
Già a gennaio la maggioranza del paese era inasprita per via di una Finanziaria del governo vissuta come un teatrino senza precedenti. Inutile ripercorrere ciò che con onestà intellettuale non si può non riconoscere come il peggiore spettacolo politico della storia, una sceneggiata da democrazia azzoppata, perché la sovranità popolare è il cardine della carta. Del resto pensate voi se una maggioranza di centrodestra, posticcia, largamente minoritaria nei sondaggi, priva di un programma, si fosse imposta con la scusa che un governo di sinistra coi grillini rappresentava un pericolo per la libertà e per i diritti riconosciuti, cosa sarebbe accaduto? Ebbene gli ipocriti diranno, niente, perché la nostra è una repubblica parlamentare e dunque chiunque abbia i numeri ha diritto a governare, ma al netto dell’ipocrisia dietro la quale i cattocomunisti si sono sempre nascosti, sappiamo bene che sarebbe successo il finimondo.
Dai giornaloni di supporto, agli intellettuali radical chic, ai salotti ostriche e champagne coi ritratti di Togliatti appesi al muro, ai sindacati, ai cosiddetti benpensanti nazionali, avrebbero lanciato un appello tale al soccorso rosso, da far saltare tutto. Per farla breve saremmo andati alle urne certamente, in barba del fatto che sotto finanziaria è impossibile una crisi, che in autunno inverno non si è mai votato, che i mercati ci avrebbero punito, insomma nulla avrebbe impedito di scalzare dal governo il centrodestra. Potremmo ricordare Oscar Luigi Scalfaro nel ‘94, Giorgio Napolitano nel 2011, ma non servirebbe perché piaccia o no, la realtà rimane quella, nella storia solo, i cattocomunisti, hanno potuto fare e disfare nel paese senza problemi, e quando il voto gli ha dato torto sono stati bravi nel condizionare, suggestionare, impedire in ogni modo al Cavaliere la rivoluzione liberale. Sia chiaro le colpe di Silvio Berlusconi sono tante a partire dagli inciuci, dai patti delle crostate, ma se è successo è anche perché negli anni i gangli vitali, le posizioni apicali, i vertici strutturali degli ordinamenti e dell’amministrazione, sono rimasti appannaggio del centrosinistra.
Per farla breve Dc e Pci prima e poi il Pci Pds Ds Pd, si sono creati un mondo di sostegno, supporto e difese da riuscire a controllare il paese anche quando c’era Berlusconi, dall’apparato statale, a quello partecipato, al sindacato e in parte il privato più forte, quel grande capitalismo familiare che ha vissuto di sponda e di occhiolino per avere il sistema più vicino. Ecco perché siamo cresciuti di statalismo, di posti fissi assicurati, con le grandi imprese garantite dagli appalti di Stato anziché dalla competizione di mercato, siamo vissuti di assistenzialismo sfrenato e furbetto, con la previdenza abbiamo fatto politica elettorale anziché garanzia sociale. Per non parlare delle banche, che per decenni sono state figlie dello stato e dopo le privatizzazioni hanno mantenuto il cordone ombelicale del retaggio statale, per questo sono state assistite sempre quando rischiavano di finire male per mala gestio, eppure nel mondo occidentale gli istituti di credito che sbagliano finiscono in tribunale fallimentare. E’ questa la ragione per cui in Italia si è impedita all’origine la cultura liberale, d’impresa, dello sviluppo e dell’intrapresa, del mercato sano e competitivo, dello Stato servitore anziché padrone e signore, del fisco per gli investimenti e servizi efficienti anziché per stipendi inutili e istituti creati solo per dare posti e poltrone contro la ragione, insomma si è creata una cultura, un apparato e un sistema, per controllare, condizionare e determinare anziché crescere e sviluppare in libertà e autonomia.
Da questo universo sono sfuggite però nel tempo, le piccole imprese, gli artigiani, le partite Iva nate via via, i commercianti, i singoli operatori, il minuscolo fai da te italiano che è diventato l’ossatura portante del Made in italy, parliamo di quel mondo che oggi è a rischio di chiusura, fallimento, licenziamento. E siccome il diavolo fa le pentole ma non i coperchi, oggi con la crisi devastante che viviamo, con gli sbagli continui e conseguenti del governo sui decreti, con la spaccatura fra statali garantiti e privati presi in giro, con provvedimenti confusi e inconcludenti per riaprire dopo mesi di obbligo e clausura è proprio questo mondo a essere una polveriera. Insomma la sinistra, i cattocomunisti, i radical chic hanno pensato a controllare tutto meno l’ovvio, il naturale, che di fronte ad una crisi epocale non sarebbe bastato avere dalla propria parte, l’apparato, la burocrazia, i gangli sensibili, perché alla fine l’economia presenta il conto, chi produce rischia e viene sbeffeggiato reagisce protesta diventa esasperato. Cercare di fermarlo con le promesse, le conferenze per dire che arriveranno centinaia di miliardi inesistenti, che sarà fatto questo e quello immediatamente e facilmente quando poi si prende solo per i fondelli la gente che è al lumicino e ha bisogno di tutto e subito, genera una santa barbara pronta ad esplodere.
Altroché tasse e cartelle da pagare, minacce di patrimoniali, allusioni ai risparmi di una vita, creati col sudore pagando imposte, altroché prestiti e non ristori interi, certificazioni anziché taglio dei lacciuoli, per ripartire serve liberare, uno stato amico e non aguzzino, dare fiducia alla libera iniziativa, poche regole e il resto affrancato, credito rapido e assicurato, shock fiscale e libertà di fare senza l’ossessione dei vincoli impossibili, l’occhio del padrone ingrassa il cavallo. Ecco perché c’è poco da impedire il voto, il cambio di governo, di maggioranza, c’è poco da ricorrere al soccorso rosso per inculcare la paura, da rimbambire con i giornaloni sul pericolo di un centrodestra fascista e sovranista, stavolta i cattocomunisti hanno sbagliato i conti, continuando così la polveriera che è stata creata in questi mesi di sbagli dissennati rischia di esplodere contro un cattocomunismo forcaiolo, tasse e manette, statalista e assistenziale, serve un’Italia più libera e finalmente liberale.
Aggiornato il 19 maggio 2020 alle ore 13:50