperato e indignato, pronto alla rivolta, alla disobbedienza. Ad ogni comportamento utile alla sopravvivenza di un apparato frutto di decenni di impegni e sacrifici che rischia di saltare. Perché il nodo dell’incoscienza giallorossa sta qui, non capire che anziché tutelare col mensile l’apparato statale enorme, esoso e largamente inefficiente, andava tutelato quello privato senza il quale salta per aria baracca e burattini, a partire dalle tasse, dai finanziamenti a fondo perduto, dalle semplificazioni e agevolazioni. Del resto, basterebbe copiare. In questi giorni, Conte anziché pensare alla vittoria di Pirro, avrebbe dovuto prendere appunti sui sistemi adottati da Francia, Germania e dalla stessa Olanda per sostenere aziende, cittadini, consumi e occupazione ad iniziare proprio dalla fiscalità. C’è poco da accusare l’Olanda di essere un paradiso fiscale, come se l’ideale per l’economia fosse l’inferno italiano delle tasse. La leva fiscale è uno strumento potentissimo di stimolo alla crescita, all’intrapresa e al consumo, dovremmo copiare anziché criticare.

Ma siccome i cattocomunisti e i grillini, nascono e crescono per mortificare la produzione della ricchezza col torchio fiscale per mantenere in piedi un leviatano inutile e dannoso, le tasse in questa crisi anziché bloccarle e abbassarle le confermano e peggiorano. Roba da matti. Ecco perché il nodo non è quello dei finanziamenti, dell’Europa, dei Paesi che tutelano giustamente gli interessi propri. Il nodo esiziale da noi è la sinistra e i cattocomunisti al governo. È il loro modo di pensare l’economia, lo Stato, il fisco, i cittadini. Quel modo che in decenni ci ha rovinati. Che piaccia o no in 76 anni di repubblica i cattocomunisti per dritto o per rovescio hanno governato per 67 e Silvio Berlusconi per 9. Solo la sfacciataggine politica illimitata della sinistra può accusare il centrodestra di essere un rischio per il Paese, dopo averlo ridotto pelle e ossa a forza di statalismo, assistenzialismo, clientelismo e sindacalismo dei privilegi piuttosto che dei diritti e dei doveri. Dopo averlo dissanguato con la Fiat, le baby pensioni, i salvataggi folli, gli enti inutili, le municipalizzate, il ripianamento delle perdite delle partecipate, le assunzioni a gogò, gli enti locali senza fondo, i costi di una giustizia lenta, ingiusta e politicizzata, l’ingresso in Europa mal gestito. Ecco perché siamo al lumicino. Mica per colpa dei marziani.

Per salvare l’Italia serve eradicare la politica economica, sociale, industriale, cattocomunista, sostituirla con la cultura liberale dello sviluppo anziché dell’assistenza, della crescita, dell’intrapresa privata anziché dello statalismo, della libertà d’iniziativa anziché dei carrozzoni elettorali, del sud liberato dal giogo clientelare, un Sud liberato, agevolato all’intrapresa sarebbe petrolio più degli Emirati. Fateci votare, fateci cambiare, fateci provare a salvare l’Italia per davvero. Prima è e meglio è. Date retta cattocomunisti, siete stati sconfitti dalla storia è la realtà dei fatti. Lasciate perdere prima che sia peggio per tutti.

Aggiornato il 21 luglio 2020 alle ore 11:33