C’è poco da citare i sondaggi a favore di Conte, per camuffare un fallimento scontato, anche perché le stesse statistiche confermano la netta preferenza degli italiani per il centrodestra su tutti, coalizione di governo compresa. Del resto basterebbe riavvolgere il nastro all’estate scorsa quando contro ogni buon senso politico si è forzata la mano per mettere in piedi un esecutivo che non avrebbe offerto alcuna garanzia di capacità, coesione, adeguatezza alla guida della nazione.

Insomma per autolesionismo si è voluto praticare l’assunto che sbagliare è umano ma insistere è diabolico, tant’è che detto è fatto, siamo passati dalla padella alla brace, dai gialloverdi ai giallorossi, e oggi ci ritroviamo nel momento più brutto della storia in mano al governo e alla maggioranza più incapaci e inadeguati. Oltretutto nessuno ha mai spiegato, quale tradimento del dettato ci sarebbe stato se avessimo votato nell’autunno scorso, specialmente pensando all’antecedente del 1994, tanto è vero che sul tema tra costituzionalisti c’è stata divergenza allora come ora.

Ma al netto di queste considerazioni che vogliono solo essere semplici commenti come tanti, c’era la realtà dei precedenti, sia dei flop assoluti dei grillini alla prova dei governi comunali, Roma in cima, sia delle posizioni insolenti e antagoniste fra giallorossi fino ad un momento prima. Per farla breve non esisteva la minima garanzia di coesione per un programma stabilito, certezza di un percorso concordato per affrontare in sicurezza un 2020 che ben prima del virus si annunciava critico e in salita, infatti si è visto come è andata.

 Fare gli smemorati infatti non serve, fino all’esplosione della pandemia, i giallorossi hanno vissuto sempre sull’orlo della crisi tra accuse e minacce quotidiane, vertici notturni pe ricucire strappi di ogni tipo, per non parlare delle risse politiche sulla finanziaria e sulla prescrizione. Ecco perché parliamo di un fallimento scontato, del resto se in condizioni nemmeno paragonabili c’era teatrino, figuriamoci in emergenza, tanto è vero che col virus siamo finiti in un caos di guida del paese diviso tra esperti, commissari, consulenti e task force.

Non si capisce chi decida cosa e come, chi assuma la responsabilità di fare questo o quello, a chi spetti l’onere vero delle scelte, si comprende solamente la confusione dei ruoli, la latitanza della politica e del primato di un parlamento più trascurato che assente. Stiamo andando avanti per decreti, atti amministrativi, spesso interruttivi dei diritti costituzionali, per annunci televisivi di provvedimenti ancora non esecutivi, per dichiarazioni ufficiali   poco chiare e cosi parziali da richiedere cambiamenti e integrazioni sostanziali.

E badate bene parliamo di tutto, dalla sospensione delle libertà alla chiusura delle attività, dagli obblighi sui comportamenti alle pene conseguenti, dagli interventi sull’economia a quelli sulla pandemia, dalle cose consentite a quelle vietate, dalle disposizioni regionali a quelle nazionali. Parliamo insomma di un caos, di una confusione e di una inadeguatezza dei provvedimenti da scatenare proteste, contrasti e malcontenti, dai cittadini alle associazioni, dagli esercenti ai rappresentanti delle professioni, dagli imprenditori agli artigiani alle partite iva ai negozianti.

Siamo riusciti a provocare perfino la reazione della chiesa per l’ultima uscita sui divieti, inconcepibile e confusa, per non citare quella sui congiunti e sullo zibaldone di date regione per regione, per non parlare degli interventi sull’economia che in certi casi rasentano una sorta di stramberia. Non ci sono risorse sufficienti ma non si procede ad una revisione della spesa che consentirebbe di dirottare miliardi dal superfluo verso il necessario, anzi si continua a spendere a pieno regime come se fossimo in condizioni normali, non si utilizza la leva fiscale per agevolare e sostenere anzi la si usa per intimorire e scoraggiare.

Si vive di stop and go in attesa dell’Europa senza uno straccio di nostra alternativa non fosse altro come ipotesi aggiuntiva, restiamo appesi al Mes, alle proposte fumose sui recovery bond che ammesso e non concesso arriveranno alle calende, insomma un caos che non si comprende. Siamo privi di una strategia per garantire il futuro dell’economia, del turismo, dell’agricoltura per la raccolta prossima, del commercio stagionale, delle aziende più piccole che sono l’ossatura nazionale, degli autonomi, dell’intrapresa estiva, insomma non c’è un programma di sostegno supporto e stimolo fiscale e finanziario chiaro e adeguato per fronteggiare adesso e ripartire dopo.

Ecco perché parliamo di insuccesso annunciato e se l’Italia non fosse piena di gente creativa, di operatori volenterosi, di aziende pronte al sacrificio e alla resistenza, insomma di un apparato produttivo in grado di inventarsi tutto pur di non arrendersi saremmo già allo sfascio inevitabile. E allora se è vero che dopo questa esperienza nulla sarà lo stesso bisognerà partire dal non consentire più un ibrido politico del tipo giallorosso.

Aggiornato il 28 aprile 2020 alle ore 10:35