Di certo quel genio di Renzo Arbore, mai avrebbe pensato che la sua trasmissione, un successone incredibile degli anni Ottanta, avrebbe dato spunto ai comportamenti di un governo e di una maggioranza per affrontare i problemi più gravi dell’Italia. Perché sia chiaro per regalare un paio d’ore di allegria, ironia, battute e simpatia, a mettere insieme di notte una compagnia ci può stare, ma per decidere le sorti del Paese in un passaggio estremo e delicato come questo è roba da non credere veramente. Insomma basterebbe guardarsi attorno per vedere che siamo l’unico Paese al mondo a riunire in notturna così spesso, tanto il Consiglio dei ministri quanto i vertici della maggioranza, per risolvere e mediare i temi più scottanti della settima potenza del pianeta. Se non fosse vero sarebbe materia da psicanalisi, da copione di un film di fantascienza o di un romanzo d’appendice, eppure coi giallorossi è diventata una realtà che solo da noi può essere accettata e sopportata. Anche perché a dirla tutta, questa maggioranza che nel Paese è minoranza chiara, già fatica di giorno a ragionare e partorire soluzioni, figuriamoci la notte quando con alle spalle il peso delle ore precedenti, la stanchezza irrompe e offusca i ragionamenti. Tanto è vero e lo sappiamo che dai vertici notturni tra leader per non parlare di quelli dei ministri, sono usciti fino ad ora i salvo intese, i nulla di fatto, decreti posticci e soluzioni più simili a pasticci. Oltretutto non si capisce il motivo per cui si scelga la notte anziché il giorno, quando a mente fresca la testa funziona meglio a dispetto dello sbadiglio, a meno che il cervellone che organizza l’agenda del governo voglia solo tenere lontano dai ministri l’orecchio lungo dei giornalisti.
Sia come sia la coalizione più di sinistra della storia, il governo più abborracciato di sempre, l’esecutivo delle seconde file messo in piedi a forza solo per impedire che la democrazia del voto facesse il corso naturale è abituato alla notturna come cerimonia rituale. Anche stanotte infatti s’è riunito per affrontare il problema di autostrade, delle concessioni, delle estromissioni dei fratelli Benetton dopo la tragedia del ponte, col risultato da definire, salvo intese e fuori programma di rimettere di nuovo lo Stato a comandare per evitare ogni futuro dramma. Ebbene che da parte del gruppo aziendale Benetton ci siano stati errori gravissimi è chiaro, la magistratura prima o poi farà giustizia, speriamo, ma che lo Stato imprenditore sia una garanzia di efficienza e sicurezza è una balla colossale che solo i comunisti possono affermare.
Insomma potremmo fare un elenco sterminato di aziende di Stato diventate carrozzoni, mangia soldi, utili solo a sistemare amici, trombati e tromboni, dunque non è la presenza dello Stato a garantire, ma la precisione dei contratti, la verifica degli adempimenti e delle regole d’ingaggio, l’accertamento costante della qualità nella gestione e manutenzione di una concessione. Si chiaro anche i privati ne hanno combinate, utilizzando privilegi, finanziamenti pubblici per mettere in piedi aziende che poi per mala gestione sono andate storte, ma anche qui a dirla tutta lo Stato ha sbagliato perché anziché lasciarle fallire come succede ovunque o le ha salvate o rilevate. Quanto ci siano costati troppi salvataggi è una follia, così come una follia costano tante aziende rilevate sull’orlo del fallimento e che dopo anziché meglio sono andate peggio con la differenza che essendo ormai statali non saltano in aria ma pesano un’eresia sui conti pubblici. Quella dei salvataggi e dell’intervento per rilevare aziende decotte e malgestite è una caratteristica italiana, vittima dello statalismo e dell’assistenzialismo cattocomunista che imperversa da decenni, i famosi accordi sottobanco fra Dc e Pci, col risultato che la spesa e il debito pubblico sono finiti fuori controllo.
Altrove nel mondo occidentale, le aziende nascono e muoiono, se vanno male si lasciano fallire, banche comprese, solo in casi eccezionali e rari interviene lo Stato per aiutare o rilevare, da noi al contrario il pubblico è sempre intervenuto con costi stratosferici in molti casi diventati strutturali, insomma basterebbe pensare a quanto ci sia costata negli anni la Fiat per dritto o per rovescio. Per non parlare delle municipalizzate e di una infinità di partecipate territoriali che ci siamo messi in collo e che rappresentano quanto di meno redditizio e produttivo possa esserci, ecco perché lo statalismo e l’assistenzialismo dei giallorossi fa paura, perché rappresenta il male e non la cura. Sia come sia vedremo come finirà su autostrade, come sull’ex Ilva, su Alitalia, su molte banche a proposito delle quali basterebbe pensare al Mps e ai costi in tasse e debito che ci portiamo addosso per aver coperto impicci a più non posso, di certo non è questa la strada di un governo attento e liberale che pensi allo sviluppo, alla crescita e all’incremento della produttività generale. Insomma torniamo sempre lì, alla cultura, alla matrice, quella dei giallorossi è comunista, cattocomunista con l’aggiunta dei grillini fanatici cinesi e di Nicolás Maduro, ecco perché con loro non può esserci futuro, quella matrice è stata l’origine del male economico sociale dell’Italia, del socialismo reale che ha storto l’albero fino a piegarlo come vediamo. Delle due l’una o ci mettiamo l’animo in pace di essere condannati al fallimento oppure reagiamo, resistiamo e chiediamo a viva voce il voto democratico per la libertà di scelta e il cambiamento.
Aggiornato il 16 luglio 2020 alle ore 10:59