Forconi e populisti secondo Calvani

Chi sono i Forconi? Sono eredi di quei quarantamila del Sette e mezzo che invasero Palermo tra il 16 ed il 22 settembre 1866 per protestare contro il governo torinese? Anche in quei frangenti le interpretazioni furono divergenti: per i giornali sabaudi si trattava di reduci borbonici mentre per quelli del Sud di garibaldini delusi dal nuovo corso politico. Nel 1866 il barone di Cammarata siglava un patto con i prefetti sabaudi (quindi col ministro dell’Interno) ed i Forconi ebbero così a ritirarsi. Ma nel 2013 il Movimento dei Forconi si risveglia. Per comprenderne le ragioni e capire se vi siano legami con quelli del Sette e mezzo abbiamo intervistato Danilo Calvani, storico vertice dei Forconi e strenuo difensore di agricoltori e allevatori italiani.

Allora c’è il legame con i Forconi del 1866 o no?

Direi proprio di no. Come non abbiamo alcun legame con generale Antonio Pappalardo e seguaci. Ci sono forconi e forconi: reputo che Pappalardo possa essere contiguo al barone di Cammarata ed ai Forconi di quello strano patto con neonato Regno d’Italia patto i cui strascichi spesso hanno generato misteri sulla politica romana in Sicilia. Comunque il Movimento dei Forconi non ha nulla a che vedere con quei signori avi del Pappalardo.

In molti si sono chiesti che fine avesse fatto il Movimento dei Forconi, che nel 2013 portò in piazze e strade d’Italia nove milioni e settecentomila (dati rilevati da Prefetture e Questure) italiani per la più grande mobilitazione di massa del dopoguerra. Allora?

E qui vi spiego la nascita e l’organizzazione del Movimento. È bene sottolinearlo: prendemmo origine dagli allora Cra (Comitati riuniti agricoli) raccolti sotto un’unica sigla per comprendere tutte le realtà agroalimentari che stavano subendo gli effetti nefandi del “Green Corridor” (corridoio verde), “creatura” dell’allora ministro Gianni Alemanno del governo Berlusconi. Il “Green Corridor” dava il via libera nei mercati italiani alle produzioni di frutta e verdura provenienti dall’Africa, con grave ripercussione sui settori ortofrutticoli italiani e quindi sull’intera economia nazionale. Il Movimento crebbe a dismisura e coinvolse tantissime realtà, e non solo legate all’imprenditoria agricola. La stampa ed i media nazionali vollero ribattezzare, dando senso negativo, col nome di “Forconi” il Movimento: qui nasceva il doppio senso, che da un lato sottolinea le origini contadine e dall’altro cerca d’alludere a legami con i siciliani del 1866. E pochi organi di stampa si sinceravano di constatare che nel neo costituito “Coordinamento 9 dicembre” si riunivano professionisti, industriali, filosofi, uomini di cultura in generale, confermando la bontà delle idee ben distinte e distanti dai Forconi del barone di Cammarata.

E perché qualcuno ha avuto interesse a cavalcare le istanze dei discendenti del “Sette e mezzo” palermitano?

Perché in ogni movimento, anche il più genuino, non mancano mai gli infiltrai e i venduti. Gente che voleva solo mettersi in bella mostra, spesso nelle foto, con Matteo Renzi e Silvio Berlusconi. Forse stimolati da promesse di denaro o agevolazioni per le proprie attività. Poi, seppur tra le tante traversie per colpa degli infiltrati, viene costituito il movimento “9 Dicembre”, attualmente oggetto di contenzioso in sede legale. E’ cosi s’arriva all’attuale “Forconi Populisti per Calvani”. Un Movimento sempre attento all’evoluzione, o involuzione, del panorama politico nazionale, continuando ad incontrare il favore d’imprenditori e professionisti su tutto il territorio nazionale.

Adesso Forconi e Populisti sono di nuovo pronti per far sentire la loro voce?

L’Italia non può essere abbandonata alla mercé di un sistema politico fallimentare e parassita. Siamo pronti a riprendere il discorso interrotto, ma stavolta con una struttura più concreta ed efficace, potendo contare su persone serie e preparate, e non con gli avventurieri che hanno cercato di cancellare la nostra azione.

Date certe per una eventuale grande manifestazione di protesta? In vista l’unione con altri movimenti pronti ad unirsi nella lotta?

Conosciamo bene chi sta preparandosi per la protesta, posso assicuravi che alcuni sono a servizio di partiti e sindacati, mentre altri cercano una improbabile visibilità con iniziative avventate e destinate a fallire. Faccio invece i migliori auguri a chi veramente si batte per la Patria, e con l’obiettivo di dare alla politica una nuova e sana classe dirigente. Dal canto suo, il nostro segretario nazionale Filomena Buonaiuto invita alla collaborazione tra le tante realtà imprenditoriali presenti sul territorio, perché l’obiettivo è l’azione compatta. “Stiamo programmando incontri in tutta Italia – mi dice la Buonaiuto – dove incontreremo personalmente quanti vorranno adoperarsi fattivamente.

Già da questo giugno 2020 mi sembra abbiate in calendario un percorso per organizzare capillarmente la protesta?

Ogni giorno registriamo la rabbia e la disperazione di chi ha perso fiducia verso una politica. Da decenni la parassitaria classe dirigente opprime e devasta la nostra economia, la nostra storia, la nostra cultura. Lo stop forzato a causa del “corona virus” sta scemando, andiamo verso momenti di normalizzazione. Il nostro Movimento si farà sentire con entusiasmo e determinazione per debellare l’arroganza di sistema. Puntiamo su una pianificazione capillare. L’esperienza maturata nel 2013 diede comunque un risultato clamoroso, perché studiata a tavolino. “L’improvvisazione – dice il nostro presidente Giancarlo Carapellotti – non è destinata a portare risultati importanti… in questa fase non ci sono riferimenti regionali o provinciali, ma attivisti che danno la loro seria disponibilità, è la politica dei tanti piccoli passi”. Ora è il momento di pensare alla nostra Patria, e tutti lo dovranno fare col medesimo entusiasmo. Per usare una terminologia automobilistica cara all’amico Carapellotti “siamo sulla linea di partenza pronti a correre di nuovo da protagonisti sotto l’insegna del Tricolore.” E mi fermo qui.

Aggiornato il 10 giugno 2020 alle ore 12:30