Nuove rogne per Bonafede dalle chat di Palamara e dal fuoco amico grillino

Fuoco amico sul ministro della Giustizia Alfonso Bonafede grazie a una rognosissima e sibillina interrogazione parlamentare – a risposta in Commissione giustizia – da parte del deputato del Movimento Cinque Stelle, Giorgio Trizzino.

L’atto ispettivo riguarda due consiglieri del Consiglio superiore della magistratura della Sezione disciplinare, nominati di certo non amichevolmente, nelle ormai famosissime chat whatsApp dell’ex consigliere dell’organo di autogoverno della magistratura. Luca Palamara.

I nomi dei due “reprobi” – su cui Trizzino invita anche il ministro del suo partito ad esercitare l’azione disciplinare – non vengono fatti, a scanso di equivoci. I magistrati, si sa, nelle querele godono di corsie preferenziali anche dovessero trovarsi come controparte un onorevole grillino. Ma non dovrebbe essere difficile identificarli – e identificarvisi da parte degli interessati – per chiunque si sia dilettato a leggere i Palamara leaks.

Scrive Trizzino che “nelle numerose pubblicazioni finora avvenute compaiono ripetutamente i nomi (...) di due componenti in carica del Csm, entrambi membri titolari della Sezione disciplinare; in relazione ad entrambi vengono fatti specifici riferimenti: a) ad intercessioni nella carriera universitaria ottenute dal figlio di uno di essi; b) ad interventi effettuati dal medesimo consigliere presso il dottor Palamara, all’epoca componente l’organo, al fine di agevolare talune nomine presso uffici giudiziari laziali anche in vista di scadenze elettorali; c) a pressanti richieste e proteste del medesimo consigliere con riguardo ad inviti a cena presso l’abitazione di una ex componente il Csm; d) alle modalità di nomina ad ufficio semidirettivo requirente dell’altro consigliere, con speciale riguardo alle ragioni della revoca della domanda di altro concorrente; e) alle circostanze del ricollocamento in ruolo di uno stretto parente dello stesso consigliere; f) alle pressioni esercitate da quest’ultimo presso il dottor Palamara volte al suo intervento verso conduttori televisivi allo scopo di limitare la presenza mediatica di altro candidato, al pari del consigliere, alle elezioni del Csm nel 2018; g) all’ammissione di stretto parente del medesimo consigliere a manifestazioni sportive per il tramite dell’ente pubblico Comitato Olimpico Nazionale Italiano, ammissione in effetti avvenuta, a titolo allo stato ignoto, come documentato fotograficamente...”.

Seguono le solite questioni di repertorio di questo tipo di interrogazioni: “… se e quando la Procura di Perugia abbia trasmesso al ministro della Giustizia in tutto o in parte gli atti del procedimento penale prima indicato; se e quali accertamenti ispettivi siano stati posti, o siano in atto, in essere nei confronti di tali consiglieri e se in relazione ai fatti prima esposti siano state promosse richieste al Procuratore generale presso la Corte di Cassazione di avvio di procedimenti disciplinari, con particolare riguardo alle ipotesi di indebito approfittamento, con spendita implicita, della qualità di magistrato; se siano state formulate richieste di provvedimenti cautelari di sospensione dalle funzioni giudiziarie nei confronti dei due consiglieri in questione”.

Per il ministro grillino una nuova rogna che – come si dice a Roma – “la metà basta”. C’è infatti il rischio di perpetrare all’infinito la guerra tra i Cinque Stelle e la magistratura associata, iniziata nella puntata di “Non è l’Arena” di Massimo Giletti quando l’attuale consigliere del Csm, Nino Di Matteo, si tolse qualche sassolino dalla scarpa mettendo a rischio il Governo e determinando una mozione di sfiducia contro lo stesso Guardasigilli che venne salvato – a probabile buon rendere – dai renziani. Adesso questo nuovo siluro “amico” che non mancherà di provocare altre polemiche.

Aggiornato il 11 giugno 2020 alle ore 11:10