Ne riparliamo a settembre

Mentre Giuseppe Conte è convinto che la gente sia tanto sprovveduta da vedere in lui la statua della salvezza e del futuro, anche se a proposito di statue, di sinistra, del suo concetto di democrazia, basterebbe vedere quello che succede. Perché sia chiaro, la sinistra si guarda bene dal manifestare contro la Cina, la Corea del NordCuba, contro quei Paesi dove la libertà è un’illusione e a chiederla si rischia il pestaggio, la galera e la vita, si limita a farlo nelle democrazie dove seppure tra sbagli, luci ed ombre, la libertà è garantita. Provassero a Pechino a buttare giù una statua di Mao Tse-tung, oppure a L’Avana una di Fidel Castro, i monumenti di quei santi uomini che hanno mandato a morte, torturato e imprigionato, una montagna di innocenti che avevano la sola colpa di essere dissidenti e di volere pluralismo e libertà. Insomma, è la storia della sinistra comunista e postcomunista che cambia il pelo ma non il vizio. Da noi poi non ne parliamo. Pur di camuffarsi ha cambiato il nome, il simbolo, ma non la testa, perché la matrice di Palmiro Togliatti, un altro sant’uomo che al fianco di Iosif Stalin ha avallato ogni crimine peggiore, è sempre quella.

Non importa che sia stata sconfitta dal tempo, che il muro sia caduto per la fame e per la povertà, che ovunque abbia attecchito abbia negato giustizia è libertà, che il socialismo reale abbia creato un mostro statale capace di generare il fallimento dello sviluppo e dell’economia, importa il potere e pur di mantenerlo, la sinistra è capace di falsificare e derubricare la realtà. Del resto, da noi è dal Dopoguerra che la sinistra comunista ha falsificato pur di apparire quello che non era, ha inculcato nella testa della gente una storia diversa, ha mischiato le carte così bene da riuscire a passare come unica sentinella della democrazia, dei diritti, del pluralismo e delle libertà sociali e civili. È riuscita a far credere che anziché dagli alleati siamo stati liberati da loro, che Stalin sia stato più determinante di Franklin Delano Roosevelt e Winston Churchill messi assieme, che dopo l’orrore nazista nei Paesi dell’Est sia arrivata la libertà. La verità è che in Italia senza gli angloamericani la spietatezza disumana nazifascista non sarebbe stata sconfitta, Stalin senza la valanga di aiuti e mezzi militari americani. Forse non avrebbe vinto. All’est, dopo il nazismo è arrivato un regime tale e quale.

Insomma, la sinistra comunistapostcomunistacattocomunista, è un campione dell’ipocrisia politica e della propaganda, del resto se così non fosse non saremmo arrivati al Pci-Pds-Ds-Pd, al tentativo di spacciarsi da unici tutori della democrazia, dei bisogni sociali, della crescita e del futuro contro il pericolo di un centrodestra fascista, sovranista, illiberale, alla faccia. Eppure l’Italia è ridotta come è ridotta, di certo non per colpa del centrodestra che in più di 70 anni di Repubblica ha governato solo per 9, oltretutto ostacolato e osteggiato dall’apparato che i cattocomunisti hanno costruito ad hoc per controllare gangli, cultura, informazione, giustizia e burocrazia. L’Italia è cresciuta storta perché passato Einaudi, lo statalismo, l’assistenzialismo, il clientelismo, un certo sindacalismo, ha straripato, perché il pubblico si è infilato ovunque, perché il Welfare è stato trasformato da strumento di garanzia in macchina elettorale, perché il sud anziché essere stimolato all’intrapresa è stato narcotizzato col posto fisso assistenziale. Perché dopo il 60, fra Dc e Pci, la spesa pubblica e il Deficit spending sono stati utilizzati per il consenso, il bacino politico al posto della modernizzazione, delle infrastrutture utili allo sviluppo e al confronto con la concorrenza internazionale, dell’adeguamento alle tecnologie emergenti, del miglioramento e ottimizzazione dei servizi ai cittadini.

Il cattocomunismo ci ha precipitati in ciò che siamo, un Paese lento, appesantito da un debito e una zavorra statale fenomenale che ci obbliga a pagare tasse a più non posso, un Paese dove comanda la burocrazia nulla facente, dove la giustizia spesso oltreché orientata e intorbidita è lenta, ingiusta e più vicina alla colpa che all’innocenza. Un Paese dove la previdenza per pagare i privilegi elettorali regalati nel passato rischia il collasso e punisce i giovani, gli toglie il futuro, per pagare un apparato pubblico gigantesco che è vissuto di benefici enormi rispetto al privato, non ha più soldi. Insomma, una previdenza che è stata trasformata in imprevidenza dai cattocomunisti mica da Silvio Berlusconi. Ecco perché diciamo da questa maggioranza che è tutta figlia di quella cultura, peggiorata dall’ignoranza grillina, che futuro ci possiamo aspettare, quale piano per l’Italia ci possono dare, quali programmi diversi da quelli che hanno dimostrato in questi mesi, con bugie, proclami, valanghe di miliardi, manovre poderose, aiuti e sviluppo per tutti, soldi in 24 ore, suvvia. Anche perché la parte più importante dei provvedimenti sbandierati da Conte è fatta ancora di spesa assistenziale, di assunzioni pubbliche, di aumenti e premi agli statali, di nuovi ingressi d’apparato. Insomma, il paradosso che al posto di una revisione ciclopica della spesa pubblica che è una fornace, la si continua ad espandere come fossimo sceicchi, e poi chi paga?

A settembre dopo le passerelle, gli show, i festival autoreferenziali, lo specchio mio specchio, arriverà un conto immane per gli errori di arroganza, presunzione, incapacità a gestire la situazione, il conto dei Dpcm sbagliati e dei soldi sprecati, il conto di un’Italia impoverita che di fronte a Conte e al suo specchio si ritroverà in ginocchio. Ne riparliamo…

Aggiornato il 12 giugno 2020 alle ore 17:06