
Il concetto lo ha espresso efficacemente Ettore Rosato, coordinatore nazionale di Italia Viva: in un momento di crisi dobbiamo affidarci responsabilmente al comandante della nave, ma se sulla rotta scorgiamo uno scoglio abbiamo il dovere di avvisarlo, perché sulla nave ci troviamo tutti noi. Effettivamente di scogli all’orizzonte ce ne sono tanti, alcuni grandi come iceberg mentre altri, non meno insidiosi, si trovano a pelo d’acqua. Per rimanere nel campo delle metafore, il presidente Giuseppe Conte sa di camminare su una corda come un equilibrista: se si ferma cade, se avanza ogni suo passo lo porta a un nuovo punto di equilibrio, ma tutti i punti di equilibrio raggiunti sono instabili, per cui deve continuare ad andare avanti per correggere le instabilità.
Il paradosso è che le insidie del momento non gli derivano tanto dalla sua maggioranza o dall’opposizione, bensì dalla pletora di dirigenti dello Stato che, nel chiuso degli uffici ministeriali o delle authorities, condizionano l’efficacia delle politiche governative e decidono se portarle avanti, se rallentarle, o se bloccarle del tutto. Il presidente del Consiglio è consapevole di queste difficoltà e infatti si è detto impressionato dagli attacchi provenienti da pezzi dello Stato, burocrazia e apparati ministeriali, che lavorano contro il suo esecutivo. Anche se poi ha smentito di avere pronunciato quella frase, almeno nel modo riferito dai giornali, c’è da credere che quello fosse veramente il senso delle sue affermazioni.
C’è da dire che non sono accuse nuove, molti leader in passato hanno accusato la burocrazia di boicottare sistematicamente i loro progetti di riforma. Qualche volta era chiaro l’intento della politica di scaricare su altri le proprie responsabilità e talvolta l’accusa era fondata. Probabilmente è stata proprio la scarsa fiducia del presidente Conte negli apparati burocratici che lo hanno portato a costituire le numerose Task force sulla base di incarichi fiduciari: persone scelte da lui e che a lui solo devono rispondere, non alle cordate ministeriali che decidono nomine e incarichi al di fuori di ogni regola e spesso in spregio alla tanto invocata meritocrazia.
È prevedibile che l’apparato pubblico non sarà in grado e nemmeno vorrà gestire le risorse europee che Conte è riuscito faticosamente a farsi promettere. La farraginosa normativa italiana e i controlli della magistratura (civile, penale e contabile) non incoraggiano i progetti e le spese per investimenti con le conseguenti assunzioni di responsabilità. E i burocrati sono inclini a preferire la tranquillità del posto di lavoro rispetto al movimentismo della politica. Ecco perché sarà imprescindibile il ricorso a commissari straordinari di nomina governativa. Ma è una scorciatoia che non deve rappresentare la regola. E, soprattutto, rappresenta la rinuncia in partenza ad affrontare il nodo della burocrazia. Se anche la burocrazia anziché essere uno strumento si trasforma in uno scoglio, per tornare alla metafora di Rosato, la soluzione non può essere quella di dribblare il problema.
Aggiornato il 15 giugno 2020 alle ore 12:35