
Il centrodestra dovrebbe imparare come si governa e come ci si attrezzi alla guida del Paese a partire dalla tecnica dell'entrismo che i cattocomunisti hanno praticato dalla nascita della repubblica ad oggi. Parliamo di nomine, posti di comando, vertici di organismi, di segmenti fondamentali dell'apparato statale, parastatale e di supporto alla azione politica e di governo, dalla scuola, all'informazione, all'industria partecipata, alla giustizia, alla pubblica amministrazione. Insomma ci riferiamo a quel sistema che nel suo complesso è in grado di sostenere, condizionare, gli orientamenti, i giudizi, se non di tutta di una gran parte dellʼopinione pubblica. Se poi a questo si affiancasse lʼattitudine a creare enti inutili, aziende, organismi e cosi via dove assumere a gogò, infilare posti, fare clientelismo, nepotismo e spesa pubblica elettorale, uscirebbe fuori il controllo di un blocco sociale imponente in grado di contrastare ogni alternativa.
Ecco perché oggi oltre alla maggioranza che pensa a sé stessa e a mantenersi a galla piuttosto che alle necessità vere del Paese, c'è un mondo che la supporta per convincere che in questo momento una crisi di governo sarebbe esiziale. Così come c'è un mondo, quello degli statali che della crisi nulla sanno e nulla subiscono perché non rischiano né il lavoro né lo stipendio, che offre il favore all'esecutivo per mantenere lo Status quo ed evitare che un cambio di guida modifichi le cose. In fondo è la ragione per la quale in Italia le riforme sono state annunciate e mai realizzate, tranne che qualche appiccico e qualche pezza peggiore del buco, per farla breve un rinnovamento serio e profondo della carta non c'è mai stato. Parliamo dello statalismo sfrenato, della giustizia, del fisco, della burocrazia, dell'istruzione, dell'architettura istituzionale, del welfare, del negozio giuridico del lavoro, della libertà d'impresa, insomma del sistema Italia nel suo complesso.
Un sistema che in 70 anni è cresciuto con una logica cattocomunista di assistenzialismo, statalismo, sindacalismo più politico che economico, insomma da socialismo reale anziché da Stato liberale e democratico dove la cultura dello sviluppo, della crescita e della produzione fosse alla base del lavoro, del benessere, della creazione e distribuzione di ricchezza e di equità sociale. Del resto se così non fosse stato non saremmo venuti su storti, con un apparato ciclopico, uno Stato infilato ovunque, una burocrazia enorme e demenziale, una quantità di aziende pubbliche anziché private a partire dalle municipalizzate, mille Istituti per gestire l'aria fritta. Come se non bastasse seguendo questa logica la politica con l'attività parlamentare si è dedicata anziché a sfoltire, semplificare e stimolare lo sviluppo, l'intrapresa, a legiferare, complicare, aumentare vincoli per giustificare la sopravvivenza di un apparato trasformato piano piano in leviatano, una enormità di leggi inutili.
Tanto è vero che per mantenerlo la fiscalità è diventata, avida e aguzzina, la giustizia lenta e ingiusta, i diritti tutti acquisiti, la previdenza al collasso, e il segmento privato e produttivo un limone da spremere perché pantalone i soldi da qualche parte doveva pur tirali fuori. È così che negli anni si è ingigantito sia il peso fiscale sia il debito pubblico senza che a tanto corrispondesse un proporzionale miglioramento della qualità dei servizi, delle dotazioni infrastrutturali, delle garanzie collettive, del Pil, del sistema Paese. In cambio di questa stortura, di questo sbilanciamento che è sempre più pericoloso, il cattocomunismo di governo si è però assicurato il consenso, il controllo dei gangli e una mentalità Paese nel suo complesso di favore e di sostegno rispetto ad ogni alternativa e a ogni disegno politico diverso. Questo radicamento si è confermato sempre visto che neppure i governi di Silvio Berlusconi sono riusciti nella rivoluzione liberale promessa, anche se il cavaliere di mancanze, alcune imperdonabili ne ha fatte a partire dalla disponibilità a trattare sempre con la sinistra che storicamente incassa e non restituisce, infatti l'ha silurato.
Tanto è vero che tornando ad oggi, il governo più di sinistra della storia, buggerandosene dei richiami di Sergio Mattarella, delle proposte del centrodestra fa carta straccia continuando su una strada che come al solito sceglie lo statalismo e penalizza il privato. E riesce a farlo perché da quando è scoppiata la crisi nonostante non ne abbia azzeccata una, abbia fatto sciocchezze di ogni tipo che stanno portando al collasso, compresa la divisione del Paese fra statali garantiti e privati stremati e tartassati, il sistema lo sostiene. Giornali, televisioni, intellettuali, salotti radical chic, tutti pronti a sostenere che cambiare non si può, che bisogna tenere in piedi questo governo che cambiare sarebbe folle, insomma un tormentone per condizionare l'opinione pubblica a favore di Giuseppe Conte. Una roba del tipo, cari cittadini anche se nulla si fa di quel che servirebbe o mangiate questa minestra o saltate dalla finestra, una sorta di autolesionismo pur di non lasciare che il Paese scelga una alternativa che sarebbe di centrodestra visto che i sondaggi parlano chiaro. Per questa ragione diciamo che il centrodestra dovrebbe imparare a governare quando si vince visto che prima o poi si voterà, cambiare tutto e trattare niente, tirare dritto sul programma senza guardare in faccia nessuno e il centrosinistra meno che mai, a buon intenditor…
Aggiornato il 08 maggio 2020 alle ore 18:31