La statua imbrattata di Montanelli e i “ragazzini” di Giorgia Meloni

È un atto incivile, non un gesto politico. E delegittimarlo è consenso alla giustizia e democrazia, non una dichiarazione di voto. Gli italiani, e anche gli stranieri, che saranno dalla parte della delegazione di “Gioventù nazionale”, il movimento dei giovani di Fratelli d’Italia che sono andati a ripulire la statua imbrattata di rosso dai centri sociali del giornalista e scrittore Indro Montanelli, si dichiareranno dalla parte della libertà, della legalità e dell’onore. Chi non lo farà, e non prenderà posizione, non sarà giustificato. Perché se un cittadino non sa riconoscere i suoi valori, e non li sa riconoscere nei delegati politici, è complice ed è complice accidioso. E la sinistra parlamentare insieme con le istituzioni che continueranno a considerare “militanza” simili reati potranno essere considerati i mandanti maligni e i favoreggiatori ipocriti dei tanti crimini italiani commessi con le coperture ideologiche. Deve finire e finirà! Aver imbrattato “di rosso” la statua di Montanelli non è una bravata soltanto, come quella che ogni 10 marzo, festa della donna, sedicenti femministe perpetrano scrivendo in rosa “razzista, stupratore”, ignorando il senso del monumento che raffigura Montanelli con la sua Olivetti Lettera 22 sulle ginocchia.

Perché quella “lettera 22 sulle ginocchia” è l’emblema del giornalismo indipendente per chiunque abbia mai scritto e voglia scrivere. E dunque non si può omologare questo gesto alle tante scritte mascalzone sulle tombe degli avversari o sui nomi delle vie dei nemici. E non si può omologare questa sporca azione alle proteste “antifa” in corso in America dopo l’uccisione dell’afroamericano George Floyd in conseguenza di un fermo, sulle quali oltretutto esistono idee diverse. Aver vilipeso la statua di Montanelli e infangato la sua memoria è un atto “armato”. E quindi è come quando nel 1977 stupidi estremisti Br lo gambizzarono, sparandogli alle gambe, ai giardini pubblici di via Manin. E dopo anni il direttore volle pure incontrare i suoi esecutori per perdonarli. Questo era Montanelli, lo ricorda la gente e lo sanno i giovani? Pertanto oggi sporcare la sua immagine è una nuova ingiustificatissima “esecuzione” da parte degli stessi ideologici perdonati di troppi crimini e tante sporche bravate. Questa presunta “giustizia fai da te” violenta e priva di codici non la possiamo accettare neppure per un attimo. Rivolta poi al “principe dei giornalisti”. E non è un modo dire, cioè a colui che non si è mai piegato a nessun potente e a nessun potere insegnando a tutti i giornalisti e comunicatori a stare solo “dalla parte dei lettori” in quella visione delle idee che definiamo “liberal”. Non destra, sinistra, centro o liberali. Ma “liberal, senza la “e” finale. Vuol dire “indipendente” da tutto e tutti, anche dal padre, dal marito e dal figlio, come deve esserlo chiunque faccia informazione.

E noi lasciamo decapitare costui come un criminale? Chi è stato un giornalista de Il Giornale deve a Indro Montanelli una difesa d’onore, come un figlio a un padre e una madre a un figlio. Ma glielo deve anche l’intera comunità dei giornalisti italiani, gli organi di categoria, le case editrici, il Parlamento soprattutto, cioè il potere politico. E glielo deve chi Montanelli lo ha letto, lo ha seguito e lo ha stimato o anche non. Glielo devono le istituzioni e i cittadini di questo paese, perché oltretutto non si possono legittimare la violenza e l’odio come arma possibile contro il presunto odio razziale o di genere o chicchessia. Come se l’odio di qualcuno valesse più di quello di un altro. Questo è l’errore ideologico. L’odio non è mai alcunché. Ma fortunatamente non esiste solo un’Italia che protesta indegnamente e ha sempre ragione. Esiste anche una comunità civile di giovani, con meno audience forse ma con coraggio e lealtà. Tali si sono dimostrati i giovani di Fratelli d’Italia, il partito di Giorgia Meloni, che non hanno fatto polemiche e comunicati, ma sono andati dritti a ripulire la statua di Montanelli.

E, badate, non è un’altrettanta “manifestazione” come chi la statua l’ha sporcata, perché è stato come asciugare il sangue di un giusto nei rivoli della memoria. “Un gesto inaccettabile e abbiamo voluto dirlo contribuendo a cancellare le tracce”, ha spiegato Francesco Rocca, presidente milanese di Gioventù nazionale. E ha aggiunto l’europarlamentare di Fratelli d’Italia Carlo Fidanza: “È un gesto vile. La storia, la memoria, la cultura e la civiltà di una nazione non si possono cancellare. Ci aspettiamo un segnale dalla sinistra che governa Milano”. E non finisce qui, sapete, a Indro Montanelli e al giusto risarcimento che spetta al “direttore” anche da monumento nei giardini di Milano. Perché ora che sono pubblici i nomi dei giovani italiani non omologati, non in linea, non schierati, non militanti e non di sinistra, ci tocca difendere loro.

E difenderli con mille occhi e mille cuori affinché non cadano come altri caduti “ragazzini” con le belle idee e le belle bandiere, colpiti alle spalle e oltraggiati con l’inammissibile impudenza per anni che “uccidere uno di loro non era reato”. Non è ancora reato? Inutile cercare giustizia per costoro? Durasse in eterno non ci saranno pace e vita se non saranno baciati uno a uno i loro capelli insanguinati e non siano onorati i loro futuri stroncati. Altro che riposino dimentichi nei cimiteri incolti, ignorati e dannati. Sono “i ragazzini” che dal cielo fanno salire le percentuali di Giorgia Meloni, che di per sé vale uno. Spetta a ogni italiano ricordarli, spetta alla sinistra e alla loro “bella gioventù” rispettarli.

Aggiornato il 15 giugno 2020 alle ore 13:34