
Sia chiaro con l’Europa abbiamo sempre fatto i subalterni, solo coi governi Silvio Berlusconi c’è stato un tentativo di orgoglio nazionale, tanto è vero che quando questo sentimento tricolore nel 2011 divenne fastidioso, scattò il golpe dello spread per metterlo a tacere come sappiamo. Insomma ci siamo comportati sempre anziché da paese fondatore, importante produttore, da nazione marginale e questuante, tale per cui specialmente nel confronto con la Francia e la Germania siamo stati surclassati e in qualche caso addirittura mortificati. Qualcuno dirà che il debito, le mancate riforme, gli squilibri di bilancio e la poca crescita, non siano però colpa della Ue, assolutamente vero, ma questo non c’entra con la forza del voto e della voce che un paese tra i primi 10 del mondo dovrebbe comunque avere in un consesso. Anche perché all’atto di avviamento dell’euro eravamo molto più forti e meno indebitati, eppure già in partenza ci siamo inginocchiati con un cambio lira euro penalizzante e con l’accettazione di vincoli sbagliati. Per farla breve è dall’inizio che la Germania con la Francia che gli fa da sponda anche quando sembra il contrario, vedi il caso attuale del Mes, del Recovery Fund e del Next, ci impongono scelte e politiche che dovrebbero essere esclusivo appannaggio del nostro parlamento.
Col risultato che rispetto all’asse franco-tedesco, l’Italia oltreché la sovranità monetaria, ha finito col cederne molta di più, al punto di essere spesso esclusa dai vertici bilaterali sui progetti, per non parlare dei famosi sorrisini ipocriti di Sarkozy e della Merkel. Tanto è vero che Mario Monti ci fu imposto dalla Ue non per salvare l’Italia, che infatti ha condannato ad una recessione tra le peggiori, ma per portare avanti sotto dettatura i desiderata del binomio comandante. Del resto pensate voi come avrebbe reagito la Germania se la lettera della Bce fosse arrivata alla cancelliera, apriti cielo, sarebbe stata rispedita al mittente con tanto di diffida da parte del governo e del Bundenstag. Altrettanto sarebbe accaduto con la Francia, che infatti dall’inizio dell’euro, ha posto e disposto a piacimento sulle politiche economiche e di bilancio, dumping e deficit compresi, per non parlare di tanti accordi commerciali studiati ad hoc nella Ue, pro domo loro. Potremmo parlare delle quote latte, dell’agroalimentare, della pesca, del petrolio africano, dell’acciaio, insomma di tanti accordi fino a quelli sull’immigrazione che se ne sono buggerati dei problemi della nostra nazione. La stessa politica accomodante della Bce di Mario Draghi, che certo ci ha salvati, è stata possibile non solo per l’autorevolezza indiscutibile del presidente, ma perché sotto sotto è tornata comoda alla Francia e alla Germania per via della quantità enorme di derivati che avevano in pancia e che andavano ripuliti.
Insomma se allora le banche franco-tedesche non fossero state piene zeppe di tossicità, chissà come sarebbe andata sul Qe, sui tassi e sulle manovre non convenzionali, probabilmente si sarebbe visto un film diverso e lo stesso Draghi magari avrebbe dovuto escogitare qualcosa d’altro. Che piaccia o meno la realtà è che nella Ue c’è chi conta veramente e chi poco o niente e noi siamo tra questi, ma la colpa è solo nostra, perché senza offesa vale il proverbio, chi si fa pecora il lupo se la mangia, ecco perché siamo in ginocchio. Oggi poi non ne parliamo, mai c’è stato un governo così confuso, impreparato ad affrontare in Europa gli accordi sui finanziamenti, sugli stanziamenti straordinari, sulle erogazioni extra di bilancio. Infatti ci presentiamo alle trattative non solo con chi non ci ha mai amati, perché non ci prendiamo in giro sull’improvvisa benevolenza e amorevole corrispondenza di Angela Merkel, di Christine Lagarde e di Ursula Von der Leyen , ma senza soldi e senza uno straccio di strategia. È visto che quando si tratta di soldi comuni, partecipati, di prestiti accordati, i conti se li fanno tutti eccome, che sia il Mes, il Next o il Recovery Fund, non saranno e giustamente, né regali, né atti di filantropia, ma costeranno e saranno a condizione. Del resto lo stesso fondo perduto che sarà erogato, ammesso e non concesso, non rappresenterà altro che una parte di restituzione dei fondi che ogni anno eroghiamo alla Ue e che oltretutto ci rendono un paese contributore netto.
Dunque dobbiamo metterci in testa che non sarà facile, automatico, come i cattocomunisti di governo vogliono farci credere, lo stesso Slvio Berlusconi sbaglia a sostenere con entusiasmo il Mes come fosse un regalo, perché se è vero che costa poco o niente e altrettanto vero che sarà sia condizionato sia controllato dalla Commissione Ue. Ecco perché bisogna stare attenti e valutare se in cambio di un tasso vantaggioso assai, accettandolo andiamo a metterci nei guai, insomma talvolta pagare un po’ più di interesse in cambio della libertà e dell’autonomia di spesa può convenire. Qui non si tratta della contrarietà ai prestiti particolari di questo, quello, dei paesi frugali, si tratta di vedere nei dettagli dove si nasconde il diavolo, prima di accettare senza trattare come alcuni suggeriscono di fare. Oltretutto e qui sta il peggio arriviamo alla trattativa con l’acqua alla gola, perché in questi mesi anziché mettere mano al bilancio, agli sprechi, alla valanga di miliardi bruciati in statalismo assistenziale e improduttivo, abbiamo addirittura aumentato le spese inutili, senza una riforma e uno straccio di strategia economica, produttiva, alternativa. Ecco perché abbiamo scritto in ginocchio da te come il brano di Gianni Morandi, perché un governo impreparato e abborracciato che fino ad ora ha fatto il pinocchio non può che finire per mettersi in ginocchio, alla faccia del miglior esecutivo possibile e insostituibile…
Aggiornato il 19 giugno 2020 alle ore 14:20