Caccia grossa al complotto, ma serve una moratoria sugli animali selvatici

Dopo la grande paura, la Fase 2 oltre che economica è complottista. Tutti a caccia del laboratorio fantasma da dove sarebbe partito l’attacco virale. Sull’onda della letteratura coi suoi best seller, e di film come Contagious del 2015 con Arnold Schwarzenegger, la suggestione è fortissima. Sta di fatto che il tema di un’apocalisse virale globale era fin troppo nell’aria, al punto che ora i servizi segreti di mezzo mondo sono scatenati nel cercare le prove. Nicola Porro ha dedicato una puntata di Quarta Repubblica al tema, anche perché un virus non si può attaccare, ma un governo che potrebbe aver scatenato l’epidemia è invece un nemico concreto. “Cosa si fa realmente in quei trenta super segreti laboratori dove si studiano i virus zoonotici”, ha chiesto Porro, facendo i nomi dei medici e giornalisti cinesi spariti dopo l’allarme sul Coronavirus. Se al centro del complotto finisce la Cina tutti sotto: anche Donald Trump ed Emmanuel Macron chiedono ufficialmente chiarimenti sulle attività svolte all’interno del laboratorio di Whuan, vicino al mercato indiziato, dove si studiano ben 1.500 virus animali. È partito da lì il contagio fatale?

A sostenere che Covid-19 potrebbe essere stato modificato in laboratorio è stato il virologo premio Nobel 2008 Luc Montagnier, secondo il quale il Coronavirus sarebbe sfuggito a un centro in cui si stava studiando un vaccino per l’Hiv. Ma il professor francese è stato subissato di smentite pesanti. I complottisti tuttavia non demordono e i più spinti addirittura suppongono una pandemia pianificata per mettere il mondo sotto un controllo globale con uomini microcippati, obbligati a quarantene e distanziamenti. Ma chi sarebbero i fautori del nuovo ordine mondiale di cui si fantastica da tempo?

Mentre impazza il toto complotto si rischia di perdere di vista un problema reale, concreto e urgentissimo, l’argomento che sta facendo fibrillare le autorità cinesi in merito alle leggi sul commercio di animali selvatici nella cucina del Sol Levante. Dopo la lunga e sofferta quarantena molti ricercatori stanno chiedendo al governo di Xi Jinping misure severissime e restrittive nei confronti di un commercio già parzialmente proibito dopo la prima Sars e i continui virus che flagellano la Cina. E questo dovrebbe riguardare anche noi europei piuttosto che rincorrere per ora solo fantasmi di presunti attacchi virali.

Il consumo di animali selvatici ha origini umili soprattutto nella Cina centrale meridionale, dove la fame e la povertà hanno spinto la popolazione a consumare tutto quello che hanno trovato disponibile. Da qui l’abitudine di mangiare insetti, ma anche rane, uccelli di ogni genere fino a pipistrelli, zibetti e pangolini. Da una quindicina di anni poi il consumo ha interessato anche le classi più agiate, che per motivi simbolici e di casta hanno preso la moda di portare sulle tavole questi animali proibiti e che quindi hanno un prezzo maggiore. Qiao Ling, presidente di Slow Food Great China, ha spiegato che il problema sono i mercati dove sono tenuti questi animali, costretti in gabbie ristrette, a volte feriti, infetti e senza le necessarie precauzioni. Come è il caso del mercato di Whuan? Sono solo fake news? Molto è in questo campo il “non detto” del governo cinese. L’anno scorso per esempio non si è saputo che in Mongolia si è verificato un focolaio grave di peste portata dai roditori selvatici.

Se c’è qualcosa da chiedere alla Cina è proprio una seria, serissima, moratoria sugli allevamenti e il commercio di animali selvatici e controlli draconiani sull’igiene e sulle modalità di commercio dei mercati di animali vivi, come quello di Whuan di cui circolano immagini impressionanti di serpenti, cani, gatti vivi o morti pronti per essere arrostiti. Europa, America e tutti gli Stati responsabili devono fare pressione su quanto è sotto gli occhi di tutti e che costituisce un serio pericolo evidente. La prima cosa è evitare che i virus continuino a circolare liberamente dopo questa pandemia globale. Il problema non riguarda solo la Cina, anche in Africa è diffuso il consumo di animali vivi e selvatici. Le ragioni di queste diffusioni sono più rituali che merceologiche, visto che secondo antiche credenze pipistrelli, rane e selvatici in genere darebbero immortalità, virilità e fertilità. Ma anche virus letali e pertanto va fermato questo scempio.

Aggiornato il 23 aprile 2020 alle ore 12:41