
Ad ascoltare le performance televisive per gli annunci “pistolotto” del Premier, viene subito da pensare a quell’unità alla quale giustamente e appassionatamente il Capo dello Stato si richiama e parafrasando Dante verrebbe da dire, unità vò cercando che sì cara... C’è poco infatti da ricercare l’unità se nei provvedimenti, nelle scelte, anziché unire si divide il paese, in cittadini di serie a e cittadini di serie b, a partire dalle fasi, dai decreti, dal buon senso che nella maggioranza e nella pletora di esperti, latita e scarseggia.
Qui non si tratta solo della proposta per fortuna accantonata di considerare out gli ultrasessantenni, anche perché ci avrebbero dovuto spiegare il motivo per cui per la pensione si è abili e arruolati fino a 67 almeno, mentre per la pandemia dopo i 60 si deve stare a casa. Si tratta di tutto, del modo col quale si affrontano i problemi, si dividono le categorie, si insiste sugli obblighi che complicano ulteriormente la vita della gente, l’autocertificazione, si escludono segmenti commerciali, si propongono soluzioni cervellotiche e inspiegabili.
Pensate al tema triste dei funerali, per 15 persone presenti, come a dire parenti di serie a e di serie b, insomma anche in momento tanto drammatico come la scomparsa di un congiunto, si obbliga la gente a fare il conto di chi includere e chi escludere dagli affetti e dal cordoglio. Per non dire della messa, perché non si capisce la ragione per la quale le precauzioni possano valere ovunque tranne che negli edifici di culto, oppure gli esami di maturità in classe dopo che si è tenuto chiuso per mesi insegnando e interrogando a distanza, per farla breve, 30 va bene 31 va male.
Potremmo continuare nell’elenco delle incomprensibili scelte che dopo riunioni, incontri, confronti fiume, fra le centinaia di esperti della vita, dell’economia, della società, vengono tradotte in comandamenti che incidono sui diritti costituzionali di ognuno. Eppure basterebbe un po’ di buon senso per capire che in certi casi la moral suasion serva e funzioni meglio delle complicazioni, esclusioni, soprattutto quando una intera comunità è stressata e preoccupata per il futuro, per il lavoro, per la sussistenza.
Ieri abbiamo ascoltato dal Premier la descrizione più che della fase 2 di una fase una virgola qualcosa che al posto di diminuire, semplificare e suggerire, facendo appello al comune senso della cautela e della comprensione dei rischi, ha imposto altri limiti difficoltà, complicazioni. Oltretutto visto che in natura il rischio zero non esiste e cercare di rincorrerlo è surreale, bisognerebbe pensare ad una sintesi che tenga conto del possibile e dell’impossibile, iniziando dal fatto che anche dall’economia possa arrivare una pandemia, ecco perché bisogna ripartire.
E non ci riferiamo solo alle conseguenze contabili, di bilancio, di produzione, ma a quelle di testa, visto che la mente scarica sul corpo e viceversa, insomma viene da pensare alla lapide di Boccadasse che parlava della voglia improvvida di stare meglio a tutti i costi. La realtà è sempre quella, manca una visione generale delle necessità e dei bisogni immediati del paese, manca il coraggio di fare scelte risolutive e onnicomprensive, proprio a partire dal senso di unità e di partecipazione.
Al contrario si è lasciato che il paese si spaccasse in due, da una parte lo stato che con il suo apparato gigantesco dorme tranquillo, spende e spande, non rinuncia e non fa una revisione della spesa, dall’altra l’apparato produttivo che soffre, annaspa, annega e rischia di chiudere e morire. Questo governo, come se non bastasse, per via della ossessione delle tasse insiste nel trascurare l’importanza della leva fiscale, e anche qui divide, perché per gli statali nulla cambia degli aspetti fiscali, per i privati già tartassati invece è cambiato tutto, con quali soldi pagheranno? Con quali guadagni potranno far fronte alle scadenze seppure trasferite?
A che serve il contentino della dilazione di qualche mese, per non parlare delle cartelle che seppure inviate a settembre anziché a giugno scateneranno oltreché rabbia una falcidia economica, oppure la voce insistente di una patrimoniale che metterebbe una pietra tombale sulla ripresa, sulla unità e sulla pace fiscale nazionale. Ecco perché diciamo un pistolotto che fa cilecca, spara a salve contro la crisi, infatti fino ad ora promesse tante e fatti pochi, pochi i soldi distribuiti, i prestiti erogati, i bonus elargiti, zero addirittura i fondi perduti, poco o niente in attesa di chissà che cosa visto che l’Europa tutto sarà fuorché generosa come si tenta di far credere.
Eppure l’opposizione, le associazioni di categoria, la confindustria, di proposte, di idee e di suggerimenti ne hanno dati eccome, ma tanto è stato il senso di unità e di collaborazione del governo che su centinaia ne ha accolti uno o due, alla faccia della condivisione. Insomma serve altro inutile girarci intorno questa maggioranza ci butterà allo sbaraglio e alla fine si dovrà capire che grande sbaglio sia stato far finta del contrario, la democrazia infatti non è mai un esercizio immaginario.
Aggiornato il 27 aprile 2020 alle ore 10:11