
Tra le troppe cose che il governo non ha capito o ha fatto finta di non capire, perché per noi c’è un po’ dell’uno e dell’altro, è che, utilizzando il sommo, più del dolore poté la fame, dunque sarebbe bastato pensare ad Ugolino, per far girare le rotelle dalla parte giusta. Tanto è vero che non si capisce come mai i sondaggi premino Conte di fronte al disastro che vediamo e senza dubitare delle aziende demoscopiche, resta il dubbio sui campioni, forse casualmente in maggior parte aggregati nello stesso fronte.
Perché sia chiaro è evidente che un pezzo del paese sia tranquillo, ci riferiamo all’apparato statale e parastatale, quel segmento per il quale la crisi economica non c’è stata, anzi nella sua parte si è ritrovato pure tutti i vantaggi dei bonus messi in finanziaria. Si tratta per noi di una evidente spaccatura sociale intorno alla quale da parte del governo c’è stata una trascuratezza ingiustificabile, perché in un passaggio così estremo da far rischiare l’osso del collo all’intero sistema produttivo le riflessioni sulle discriminazioni dovrebbero essere imperative.
Sia chiaro parliamo di interventi temporanei per un verso e strutturali per l’altro, del resto quale migliore occasione per affrontare il tema della spesa pubblica in modo serio, sia per la solidarietà e sia per la contabilità visto che di quattrini pubblici ce ne sono pochi o niente. Si tratta di un ragionamento, da pallottoliere elementare, qualunque buon padre di famiglia in una crisi forte di liquidità, prima di ricorrere all’esterno guarderebbe in casa per stornare, ridurre e contenere, ogni spesa superflua, non vitale, voluttuaria o temporaneamente non necessaria.
Ebbene solo a vedere che il governo a tutto abbia pensato tranne che a quello con una spesa pubblica fuori controllo al punto tale da dover nominare negli anni più commissari alla revisione, la dice lunga sia sull’incapacità e sia sulla mancanza di una visione economica complessiva. Insomma andare a pietire soldi in Europa, a destra e a manca, mentre si continua a spendere a manetta più di quanto si dovrebbe o potrebbe in questo momento, fa imbestialire tanti, a partire dai meno garantiti e da quelli che sono stati obbligati a fermare le macchine, le botteghe, il lavoro.
Basterebbe spulciare nei conti dello Stato per capire la voragine di spesa superflua, a pioggia, per vedere quante risorse siano state impegnate non per il vitale ma l’elettorale, per rendersi capaci di come si paghino poste incomprensibili rispetto alla gravità e alla drammaticità del momento. Parliamo di miliardi che continuano a defluire dalle casse verso l’inutile, l’accessorio, l’eccessivo, un troppo pieno che potrebbe recuperarsi temporaneamente e/o definitivamente, per essere dirottato a sostenere subito chi rischia la fame e il 27 non trova un tubo sul conto.
Ecco perché se c’era una task force da incaricare con poteri insindacabili e speciali in contemporanea con l’emergenza nazionale doveva essere sulla spesa, da tagliare, ridurre, sospendere pro tempore, per disporre a parità di bilancio di una parte dei miliardi necessari alla crisi eccezionale. Insomma qui c’è l’Italia che rischia di saltare, milioni di persone che si giocano il lavoro, migliaia di attività esposte al fallimento, interi segmenti produttivi a repentaglio definitivo, e non si procede a trasferire subito su di loro tutto ciò che può sottrarsi senza affamare nessuno dell’apparato di stato?
Figuriamoci se in un bilancio dove viaggiano centinaia e centinaia di miliardi di uscite, in piena e drammatica emergenza non se ne possano recuperare almeno qualche decina da erogare dove farebbero la differenza tra la vita e la morte. Dopodiché è evidente che servirebbe ulteriore debito da fare, ma conto è presentarsi in Europa senza una lira, un piano interno, una strategia prevista, e conto è andarci avendo già avviato un programma di spesa redistribuita, corretta e dirottata al contrasto più immediato che spetta allo Stato da buon padre di famiglia.
Da noi invece il governo, ha diviso il paese, da una parte l’apparato pubblico garantito al 100 percento, dall’altra quello privato e produttivo obbligato all’attesa e al divieto, niente sussidi, niente apertura, niente libertà di fare ma solo aspettare l’invio di milioni di cartelle, di scadenze fiscali per intero, qualche atto d’amore del credito bancario e un po’ di contentino e di mancette sparse. Ecco perché diciamo stufi e furibondi, ecco perché se i campioni demoscopici su Conte avessero pescato casualmente meglio sarebbe uscito fuori un sondaggio di rabbie, veleni e malumori.
Aggiornato il 30 aprile 2020 alle ore 10:29