L’assolutismo del Coronavirus

L’autoritarismo è legato all’assolutismo. Tutti sarebbero d’accordo nel sottoscrivere questa massima, giacché la ragione del legame è intuitiva ed evidente; sembra addirittura banale, almeno quanto le profonde verità enunciate da Adriano Celentano. Ma cogliere tutte le inferenze logiche di questo nesso non è poi così banale come sembra. Per esempio, è poco chiaro che la privazione della libertà, di cui godono oggi i cittadini italiani – unici al mondo, in compagnia dei cinesi – è legata a un “assoluto” denominato Coronavirus, nel quale è insito un enorme errore, logico ancor prima che politico. La colpa dell’errore non è dei virologi. Lo scienziato osserva la realtà dal suo punto di vista, astraendo dal variegato contesto fenomenico un oggetto delimitato. Quell’oggetto è il suo assoluto, perché gli consente di osservare la realtà in relazione al suo fine conoscitivo. Per il virologo il virus è l’alfa e l’omega della vita intera, perché egli osserva la vita da quello specifico punto di vista, che orienta la sua conoscenza.

Se chiediamo al virologo quali sono le possibilità che il virus scompaia, la sua risposta non potrà che essere la seguente: “non si possono escludere le seconde e le terze ondate”.  Conseguentemente: se l’assoluto del virologo diventa il nostro assoluto, non potremo che condannarci agli arresti domiciliari a tempo indeterminato, per fronteggiare le future seconde e terze ondate. Dove sta allora l’errore logico? Nel porre la domanda al virologo? No. Sta nelle contestuali domande che non ci poniamo. L’errore logico è insidioso, proprio perché non risiede in ciò che facciamo, bensì in ciò che non facciamo.

Il giornalista che fa le domande al virologo, dovrebbe chiedere contestualmente al neurologo e allo psicologo, quali siano le probabili conseguenze sulla salute neurologica e psicologica dei “detenuti” al proprio domicilio. E non parliamo delle domande che egli non pone all’economista. E non parliamo poi delle domande che non pone al collega del suo stesso giornale, che si occupa di cronaca nera. Dovrebbe chiedergli se, per caso, qualche omicidio sia riconducibile alla convivenza forzata in tempo di Coronavirus. E magari dovrebbe dare un’occhiata pure ai suicidi, per capire quanti possano connettersi alla sindrome ansioso-depressiva dei cittadini italiani agli arresti domiciliari.

In verità, le omissioni del nostro immaginario giornalista sono altrettante colpe politiche degli organi di amministrazione (presidente del Consiglio in testa). È compito della politica, non certo dei virologi o di altri cultori di qualsivoglia branca scientifica, “relativizzare” tutti i possibili “assoluti”, nella consapevolezza della coesistenza di molteplici e variegati interessi sociali, in eterno conflitto, tra i quali è necessario mediare alla ricerca del giusto punto di equilibrio. Oggi invece assistiamo alla dittatura del “Coronavirus”, al quale tutto si piega, perfino la nostra libertà di camminare o contemplare il mare, ancorché i virologi escludano il contagio in cammino o in solitaria contemplazione.

A nessun bene assoluto possiamo sacrificare la nostra libertà. La salute fisica è un bene primario; ci sta a cuore non meno che a chiunque altro; ma escludiamo che la “tracciabilità” dei nostri spostamenti sia essenziale per salvaguardare la salute fisica degli italiani. Le menti obnubilate dai nuovi conformismi salutistici, ambientalistici, multiculturalistici. Immaginano che il sacrificio della nostra libertà ai nuovi totem sia giusto e doveroso, semplicemente perché hanno un nome diverso da quelli del passato fascista; al contrario, i liberali non credono che cambiare il nome agli assoluti ne elimini per ciò stesso la carica autoritaria e liberticida. Il nuovo fascismo, che volge lo sguardo all’Oriente, non è meno pericoloso del primo, che volgeva lo sguardo all’Occidente.

Aggiornato il 21 aprile 2020 alle ore 13:44