Entrato Papa, uscito cardinale

Che il governo canti successo dopo l’Eurogruppo è la testimonianza di come sia diversa l’apparenza rispetto alla sostanza, in parole povere se da una parte è stata accettata la parola urgenza sul Recoverybond, dall’altra si è detto che lo strumento si studierà con molta calma, parliamo di mesi. Per farla breve entrato da papa, il governo è uscito cardinale, anzi a leggere bene le dichiarazioni della Angela Merkel sul tema sorge spontaneo un grande patema, perché la cancelliera ha detto che assieme all’eventuale avvio dei Covidbond bisognerà parlare di tasse e spese, sic! Insomma ammesso che sia, si tratta di una vittoria peggiore di quella di Pirro, perché non solo ci vorranno mesi per trovare un punto di sintesi interno all’Eurogruppo, ma le condizioni agganciate allo strumento di finanziamento potranno renderlo alla fine, più che un vantaggio un tormento. La realtà è che siamo alle solite quando dietro una Banca centrale non c’è uno stato unico e sovrano ogni discorso sull’immissione di liquidità diventa una sciarada, un festival di sigle per strumenti non convenzionali, un tormentone di riunioni e accordi da trovare prima di partire.

Ecco perché l’Italia all’Eurogruppo non ha ottenuto alcun successo e l’unica certezza unita ai dubbi che sappiamo è la disponibilità dei fondi Mes in apparenza senza vincoli, anche se va ripetuto che sulla mancanza di condizioni andrebbero inserite molte interpretazioni. Ma al di là della questua verso una Ue che si conferma un ginepraio, perché paradossalmente il dramma del virus e dell’economia anziché unire sta aumentando le divisioni tra le esigenze delle nazioni, resta la catastrofe italiana in mano ad una maggioranza senza idee. Qui non si tratta solo dei ritardi, degli annunci per fare effetto, dei provvedimenti spezzettati e centellinati, si tratta della mancanza assoluta di una visione, della comprensione dei fatti, della interpretazione intorno alla gravità della situazione, della strategia sul fare. Parliamoci chiaro anche uno sprovveduto capirebbe l’incapacità di un governo che sull’economia sta vivendo di tentativi, di approssimazioni, di provvedimenti confusi a macchia di leopardo, dispositivi che sembrano fatti apposta per ritardare anziché accelerare.

Del resto basterebbe affrontare il tema fiscale per capire come stiamo, finiti in mano ad un governo che anziché cogliere l’occasione drammatica per proporre una rivoluzione del sistema, uno stimolo straordinario alla ripartenza, annuncia l’invio di milioni di cartelle ai contribuenti. Oltretutto con una scusa incredibile perché l’invio sarebbe dovuto all’annullamento dei due anni di proroga per l’accertamento, insomma anziché sette siamo rimasti a cinque, dunque secondo il fisco piuttosto che spalmare nel tempo l’invio delle cartelle si è dovuto concentrarle adesso. Verrebbe da dire allora meglio arrivare a dieci anni, così lo stato anziché stramazzarci definitivamente e tutti insieme può decidere di farlo un po’ alla volta, al posto di una ghigliottina la fine lenta della tortura cinese. Siamo alle solite di una sinistra statalista e assistenzialista che vive d’ossessione delle tasse, si rifiuta di capire che è proprio dal fisco che bisognerebbe ripartire per superare di slancio una crisi epocale, uno shock fiscale in questo momento sarebbe la migliore cura possibile.

Per non dire del fatto che uno storno sacrosanto e parziale delle tasse unito ad un abbattimento e alla semplificazione, rappresenterebbe la miglior maniera per contrastare veramente l’evasione e l’elusione, creando le condizioni per una ripartenza a razzo di tutto il segmento produttivo. Ecco perché in questo passaggio devastante per l’economia anziché intimorire i contribuenti, già esasperati, bisognerebbe offrigli per un verso una pace fiscale definitiva con cui azzerare ogni sospeso, per l’altro un sistema impositivo semplice, più equo e invogliante del tipo Flat tax insomma. Ma per la sinistra lo sappiamo mentre per le tasse la parola condono è una bestemmia, una faccenda poco morale, per rimettere in libertà i delinquenti oppure regolarizzare i clandestini entrati contro la legge, è una benedizione, una comprensione benevola, una cosa giusta e buona. Di giusto e buono invece per come siamo messi, col Pil in caduta libera del 10 percento, con il segmento produttivo alla fame, dalle aziende agli artigiani, alle Partite Iva, ai commercianti, agli occasionali, c’è solo da offrirgli insieme al denaro immediato e in parte a fondo perduto una fiscalità di pace, collaborazione e di favore e stimolo alla produzione, altroché prestiti e cartelle. Se non si capisce questo, non ci si rende conto che è soprattutto sul fisco che si gioca la partita della ripresa e del futuro, della tenuta economica e sociale, di un recupero rapido della crescita nazionale, si corre il rischio di far saltare in aria il paese e tutto il tessuto delle imprese, intelligenti pauca.

Aggiornato il 24 aprile 2020 alle ore 14:33