Maastricht e la trappola franco-tedesca. A volte tornano. Intendo i fantasmi delle grandi “Entente” concepite dai troppi furbi (Parigi) e manipolate dai potenti veri (la Germania riunificata). Non è un caso se una donna potentissima venuta dall’Est (Angela Merkel), laureata in fisica e con un dottorato in chimica quantistica, si è cinta la testa senza clamori né sfoggio di potenza della Corona imperiale che fu di Carlo Magno, il grande unificatore dell’Europa medioevale. Fu con quell’atto del 1992, con cui si legavano per sempre le catene ai polsi e alle caviglie dei popoli anarchici dei Paesi mediterranei (destinati al vassallaggio di consumatori netti di tecnologia tedesca, vittime di un euro sopravvalutato e non più svalutabile autonomamente!), che si riduceva drasticamente la libertà di manovra delle Banche centrali nella stampa di moneta e nell’acquisto dei titoli del debito pubblico nazionali. Nessuno all’epoca si accorse o volle inviare segnali di allerta sul nuovo Patto di Monaco con cui si consentiva stavolta al marco tedesco (e non più alla Wermacht!) l’annessione di immensi spazi economici prima dell’Europa centrale e nordica e, poi, di quella dell’Est a seguito del folle, intempestivo allargamento della Ue agli ex Paesi del socialismo reale.

In questo modo, da un lato Berlino andava creando un rapporto economico privilegiato con la Russia post-1991, devastata nel frattempo dall’innesto criminale e subitaneo del modello liberista americano in un sistema a pianificazione centralizzata (come avvenne analogamente un decennio dopo con l’implementazione della folle teoria del Nation Building nell’Iraq post-Saddam, costato immensi lutti alle popolazioni mediorientali e a quelle occidentali!). Dall’altro, in una sorta di riedizione del Patto Molotov-Ribbentrop, la Germania ha tenuto contestualmente Mosca ben distante da un’alleanza sinergica con la Nato e la Comunità europea che, se attuata da un potere decisionale autonomo di Bruxelles, avrebbe fatto del Vecchio Continente cristiano l’area più ricca, meglio difesa e sviluppata di tutto l’Occidente, impedendo di fatto l’insorgenza in Asia e in Cina, in particolare, del mostro totalitario del comunismo “capitalista”! Lo scambio “marco-euro” avvenne a tutto vantaggio del rigore teutonico di bilancio e portò in cambio alla Germania l’ex Ddr, per la cui riqualificazione industriale ed edilizia investirà migliaia di miliardi di marchi e, poi, di euro, dando così al Paese riunificato un incredibile vantaggio economico sulla riqualificazione del suo mercato interno. Del resto, le lezioni della Storia non servono a nulla e sono destinate a ripetersi in forme sempre più negative. Il Secondo Dopoguerra, infatti, ha dato l’opportunità a una Germania rasa al suolo di ricostruire ex novo il suo apparato produttivo, sfruttando adeguatamente le risorse del Piano Marshall e la Guerra Fredda.

I sovietici furono all’epoca gabbati due volte: la prima, per aver creduto di punire la Germania ripagandosi dei danni di guerra con lo smantellamento di tutto l’apparato industriale nazista, trasportato a pezzi e rimontato come un meccano all’interno dell’Urss staliniana. Sicché, Mosca si mise in casa tecnologia obsoleta mentre Bonn procedeva all’acquisto sui mercati mondiali di quella più avanzata! La seconda, per aver posto tutte le premesse politiche per la progressiva integrazione della Germania Ovest nell’Area Atlantica a seguito della costruzione demenziale e demagogica del Muro di Berlino, non rendendosi conto dell’imperativo di dover competere sui mercati globali delle merci attraverso l’apertura all’innovazione tecnologica e ai prodotti dell’Occidente. Cosa che la Cina di Deng si guarderà bene dall’imitare inaugurando il suo sistema del capitalismo di Stato che offre ai suoi sudditi merci e benessere, in cambio della loro libertà politica e di pensiero. Ora, la lezione del Covid-19 va ancora una volta a beneficio del modello autocratico cinese malgrado che la pandemia sia emersa all’interno del suo territorio! Da qui si origina la nuova strategia vincente della Germania merkeliana. Da un lato, infatti, Berlino intuisce immediatamente il modello più efficace per mettere argine all’epidemia, curando e tracciando immediatamente i sintomatici affinché non sviluppassero la malattia.

Dall’altra, il Governo tedesco valuta con grande tempismo la portata strategica e devastante della crisi economica causata dal lockdown continentale, attuando le seguenti due mosse fondamentali. In primo luogo, propone con il suo sodale francese l’allentamento drastico dei vincoli di Maastricht, di cui è la prima a beneficiare in grande stile mobilitando migliaia di miliardi di euro per tutelare e garantire la sussistenza del suo sistema manifatturiero e industriale, dato che ad esempio i fanatici dell’automotive tedesca sono proprio i Paesi mediterranei più colpiti dalla pandemia da Covid dei quali, quindi, va garantita la sopravvivenza come consumatori. In seconda battuta, grazie alla fida Ursula Von der Leyen, sua ex ministra della Difesa, e alla prosecuzione della dottrina di Maro Draghi del Whatever it takes da parte della Christine Lagarde (il Trio delle Tre Grazie), crea moneta dal nulla favorendo, anche a dispetto dei suoi giudici costituzionali, un massivo Quantitative easing d’emergenza per l’acquisto di titoli del debito pubblico dei Paesi con più elevato deficit e messi in ginocchio dalla pandemia, come l’Italia. Infine, imposta con Emmanuel Macron una sorta di Recovery Fund rinunciando al suo rifiuto ideologico della “comunitarizzazione” dei debiti pubblici dei Paesi Ue. Mossa che, politicamente, ha messo nell’angolo sovranisti e populisti europei rimasti senza un soldo dovendo fare assistenzialismo pubblico su larga scala. E questa, credetemi, sarà la grande rivincita tedesca, soprattutto se sacrificheremo ai suoi interessi persino la strategia di de-coupling Occidente-Cina, unica nostra via di salvezza per arginare il Dragone asiatico.

Aggiornato il 02 luglio 2020 alle ore 12:39