![Eni, Enel, Terna: nomine in tempo di Covid-19](/media/5456324/edmond-dantès.jpg?crop=0.082067153033088147,0,0,0&cropmode=percentage&width=370&height=272&rnd=132318545400000000)
Non si fa in tempo a risolvere un problema, anzi, nemmeno ad affrontarlo, che se ne aprono altri cento, ma con essi, anche tante opportunità. Imperversa la notizia dell’ingresso in pompa magna dei pentastellati nelle stanze più importanti del Paese come Eni, Enel e Terna, dando seguito con quest’ultima ad una sorta di porta girevole per i cinquestelle anche in Acea. In verità, tale sbarco era già iniziato con le prime tornate di nomine nel corso del 2019 in altre aziende di Stato. Ma è anche una ulteriore messa alla prova di questa maggioranza che approfittando del momento pandemico evita da parte dell’opposizione un controllo serio nell’attività parlamentare e di governo, che dovrà reggere ad eventuali urti che potrebbero verificarsi qualora i meccanismi scelti, al Pd gli amministratori e al M5s i presidenti, non si rivelassero alla prova dei fatti del tutto efficienti, data la situazione attuale e i tempi necessari a finché i nuovi nominati comprendano bene i fatti e le dinamiche aziendali in cui devono operare.
Non sfugge infatti, né al Pd, né allo stesso M5S, né a chiunque sia in grado di fare un minimo di analisi politica in un’ottica spartitoria, che la forza contrattuale dei grillini stia venendo meno ogni giorno che passa e che questa tornata di nomine rappresenti per loro l’ultima occasione per piazzare propri uomini e donne in posizioni tali da poter essere punti di riferimento un giorno, soprattutto dopo un eventuale débâcle che, nonostante tiepidi sondaggi a favore di Giuseppe Conte, sempre più verso il basso, li vedrebbe comunque pesantemente ridimensionati e in ordine sparso di fuga, come del resto i loro nominati nei cda che nell’ultimo periodo celatamente guardano altrove. È bene far notare che in questo caso nelle nomine non ci si debba aspettare il passo felpato dei partiti tradizionali, avvezzi all’uso del cosiddetto Manuale Cencelli, e nemmeno quello un po’ più rude, ma comunque ordinato, degli eredi di quei partiti.
Adesso è lecito aspettarsi una sorta di arrembaggio di cui già da un anno si sono viste le avvisaglie, ma del risultato, di cambiamento di passo, a cui questo ha portato nelle varie aziende ne parleremo, forse, in successivi articoli. Ci riferiamo, ad esempio, come qualcuno ricorderà, al tentativo da parte di molti deputati e senatori grillini, in cerca di un posto sicuro, di iscriversi al concorso per consiglieri parlamentari, poi scoperto e denunciato dal deputato e questore alla Camera Edmondo Cirielli solo quattro mesi or sono, anche se pur legittima come aspettativa umana bisogna riconoscere, con onestà intellettuale, che si tratta di una vergogna inaudita ed inedita nella storia della politica italiana, che ha aperto uno scorcio, forse meglio dire, uno squarcio nell’approccio grillino alla ricerca di posti sicuri e con buoni stipendi. Si tratta, infatti, di una classe politica venuta mediamente dal nulla e, salvo alcune anche rilevanti eccezioni, con esponenti che raramente hanno un mestiere, una professionalità formata, una storia di lavoro alle spalle che consenta loro, abbandonati gli scranni parlamentari, di riprendere percorsi soddisfacenti dal punto di vista lavorativo e dei redditi, anche se lo si augura loro altruisticamente.
Ci sono poi, come in ogni movimento, le promesse fatte ai vari portatori d’acqua, gli sherpa che hanno contribuito ad un successo elettorale, anche loro vedono ormai tutto ciò come un avvenimento remoto e che temono di non vedersi riconosciute eventuali promesse. Un conto è stare nella sfera di partiti che bene o male continueranno ad esistere, un conto nell’area di un movimento, oltretutto moralisticheggiante nei toni e nella retorica, che si vede progressivamente sgonfiare la base elettorale per la fuga di molti elettori, autonomi, artigiani, piccoli imprenditori, che desideravano un vero e sincero cambiamento, ma che sono anche troppo abituati alla concretezza per poter non accorgersi dell’imbarazzante incapacità dimostrata da molti esponenti pentastellati, sia in tempi normali, ma ancora di più in tempi di lockdown da Coronavirus.
Del resto, lo scarto fra narrazioni grilline e comportamenti concreti, se portati alla verifica dei fatti, sta diventando una costante di questo periodo, una cifra riconoscibile del loro comportamento, dal presidente Conte che mentre tranquillizza tutti corre a comprare mascherine e altri strumenti di difesa dal virus per il “palazzo”, e tutti gli altri pazienza, si farà una comoda gara Consip, alle promesse scandalosamente false in tema di aiuti, reali non elemosine, ad autonomi, imprenditori, lavoratori dipendenti del privato, ciance che tutti siamo stati in grado di verificare di persona, tranne i pochi beneficiati, valide solo nel momento dell’annuncio per fare lo spottone televisivo. In tempo di nomine ci si è messo anche il viceministro Stefano Buffagni, a dire il vero già da qualche tempo, uno dei pochi grillini che il mestiere lo ha, a fare la predica contro Matteo Renzi e contro altri, a suo dire, interessati solo alle poltrone, mentre invece loro sarebbero interessati prima che ai nomi, alle aziende, ai loro piani industriali, al loro sviluppo, perché è nell’interesse delle persone, della loro professionalità, parlare di contenuti, eccetera, eccetera
Vale la pena ricordare, non per bocca nostra, ma tramite un intervento accorato, fatto in Parlamento, dal deputato Enrico Borghi (quello del Pd) oggi suo alleato fino a prova contraria, che fu proprio Stefano Buffagni che se ne uscì candidamente dicendo: “Certe brutte cose non sono uscite dall’intelligence del movimento”. In primo acchito verrebbe da pensare altro che piani industriali, interesse del Paese, professionalità e altre belle parole. Ricordiamo perfettamente le parole di Giancarlo Giorgetti “Quelli (i Cinque stelle, ndr) hanno dossier su tutti, anche su di noi”, facendo riferimento al massacro mediatico contro Claudia Bugno, consigliera dell’allora ministro Giovanni Tria, il cui marito assunse il figlio della moglie del ministro, fatti costruiti e raccontati in modo da nuocere ai protagonisti, umiliarli gettarli nel discredito, come molte volte accade nel nostro bel Paese. La circostanza porta alla mente quel film dell’Albertone nazionale, Sordi, che aveva un titolo singolare ed efficace Io so che tu sai che io so.
Lo stesso ex grillino Giovanni Favia dichiarò che il movimento fosse teatro di una cyberguerra. Staremo a vedere se non sia così, se non ci sarà chi si renderà colpevole o complice di attività tipo mettere del fango nei ventilatori e attaccare l’interruttore, colpendo presunti nemici per far spazio a presunti amici. E questo, in tempi di nomine o altro, ci auguriamo che non sia vero, perché non vorremmo che si sia passati dal cosiddetto “governo del cambiamento” al “governo del sospetto” sarebbe brutta cosa, nonostante tutto siamo ancora tra coloro che credono che il ruolo politico che si riveste sia da definirsi alto e nobile, che per chi ha ruoli istituzionali, anche se temporanei, pensi seriamente ad indirizzare la politica industriale delle aziende italiane, ma non le consideri per questo dei propri feudi, John Fitzgerald Kennedy diceva: “Nel passato chi ha cercato stupidamente di ottenere il potere cavalcando la tigre ha finito per esserne divorato”. Tutti hanno diritto al beneficio del dubbio, per carità, ma presto o tardi, e talvolta prestissimo, parafrasando Gesù, dai frutti si riconoscono gli alberi, e dai frutti si riconoscono i falsi profeti.
Aggiornato il 20 aprile 2020 alle ore 11:09